Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Ranieri da Mosto fa 100 «Aiutare la città, meno tasse ai neo-residenti»
La festa con i nipoti. In casa il governo ombra di Bossi
Da Mira alla «Venezia del Vietnam» servendo pizza e pasta a stranieri dal mondo. «Avevo una gelateria ma vent’anni fa ho cambiato vita. In Italia? Sogno di tornare da vecchio per vivere in montagna con la mia famiglia».
Luca Scale, 48 anni originario di piazza Vecchia di Mira, si muove fra i tavoli del ristorante Good morning Vietnam di cui è socio titolare. Tovagliette di carta, cuoco e menù italiani, il locale è una vera trattoria nel cuore di Hoi An, città costiera del Vietnam centrale. Sui tavoli non manca l’olio d’oliva né, al muro, la foto di Sordi che mangia spaghetti in «Un americano a Roma», maschere di Carnevale, una bandiera con il leone di San Marco e la maglia del Venezia calcio. Tutto è partito quasi per caso, da turista. «Ho chiuso nel 1998 una gelateria bar a Mira gestita per otto anni in società. Ho deciso di svernare al caldo e scappare da un inverno a casa senza lavorare. Ero giovane e avrei sperperato i risparmi nelle discoteche di Jesolo, com’era abitudine fare per non deludere gli amici». Non aveva ancora in mente di trasferirsi definitivamente ma giorno dopo giorno ha cominciato a farci un pensierino.
«Pranzavo a Nha Trang, città sulla costa meridionale, nel locale di un piemontese, Paolo Scampini, che aveva lasciato l’Italia per investire sulla ristorazione nel sud-est asiatico
Ha compiuto cento anni ma la mente è veloce come quella di un ragazzino. «Venezia è il suo estuario. Per rinascere ha bisogno di abitanti e di chi sappia valorizzare le sue immense potenzialità artistiche», racconta Ranieri da Mosto spegnendo le candeline al piano nobile di palazzo Muti Baglioni.
La sua casa, dove tutt’oggi abita con la moglie Maria Grazia a due passi da campo San Cassian, è l’edificio più alto in città. Vi ha ospitato nell’agosto del 1943 il congresso regionale del Partito d’azione, formazione a cui ha aderito. Dal 1924 veneziano «ostinato», come si definisce, è discendente di una antica famiglia patrizia veneziana, parente di quell’Alvise da Mosto che nel 1456 scoprì le isole del Capo Verde. È figlio di un noto antifascista e ha conosciuto Agostino Zanon Dal Bo al Liceo Foscarini. «Scesa sotto i cinquantamila residenti, Venezia ha bisogno di essere aiutata — dice nostalgico di un’aristocrazia che non ritrova più —. È un universo a sé,
— spiega Scale —. Ho iniziato a collaborare, desiderando entrare in società». La famiglia? «Dopo pochi mesi i miei genitori si sono presentati in Vietnam perché tornassi a casa ma ormai ero parte della squadra — racconta —. Quasi subito ho conosciuto la donna che sarebbe diventata mia moglie e ci siamo spostati ad Hoi An. Sua madre vendeva prodotti ai ristoranti, lei faceva le consegne». E la sua vita è completamente cambiata, anche con una mobilità tutta sua e diversa dalla terraferma. Questa specificità deve essere riconosciuta». Non solo. «Bisognerebbe accordare il venti per cento in meno sulle tasse a chiunque venga a vivere in centro storico — aggiunge —. Questo sì che attrarrebbe perché fare l’imprenditore in Vietnam non è come farlo in Italia. «Un vantaggio è il costo del personale. Gli affitti, invece, a seconda dei proprietari possono cambiare da un giorno per l’altro, senza garanzie contrattuali. L’infinita burocrazia italiana non esiste e, messi in sesto dipendenti e cucina, da titolari si lavora il giusto. Io, ad esempio, un paio d’ore a pranzo e poco più la sera». Il momento più difficile è stato con l’arrivo del Covid, molti giovani». Da Mosto ha partecipato alla Resistenza cittadina finendo in carcere un breve periodo a Santa Maria Maggiore dal dicembre del ‘43. Ha però continuato l’attività clandestina fino all’insurrezione, producendo documenti falsi per i ricercati politici. prima era riuscito a gestire dieci ristoranti in Vietnam e tre in Cina, poi con la pandemia il numero dei locali si è ridimensionato, «ma non ho mai pensato di tornare a Venezia». «Qui sto bene — dice — La qualità della vita che oggi posso permettermi rispetto all’Italia è più alta. Vivo in una casa al mare e mi godo la famiglia, facciamo ginnastica e lunghe passeggiate. Oltre al cibo italiano, mangiamo giapponese, vietnamita o vegano».
Laureato in legge, è stato giornalista, collaborando dal 1952 con la redazione della Rai del Veneto di cui è diventato caporedattore. Chiusa l’esperienza del Partito d’azione e dopo una lunga militanza nel Partito repubblicano, da Mosto si è avvicinato alle come “la Venezia del Vietnam”: l’acqua alta c’è anche qui. Se piove tanto sulle montagne vengono chiuse le dighe ma il centro si allaga comunque nella stagione delle piogge perché straripa il fiume Thu Bon. L’aria è umida e si gira molto a piedi o in barca». A proposito di acqua alta, nella Casa museo Tan ky, abitazione che da sette generazioni appartiene alla famiglia di mercanti Le, mobili e colonne in legno hanno una base in pietra, a protezione di tarme e acqua. Un pannello al pianterreno mostra poi gli interni completamente sommersi e così le strade della città antica. A parete, delle tacche indicano i livelli raggiunti dall’acqua dal 1964 all’ottobre del 2022.
Era partito per turismo poi si è trasferito. «Ogni anno vengo a casa con i figli, tornerò da vecchio»
posizioni della Lega con cui è stato eletto consigliere comunale a Venezia nel 1993. Nella sua dimora veneziana ha accolto il primo «governo ombra» di Umberto Bossi. «Il suo pensiero è sempre attivo, l’entusiasmo è ciò che più lo contraddistingue», nota la nuora Jane da Mosto (amministratore di We are here Venice) che abita al settimo piano dello stesso edificio con il marito Francesco e i quattro figli.
Tra le passioni di Ranieri c’è anche la cucina: autore di numerosi volumi tra cui «Il Veneto in cucina», a pranzo ha festeggiato con il pasticcio di pesce. «Cento anni di storia personale e collettiva racchiusi in un uomo capace di scegliere mettendosi in gioco per i suoi ideali», ha evidenziato il presidente della Municipalità di Venezia Marco Borghi, consegnando a da Mosto un’osella dorata raffigurante il leone di San Marco. Tra i presenti anche Giovanni Sbordone, direttore dell’Istituto veneziano per la storia della Resistenza e della società contemporanea di cui da Mosto è l’unico tra i fondatori ancora in vita. rilevando se questa ha bisogno di acqua, se le sue foglie si stanno ingrandendo e se la vite sta soffrendo a causa della troppa umidità. Il progetto, nato dall’associazione italiana Sommelier e rinominato «Adotta una vigna con Ais Veneto», darà la possibilità a tutti di vivere l’esperienza di coltivare una vite, anche a chi non metterà mai davvero mano alla terra di Zelarino. Adottare una vite è possibile donando 100 euro l’anno alla causa, un’offerta che per i primi 3 anni verrà ricompensata con degli inviti a degustare i prodotti tipici coltivati e cucinati all’interno di Casa di Anna, poi con un assortimento di 3 magnum l’anno prodotto dal nuovo vigneto. «Per gli amanti del vino e della natura — dice il presidente di Ais Veneto Gianpaolo Breda — nulla è più straordinario del “pianto della vite”, quella “lacrima” che la pianta perde quando viene potata, così come del profumo della fioritura. Questo vigneto sarà un viaggio sensoriale impagabile per le persone fragili che qui trascorrono i loro giorni». Ad essere stata scelta è stata una varietà muscaris di tipo Piwi, resistente alle malattie fungine e agli stress idrici, sorvegliata dalla stazione metereologica al centro del campo.
Giornalista E’ stato consigliere comunale nel 1993. La nuora Jane: l’entusiasmo lo contraddistingue