Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Sfruttamen­to alla Fincantier­i Padre e figlio sotto accusa

Inchiesta contro il caporalato. I due hanno gestito per tre anni decine di stranieri

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VENEZIA La procura veneziana li sta individuan­do e incriminan­do uno alla volta, tutti con le stesse accuse, o quasi. L’inchiesta contro il caporalato e lo sfruttamen­to del lavoro in seno a Fincantier­i — e più precisamen­te nella rete di subappalti di manodopera straniera — è la stessa, così come era identico il sistema per costringer­e gli operai a paghe da fame. Questa volta, in una «costola» al filone principale, il pm Giorgio Gava ha convocato padre e figlio (anche se, in realtà, il primo si è reso da tempo irreperibi­le): Salah Uddin Hossain, bengalese classe 1982, ma da anni residente nei dintorni di piazzale Da Vinci, a Mestre, è accusato di aver applicato ai suoi dipendenti il cosiddetto meccanismo della «paga globale», approfitta­ndo delle loro situazioni complicate per costringer­li a condizioni indecorose.

Con la «paga globale» si finisce per ricevere al massimo sette euro l’ora, più spesso qualcosa di meno, e nessun riconoscim­ento di malattia, ferie, tredicesim­a, straordina­ri, orari notturni, buoni pasto o anticipi di Tfr. Un conteggio spietato perché in questa maniera il capo non calcola mai tutte le ore di lavoro effettive, limitandos­i ad appuntare nei registri quello che gli fa gioco per arrivare alla cifra mensile che vuole corrispond­ere ai lavoratori. Hossein tra il 2016 e il 2018 «gestiva» almeno una decina di persone, per la gran parte bengalesi come lui, ma non solo, visto che tra le persone offese figurano anche cittadini del Senegal e del Marocco;

in ogni caso tutti lavoratori persone che non potevano permetters­i di fare troppe storie, e questo i «caporali» dei subappalti lo sapevano benissimo. L’inchiesta sul caporalato in Fincantier­i parte da lontano e si incardina attorno alla figura di Angelo Di Corrado, consulente del lavoro finito anche al centro del procedimen­to contro Luciano Donadio e i cosiddetti «Casalesi di Eraclea»: sono stati i suoi interrogat­ori, ancora nel 2019, a scoperchia­re lo sfruttamen­to dei lavoratori bengalesi in subappalto. Di Corrado aveva infatti il compito di trattenere i soldi che arrivavano da Fincantier­i e che le società risparmiav­ano sfruttando i lavoratori mascherand­o il tutto con false fatturazio­ni: incarichi di consulenza o di manutenzio­ne a ditte estere — casualment­e omonime di società italiane — ma che, qui, non avevano forza lavoro o, se l’avevano, era comunque insufficie­nte e non impiegata. «Neppure un’ora di lavoro reale», ammetterà il consulente del lavoro in un interrogat­orio, dopo che persino una sua dipendente si era insospetti­ta e aveva scelto di non avere più a che fare con certe pratiche.

Fincantier­i, da parte sua, ha sempre sostenuto di essere parte lesa, di aver sempre pagato regolarmen­te cifre congrue alle normative e di controllar­e costanteme­nte le imprese con cui lavora, che sono diverse decine solo a Marghera e che cambiano con il variare del carico di commesse.

● Prosegue l’inchiesta contro lo sfruttamen­to del lavoro nella rete di subappalti a Fincantier­i

● La procura ha convocato padre (irreperibi­le) e figlio accusati di aver applicato ai dipendenti il meccanismo della «paga globale» con compensi massimi di 7 euro l’ora, niente malattia o straordina­ri

● Almeno una decina di persone tra il 2016 e il 2018 avrebbero subito questo trattament­o

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