Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Il tassista e il «giallo» del Tronchetto «Potevano uccidermi»
vrebbero potuto uccidermi», dice lui attraverso il suo avvocato Luigi Ravagnan in una lettera inviata al pm Giovanni Zorzi, titolare dell’inchiesta sulla nuova mala del Brenta. Lui è il tassista vittima di uno dei colpi più clamorosi attribuiti alla banda guidata da Loris Trabujo e Gilberto Boatto (che però in questa vicenda non c’entra nulla): ovvero la rapina a un motoscafista che aveva appena venduto la sua licenza a un albergatore del centro storico per 800 mila euro, di cui 250 mila in assegni e 550 mila «in nero». L’uomo aveva ricevuto e messo dentro un trolley l’imponente somma in contanti pochi minuti prima, dopo averla ricevuta dall’imprenditore, la mattina del 23 aprile 2019. A quel punto era tornato alla sua auto al parcheggio del Tronchetto e lì aveva trovato Festim Shemollari e Daniele Corradini, che si sono finti carabinieri e poi l’hanno colpito con il calcio della pistola in testa. Per questo aveva chiesto l’aggravamento in tentato omicidio, ma il pm ha contestato solo la rapina. La testimonianza della vittima (e la confessione di Shemollari) hanno poi consentito di ricostruire anche il resto, in primis il coinvolgimento di Sebastiano Goattin, cugino dell’albergatore. «Erano solo tre le persone che sapevano della cessione: un commercialista di Mestre, Goattin e l’albergatore», dice l’aggredito. C’è poi un particolare strano. «Siamo rimasti d’accordo con Goattin che ci saremmo visti al Tronchetto, dove ho lasciato la macchina - ha raccontato lui ai carabinieri il 2 marzo scorso - poi ho raggiunto in barca con Goattin l’approdo dell’hotel Santa Chiara». A quel punto aveva chiesto dove stessero andando e la risposta era stata nell’ufficio di piazzale Roma dell’acquirente. «Gli ho detto che se mi avesse detto che l’incontro era lì per me sarebbe stato più comodo e sicuro lasciare l’auto appunto a piazzale Roma a pochi metri dall’ufficio», ha proseguito. Per i carabinieri però la spiegazione è una sola: che la banda voleva spingerlo in un luogo dove sarebbe stato rapinato più agevolmente. Goattin si è invece difeso dicendo che inizialmente il luogo d’incontro sarebbe dovuto essere all’Accademia e che era stato cambiato all’ultimo. Il pm ha invece creduto all’albergatore che ha detto di non saperne nulla: non è stato indagato. (a. zo.)