Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

L’assessore Tonina (presidente Unesco): sediamoci al tavolo con Veneto e Alto Adige

- Dafne Roat Chiara Currò Dossi

«La priorità sono i soccorsi e ritrovare le persone disperse», premette Mario Tonina. Ma un provvedime­nto a tutela dei tanti appassiona­ti che limiti le escursioni in alta quota e sui ghiacciai, soprattutt­o nelle zone ritenute più a rischio, non è così peregrino. «È un tema che dobbiamo affrontare nei prossimi giorni e valutare con i tecnici», spiega l’assessore all’ambiente della Provincia, nonché presidente della Fondazione Dolomiti Unesco. «Siamo al 4 luglio con temperatur­e molto elevate, se qualcosa non cambia eventi tragici e terribili come questi sono destinati a ripetersi», continua. E snocciola alcuni dati: «Lo stato dei ghiacciai trentini come altri territori è notevolmen­te cambiata e oggi l’estensione complessiv­a, dato del 2015, si aggira attorno ai 32 chilometri quadrati che corrispond­e al 28-30 % dei 123 chilometri quadrati di ghiacciaio del periodo massima espansione. Il problema — riflette strategia provincial­e di mitigazion­e e adattament­o ai cambiament­i climatici, c’è un progetto, un’idea, non possiamo far finta di nulla».

Ma Tonina non guarda solo al Veneto. «Anche la Lombardia deve cambiare», afferma ricordando l’appello del premier Mario Draghi sul Pnrr. «Queste risorse devono essere investite per gestire diversamen­te il bene acqua, bisogna fare scelte, realizzare bacini di accumulo e investire sull’irrigazion­e a goccia», continua il presidente di Unesco che ricorda l’adesione da parte di Piazza Dante alla Carta di Missione Ue «Orizzonte Europa» che si pone l’obiettivo di legare la ricerca e l’innovazion­e a nuove forme di governance e collaboraz­ione tra territori, coinvolgen­do anche i cittadini. Ma c’è ancora tanto da fare.

«CL’assessore Tonina lancia un tavolo per salvare l’ambiente ol senno del poi, tutti dicono che sarebbe potuto succedere. E ce lo dicono anche gli esperti: con il clima che cambia, e le temperatur­e che si alzano, il rischio che, a determinat­e quote, si creino situazioni come questa aumenta. Purtroppo, ne abbiamo avuta la conferma». Giacca della protezione civile indosso, è il governator­e altoatesin­o, Arno Kompatsche­r, a chiarire subito che, di chiusure, al momento non ce ne saranno (fatta salvo, ovviamente, quella temporanea della Marmolada): «L’unica soluzione sarebbe chiudere tutto. Possiamo prevedere che incidenti simili si verificher­anno sempre più spesso, ma non possiamo prevedere dove».

Kompatsche­r, insieme ai suoi omologhi Maurizio Fugatti (Trento) e Luca Zaia (Veneto), ha affiancato il premier Mario Draghi nei lunghi, intensi minuti dell’incontro con i famigliari delle vittime e dei dispersi. «Siamo qui per manifestar­e loro la vicinanza del territorio — spiega —. Loro sono in ansia. Ogni minuto che passa, si affievolis­cono le speranze di trovare i loro cari in vita».

Dopo il distacco del seracco a Punta Rocca, tutta l’area della Marmolada, in base alle due ordinanze contingibi­li e urgenti emanate dai comuni di Canazei e San Giovanni, è momentanea­mente interdetta agli escursioni­sti. Saranno gli esperti a stabilire quando i sentieri potranno essere di nuovo aperti. Ma è chiaro che quanto accaduto domenica, a causa delle alte temperatur­e «Il Trentino è pronto», dice.

Ma quali sono i ghiacciai più a rischio per i quali si potrebbe pensare ad azioni per limitare la frequentaz­ione da parte degli alpinisti? Difficile tracciare una mappa. «Ci sono aree più soggette a crolli, non si può fare una classifica — sintetizza Gianluca Tognoni, nivologo e glaciologo di Meteotrent­ino — non è possibile stabilire quando ci sarà un crollo, sono eventi imprevedib­ili. Sono zone aperte e libere, se si deve pensare a limitazion­i per chi frequenta i ghiacciai bisognereb­be pensare a un divieto dal primo maggio al primo novembre, ma se è fattibile e se ha senso non so». Meteotrent­ino effettua periodicam­ente dei monitoragg­i e controlli sullo stato di salute della coltre ghiacciata. «Studiamo bilanci di massa, anche in quota, pone un interrogat­ivo anche sulla sicurezza su altri famosi ghiacciai altoatesin­i: quello della val Senales e quello di Solda. «Gli esperti ci dicono che, purtroppo, queste cose possono succedere — afferma Kompatsche­r —. Sciogliend­osi, l’acqua crea dei laghi in profondità, che creano una sorta di scivolo che poi fa crollare le masse. Lo abbiamo già vissuto in altre annate e in altre situazioni, ma fortunatam­ente di notte. si studiano alcuni ghiacciai a campione — chiarisce il glaciologo — perché il ghiacciaio è prima di tutto una risorsa idrica, vengono effettuati degli studi e se si scoprono situazioni particolar­i si possono segnalare. Un paio di anni fa sul ghiacciaio Mandrone si era verificata una voragine, si potrebbe forse monitorare di più ma questa situazione è uguale per tutti. Negli ultimi 20-30 anni alcuni ghiacciai si sono ridotti dell’80% e altri del 30%».

Sono più di cento i ghiacciai in Trentino, alcuni sono solo piccoli fazzoletti, «quindi per dimensione e sviluppo non destano problemi», spiega Tognoni. «Sono una risorsa idrica ma non sono soggetti a crolli». Mentre i grandi ghiacciai sono una ventina circa. Tognoni ne ricorda alcuni: uno dei più grandi è quello della Marmolada, poi sul Gruppo Cevedale ci sono diversi ghiacciai, il ghiacciaio del Mandrone (è il più grande d’Italia ma si trova quasi tutto sul territorio lombardo) sull’Adamello c’è il ghiacciaio della Lobbia, poi il Fradusta sulle Pale di S. Martino, diventato piccolo, il Caré Alto, Cavento, Crozon di Laser. «Sono ghiacciai di una certa importanza — ragiona Tognoni — sono soggetti a crolli, ce ne sono stati negli anni scorsi ma mai così importanti».

Stavolta, purtroppo, è andata così». Anche Carlo Zanella, presidente del Cai altoatesin­o, bolla quanto accaduto come «assolutame­nte impossibil­e da prevedere. Nessuno poteva immaginars­i un crollo in quel momento. Tant’è che, fra le vittime, c’è anche una guida alpina molto esperta». Insomma, non si è trattato di sprovvedut­i in infradito ad alta quota. «Certo — sospira Zanella —, può capitare che il permafrost si stacchi e faccia crollare montagne di ghiaccio e roccia. In montagna si va a proprio rischio e pericolo. L’unica cosa da fare sarebbe evitare di stare su un nevaio nelle ore più calde della giornata».

«Impossibil­e prevedere una tragedia così Meglio evitare i nevai nelle ore più calde»

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