Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Grandi manovre in Adriatico maxi capacità per il rigassificatore
Investimento da 150 milioni di euro a largo di Porto Viro per produrre 11 miliardi di metri cubi di gas. Ma in mare ripartono anche le trivellazioni croate
VENEZIA Mentre la crisi energetica incalza tra black out nelle città e costo della benzina alla pompa che schizza alle stelle, in vista dell’inverno, dei futuri inverni, il Veneto guarda al mare. Ossia all’unico rigassificatore offshore presente in Italia, al largo di Porto Viro (o Porto Tolle: amministrativamente la vicenda è ancora da chiarire), in grado di trasformare 8 miliardi (9 a breve grazie a un ampliamento già previsto) di metri cubi di gas all’anno.
Ed è proprio qui, sul Delta del Po, che si gioca una parte importante della partita in vista della prossima stagione invernale. C’è un pesante investimento, infatti, all’orizzonte, e ha un valore stimabile in circa 150 milioni. A metterci le risorse la società che gestisce l’impianto: l’Adriatic Lng, una joint venture al 70 per cento da ExxonMobil, al 23 per cento da Qatar Petroleum e al 7 per cento da Snam, con Edison come principale cliente destinatario del prodotto rigassificato.Tutto confermato dagli stessi interessati tranne la cifra, che al momento è solo ipotizzabile: difficile, però, che si discosti molto dai numeri calcolati dagli addetti ai lavori. Con questi soldi verrebbe realizzato un ampliamento in grado di immagazzinare due miliardi di metri cubi di gas liquido, arrivando così a un totale di 11 miliardi. Qualcosa che oscilla tra il 3 e il 4% del fabbisogno italiano. Non briciole, considerando il 24% di gas importato dalla Russia che il governo intende sostituire gradualmente.
C’è, però, un’incognita pesante: quella della tempistica. Collegata a sua volta, allo «shutdown» programmato per il rigassificatore nell’anno «termic0» 2025 - 2026 (vale a dire da ottobre fino alla primavera inoltrata). Un intero inverno in cui il rigassificatore non funzionerà perché dovrà sottostare a interventi di manutenzione (la «vita» di queste strutture è di circa 25 anni) molto impattante. Il che significa: niente gas dalla piattaforma polesana. «Ci sarà un accordo con i competitor per la fornitura del gas assicurano dall’Adriatic - che verrà delineato circa un anno prima». Normale amministrazione «in tempo di pace», ma è chiaro che molto dipenderà dalle pieghe che prenderà la politica internazionale. Quello che riguarda la pointerna, invece, è la burocrazia: per avere l’allargamento in tempi relativamente brevi, cioè, fra quattro anni, bisogna provvedere subito agli adempimenti: si rischia di perdere il treno e, soprattutto, di avere uno stop più lungo, con le inevitabili ripercussioni sulla disponibilità della materia prima.
Intanto il rigassificatore è diventato anche una questione amministrativa. Una nuova ridefinizione voluta dal governo ha rivisto i criteri per georeferenzazione delle piattaforme offshore: il tutto è iniziato per chiarire una disputa tra Livorno e Pisa, ma gli stessi criteri, applicati all’impianto dell’Adriatic (a 15 chilometri dalla località Porto Levante) ha portato a un «trasloco» da Porto Viro a Porto Tolle. La vicenda è finita al Tar, con il comune di Porto Viro in ricorso per non perdere i 40 mila euro di tasse che la società versa per l’attività industriale. C’è un’altra ragione per guardare allitica le riserve di gas sottomarine. Tra le zone più ricche, quella compresa tra la Laguna e l’Istria, interdetta in gran parte dalla legge del 2008 che intende impedire il rischio di «subsidenza». Una legge che, naturalmente, smette di funzionare appena oltre le acque nazionali, come dimostra l’attivismo croato nell’estrazione della preziosa risorsa.
E risale proprio a qualche settimana fa (a inizio giugno, per la precisione), la notizia che l’Ina, ossia la compagnia petrolifera nazionale della Croazia, lancerà un nuovo ciclo di trivellazioni. Un investimento considerevole: due
I tempi Per ottenere l’ampliamento entro 4 anni serve accelerare la burocrazia
miliardi di kune, pari a circa 266 milioni di euro. Il tutto, ovviamente nell’Alto Adriatico, inclusa la linea costiera che va da Umago a Pola, come a dire dal lido di Venezia fino alle valli di Comacchio. Il tema è ben noto al governo, tant’è che proprio di recente, il ministro alla Transizione energetica, Roberto Cingolani, ha ipotizzato il ritorno all’estrazione sul territorio nazionale. L’errore, secondo il ministro, «è stato quello di passare da un 20 per cento di gas nazionale nel 2000, a un 3-4 per cento nel 2020. Il tutto senza ridurre i consumi, ma solo importando di più». Per farlo, però, è necessario, ha detto sempre Cingolani «rivedere il Pitesai», ossia il piano che determina le zone idonee all’estrazione che era stato licenziato a febbraio, ironia della sorte pochi giorni prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Certo, Venezia è intoccabile, protetta da una legge specifica. Ma sarà così per sempre?