Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
La vicenda
Female to male o male to female, poco importa. Ad oggi in Italia il percorso per il cambiamento di genere passa gioco-forza per il tribunale. Le persone transgenere in Italia, anche dopo aver avviato (o addirittura completato) il percorso di transizione - ad esempio con una terapia farmacologica ormonale- per veder cambiato il sesso nei documenti anagrafici hanno bisogno di una sentenza.
La strada da seguire è tutt’altro che semplice e spesso per chi si trova in questa situazione risulta respingente. Tant’è che in molti ci rinunciano in anticipo. E si affidano per tutta la vita a documenti ufficiali che non riportano la loro reale identità. Con tutto quello che una scelta di questo tipo può comportare a livello di disagio personale.
Sta indagando proprio su questo un pool di giuristi dell’università di Trento e dell’università Statale di Milano, con un progetto finanziato con poco meno di 300 mila euro dall’Unione EuropeaNext Generation EU. L’idea è quella di capire se esistono delle strade semplificate (e quali siano) per l’attivazione delle procedure amministrative, magari – come già avviene in altri Stati europei – passando semplicemente per l’anagrafe.
Nicola Posteraro è il Principal Investigator di «Trans», in questo caso acronimo di «Transexuals’ Rights and Administrative Procedure for Name and Sex Rectification», il progetto di ricerca che vede due unità al lavoro. «Questo lavoro durerà due anni – spiega Lucia Busatta, ricercatrice di diritto costituzionale referente del progetto per l’Università di Trento e bellunese di origine – cercheremo di capire se esistono delle procedure più immediate che siano applicabili e come potrebbero essere attivate. Studi dimostrano
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