Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Laguna, bocciato il piano morfologico Tutto da rifare: «Ennesimo fallimento»
Stop della Vas dopo il via libera del Provveditorato. Se ne occuperà la nuova Autorità
VENEZIA Di nuovo bocciato, la commissione Vas (Valutazione ambientale strategica) del Ministero ha respinto al mittente — il Provveditorato ai lavori pubblici — il Piano morfologico della laguna, quello in gestazione da quattordici anni e che solo lo scorso dicembre in sede di Comitato tecnico amministrativo di Palazzo dei Dieci Savi era stato dichiarato, tra le felicitazioni dei più in città, idoneo. Due le possibili strade da imboccare: tentare di aggiustare il documento a cui il Corila lavora dal 2007 o mandarlo definitivamente in pensione e attendere che si insedi l’Autorità della laguna e, quindi, ripartire da zero. E pare che questa sia l’opzione più caldeggiata. È tuttavia presto per dirlo, il parere risale a venti giorni fa ma non è ancora nelle mani di tutti i soggetti coinvolti: prima vogliono leggere le ragioni della bocciatura che sarebbe arrivata come una doccia gelata, quasi nessuno se l’aspettava. Ci speravano, di contro, gli ambientalisti tanto che Italia nostra, all’indomani del sì del Cta, aveva annunciato un probabile ricorso al Tar: «Siamo preoccupati che l’escavo dei canali non tenga conto del Piano di gestione delle acque e del rinnovo del Protocollo fanghi: ogni piano va indipendentemente dall’altro e ciò contraddice la gestione unitaria della salvaguardia della laguna», aveva detto la presidente dell’associazione Emanuela Vassallo.
Il Piano morfologico della laguna rientra negli obiettivi della legge speciale che prevede interventi di ripristino e risanamento della laguna. È cioè l’insieme delle azioni da mettere in campo contro, ad esempio, la perdita delle barene e l’interramento dei canali. Nel 1993 ne è stata approvata la prima versione, che è quella ancora oggi in vigore e però è superata: all’epoca non c’era il Mose e le grandi navi non erano state allontanate dal bacino di San Marco e dal canale della Giudecca. Anche le conoscenze scientifiche, dalla consapevolezza dei cambiamenti climatici agli strumenti tecnologici e digitali, ventinove anni fa, erano poca cosa rispetto all’attuale know how. Che il documento sia da rivedere lo pensano dunque tutti. Eppure, gli aggiornamenti rielaborati a Venezia in sede ministeriale romana non hanno trovato consensi. Nel 2018 il parere rilasciato non era negativo ma l’elenco di prescrizioni era tale da far pensare a una bocciatura. Gli estensori si sono rimessi al lavoro e si è arrivati al via libera del dicembre scorso. Ma nemmeno questo Piano è stato ritenuto accoglibile. Pare che ci sia un problema con la questione dello scavo dei sedimenti. Tanto che qualcuno ritiene che Roma voglia affossare il Porto. Alcune contestazioni della Vas avrebbero destato perplessità, anche se al momento non confermate: un punto rileverebbe che non si tiene conto dei progetti della neonata Fondazione Venezia capitale mondiale della sostenibilità. Almeno così trapela dalle indiscrezioni.
«Gli ultimi provveditori e il commissario straordinario che hanno assegnato la redazione delle stesure del Piano al Corila e lo hanno firmato e trasmesso al ministero all’Ambiente hanno fallito nell’opera di tutela della laguna — commentano gli osservatori tecnici dell’associazione Ambiente Venezia — Andranno esaminate le ragioni della bocciatura, per ora si può constatare l’ulteriore perdita di tempo nell’approvazione di questo importante documento di pianificazione dovuta alla sbagliata impostazione del Piano». Gli ambientalisti chiedono che «siano rese pubbliche le retribuzioni al Corila dove si potrebbe ravvisare un danno erariale — continua Ambiente Venezia — nel caso che le impostazioni dei documenti non fossero coerenti con le prescrizioni del 2018 che richiedevano la revisione complessiva del Piano». L’augurio, infine, è che il nuovo Magistrato alle acque (quello che sarà ripristinato con l’Autorità della laguna) dia «una diversa impostazione rispettosa delle finalità della legge che dice che vanno rimosse le cause del degrado e non curare gli effetti di interventi sbagliati».