Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Grandi manovre in Adriatico maxi capacità per il rigassific­atore

Investimen­to da 150 milioni di euro a largo di Porto Viro per produrre 11 miliardi di metri cubi di gas. Ma in mare ripartono anche le trivellazi­oni croate

- Davide Orsato

VENEZIA Mentre la crisi energetica incalza tra black out nelle città e costo della benzina alla pompa che schizza alle stelle, in vista dell’inverno, dei futuri inverni, il Veneto guarda al mare. Ossia all’unico rigassific­atore offshore presente in Italia, al largo di Porto Viro (o Porto Tolle: amministra­tivamente la vicenda è ancora da chiarire), in grado di trasformar­e 8 miliardi (9 a breve grazie a un ampliament­o già previsto) di metri cubi di gas all’anno.

Ed è proprio qui, sul Delta del Po, che si gioca una parte importante della partita in vista della prossima stagione invernale. C’è un pesante investimen­to, infatti, all’orizzonte, e ha un valore stimabile in circa 150 milioni. A metterci le risorse la società che gestisce l’impianto: l’Adriatic Lng, una joint venture al 70 per cento da ExxonMobil, al 23 per cento da Qatar Petroleum e al 7 per cento da Snam, con Edison come principale cliente destinatar­io del prodotto rigassific­ato.Tutto confermato dagli stessi interessat­i tranne la cifra, che al momento è solo ipotizzabi­le: difficile, però, che si discosti molto dai numeri calcolati dagli addetti ai lavori. Con questi soldi verrebbe realizzato un ampliament­o in grado di immagazzin­are due miliardi di metri cubi di gas liquido, arrivando così a un totale di 11 miliardi. Qualcosa che oscilla tra il 3 e il 4% del fabbisogno italiano. Non briciole, consideran­do il 24% di gas importato dalla Russia che il governo intende sostituire gradualmen­te.

C’è, però, un’incognita pesante: quella della tempistica. Collegata a sua volta, allo «shutdown» programmat­o per il rigassific­atore nell’anno «termic0» 2025 - 2026 (vale a dire da ottobre fino alla primavera inoltrata). Un intero inverno in cui il rigassific­atore non funzionerà perché dovrà sottostare a interventi di manutenzio­ne (la «vita» di queste strutture è di circa 25 anni) molto impattante. Il che significa: niente gas dalla piattaform­a polesana. «Ci sarà un accordo con i competitor per la fornitura del gas assicurano dall’Adriatic - che verrà delineato circa un anno prima». Normale amministra­zione «in tempo di pace», ma è chiaro che molto dipenderà dalle pieghe che prenderà la politica internazio­nale. Quello che riguarda la pointerna, invece, è la burocrazia: per avere l’allargamen­to in tempi relativame­nte brevi, cioè, fra quattro anni, bisogna provvedere subito agli adempiment­i: si rischia di perdere il treno e, soprattutt­o, di avere uno stop più lungo, con le inevitabil­i ripercussi­oni sulla disponibil­ità della materia prima.

Intanto il rigassific­atore è diventato anche una questione amministra­tiva. Una nuova ridefinizi­one voluta dal governo ha rivisto i criteri per georeferen­zazione delle piattaform­e offshore: il tutto è iniziato per chiarire una disputa tra Livorno e Pisa, ma gli stessi criteri, applicati all’impianto dell’Adriatic (a 15 chilometri dalla località Porto Levante) ha portato a un «trasloco» da Porto Viro a Porto Tolle. La vicenda è finita al Tar, con il comune di Porto Viro in ricorso per non perdere i 40 mila euro di tasse che la società versa per l’attività industrial­e. C’è un’altra ragione per guardare allitica le riserve di gas sottomarin­e. Tra le zone più ricche, quella compresa tra la Laguna e l’Istria, interdetta in gran parte dalla legge del 2008 che intende impedire il rischio di «subsidenza». Una legge che, naturalmen­te, smette di funzionare appena oltre le acque nazionali, come dimostra l’attivismo croato nell’estrazione della preziosa risorsa.

E risale proprio a qualche settimana fa (a inizio giugno, per la precisione), la notizia che l’Ina, ossia la compagnia petrolifer­a nazionale della Croazia, lancerà un nuovo ciclo di trivellazi­oni. Un investimen­to considerev­ole: due

I tempi Per ottenere l’ampliament­o entro 4 anni serve accelerare la burocrazia

miliardi di kune, pari a circa 266 milioni di euro. Il tutto, ovviamente nell’Alto Adriatico, inclusa la linea costiera che va da Umago a Pola, come a dire dal lido di Venezia fino alle valli di Comacchio. Il tema è ben noto al governo, tant’è che proprio di recente, il ministro alla Transizion­e energetica, Roberto Cingolani, ha ipotizzato il ritorno all’estrazione sul territorio nazionale. L’errore, secondo il ministro, «è stato quello di passare da un 20 per cento di gas nazionale nel 2000, a un 3-4 per cento nel 2020. Il tutto senza ridurre i consumi, ma solo importando di più». Per farlo, però, è necessario, ha detto sempre Cingolani «rivedere il Pitesai», ossia il piano che determina le zone idonee all’estrazione che era stato licenziato a febbraio, ironia della sorte pochi giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Certo, Venezia è intoccabil­e, protetta da una legge specifica. Ma sarà così per sempre?

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Il rigassific­atore offshore in Adriatico trasforma 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno; presto saliranno a 9
Al largo della costa adriatica Il rigassific­atore di Rovigo è posizionat­o a 20 chilometri dal Delta del Po: è l’unico impianto off shore in Italia. L’ampliament­oè previsto entro il 2025
La produzione Il rigassific­atore offshore in Adriatico trasforma 8 miliardi di metri cubi di gas all’anno; presto saliranno a 9 Al largo della costa adriatica Il rigassific­atore di Rovigo è posizionat­o a 20 chilometri dal Delta del Po: è l’unico impianto off shore in Italia. L’ampliament­oè previsto entro il 2025
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