Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La Regione è virtuosa? Non può tenersi i soldi Le parole della Consulta riaccendono il dibattito sull’Autonomia
La sentenza sul ricorso della Valle d’Aosta fissa paletti su funzioni, risorse e risparmi. Mentre è scontro alla Camera
Mentre alla Camera è ripartito il confronto politico sull’autonomia, con modi e toni assai più accesi di quelli visti al Senato, una sentenza della Corte costituzionale rinfocola il dibattito tra i tecnici che, dai due schieramenti contrapposti dei favorevoli e dei contrari alla riforma, ormai da anni contribuiscono alla (faticosa) messa a terra della «rivoluzione federalista», fin qui del tutto teorica.
A solleticare ancor di più la curiosità degli osservatori è il nome in calce alla pronuncia in questione, quello di Luca Antonini, giudice costituzionale con un passato da protagonista nella delegazione trattante del Veneto e, di più, tra i consiglieri più ascoltati dal presidente della Regione Luca Zaia fin dai tempi del referendum del 2017. Cosa dice la sentenza? Sintetizzando, che la Regione Valle d’Aosta non può, come invece avrebbe voluto, trattenere in aggiunta ai 9/10 delle tasse tutte già previsti dal suo Statuto anche i 9/10 della tassa introdotta l’anno scorso dallo Stato sugli extraprofitti delle imprese energetiche, perché - dice la Consulta - le risorse che le sono riconosciute sono indissolubilmente legate alle funzioni che lo Stato le ha attribuito e di più non può ricevere.
Un principio che secondo Ivo Rossi, referente per l’Autonomia del Pd veneto, si posa come una pietra tombale sulla speranza veneta di poter godere, un domani, dei risparmi sulla spesa storica, grazie alla maggior efficacia ed efficienza della gestione diretta delle materie da parte della Regione al posto dello Stato. «È una sentenza importante perché dice che non sono ammesse “furbizie”, come quelle teorizzate in più occasioni dalla Regione del Veneto sul cosiddetto residuo fiscale» chiosa Rossi.
Una lettura che per Andrea Giovanardi, ordinario di Diritto tributario a Trento, enfatizza l’impatto della sentenza sulla riforma cara al Veneto, dal momento che «il ddl Calderoli è già oggi assolutamente garantista per i non autonomisti, e da questo punto di vista è
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● quindi deludente, perché prevede all’articolo 8 esattamente ciò di cui parla Rossi, e cioè che nessuna risorsa oltre a quelle strettamente necessarie per sostenere il costo della funzione devoluta venga trattenuta dalle Regioni. Quindi, a leggere la norma per come è in discussione in questo momento in parlamento, sembrerebbe proprio che le Regioni non possano contare nemmeno sui risparmi derivanti dalla loro maggiore efficienza. Il contrario dell’autonomia sbotta Giovanardi - e anche della logica».
La speranza dei promotori e dei sostenitori della riforma è che si possa intervenire proprio in sede di confronto parlamentare su questo aspetto cardine della narrazione autonomista, per cui se proprio non si può essere come Trento, Bolzano e la Valle d’Aosta, con i loro 9/10 delle tasse tratbuto tenuti direttamente sul territorio, si può almeno anelare ad utilizzare «per il bene del Veneto» i soldi che si riescono a risparmiare facendo meglio le cose che prima faceva Roma. Lo stesso Rossi, sul punto, postilla: «Questo tema, cruciale, è affidato dal ddl Calderoli al monitoraggio di una commissione paritetica Stato-Regione, ma è troppo aleatorio. Meglio se ne occupi la Ctfs, la commissione tecnica fabbisogni standard». Di cui, guarda caso, fa parte Giovanardi, che pure ipotizza possibili aggiustamenti: «Per le Regioni potrebbero essere previste compartecipazioni alle tasse calcolate in prima battuta in modo da coprire il costo della funzione trasferita, ma senza che questo impedisca ai territori di godere negli anni successivi di maggiori risorse, grazie al positivo andamento del gettito del tricommerciale lo ha previsto precisando all’art.13 che «fatta salva prova contraria la suddetta comunicazione si presume ricevuta trascorsi 10 giorni dall’invio effettuato da parte del venditore». Questo è in netto contrasto con l’art. 1326 del codice civile che precisa che «il contratto è concluso nel momento in cui chi ha fatto la proposta ha conoscenza dell’accettazione dell’altra parte, dunque tramite l’incontro delle rispettive manifestazioni di volontà». Il silenzio o l’inazione, da soli, non possono valere come accettazione. Si viola il principio della prevenzione della lesione patrimoniale ingiusta, in virtù del quale nessuno può essere impoverito senza il suo consenso. Intanto il presidente dell’Adoc, Canio D’Andrea, scrive in un comunicato che «le Associazioni dei consumatori sono convinte che qualsiasi modifica contrattuale deve essere notificata alla controparte in maniera certa quindi o con una raccomandata o con compartecipato». In pratica, più autonomia, più Pil, più entrate dalle tasse e quindi, in ultima istanza, dalle compartecipazioni regionali.
Quale sarà il punto di caduta di questa, come delle altre mille trattative in corso sul testo messo a punto dal ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli, in questo momento è arduo a dirsi. Il confronto alla Camera, come si diceva, è infatti ripartito nel segno di una bellicosità che ha colpito lo stesso ministro. Dopo le prime audizioni di esperti chieste dal centrosinistra in commissione Affari costituzionali Calderoli ha commentato: «Inizio a stancarmi di sentire certa sinistra con l’eterno ‘chiagne e fotte ’di partenopea memoria». Parole contro cui Napoli è insorta mentre i leghisti in commissione ribattevano: «Vogliono boicottarci».
Pec: qualsiasi notifica fatta in maniera difforme non ha valore. Arara deve decidere in maniera rapida su tali comportamenti messi in atto dai venditori e decidere a favore dei consumatori senza mostrare di non vedere e non sentire nulla, di non accorgersi di quello che accade intorno».
A conferma di quanto evidenziato l’Antitrust ha irrogato il 15 novembre scorso sanzioni per oltre 15 milioni di euro nei confronti di Enel Energia, Eni Plenitude, Acea Energia, Iberdrola Clienti Italia, Dolomiti Energia ed Edison Energia per pratiche commerciali scorrette. I consumatori si chiedono che fino hanno fatto i 15milioni. Perché non sono ritornati ai consumatori? Arera, il cui obbiettivo principale è quello di garantire la tutela degli interessi dei consumatori è, in questo caso, latitante insieme al governo che sta a guardare.