Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)

Novemila effettivi in un Corpo hi-tech

- Di Federico Murzio

Profession­isti, prima ancora di essere donne e uomini. Pronti, come è già successo, a missioni in scenari di alta conflittua­lità. A vent’anni dalla sospension­e del servizio militare obbligator­io gli Alpini sono cambiati. Mutati i volti, i numeri, i compiti.

Quando nel settembre nel 2022 il tenente colonnello Monica Segat assunse il comando del battaglion­e «L’Aquila» la nomina sintetizzò nel curriculum il cambiament­o: Accademia militare di Modena (le donne furono ammesse solo nel 2000), sette mesi in missione in Afghanista­n, incarichi allo Stato Maggiore dell’Esercito a Roma.

Domenica sfileranno gli ultimi figli della leva, sospesa nel 2004. La maggior parte sono le vestigia di un Corpo composto da cinque brigate corrispond­enti alle Regioni settentrio­nali nelle quali reclutavan­o (da est a ovest: Julia, Cadore, Tridentina, Orobica, Taurinense) e una Scuola militare alpina (la Smalp, ad Aosta,

Le provenienz­e Più dell’80 per cento degli Alpini giunge dal centro, meridione e isole del Paese. Negli anni, spinti dall’Ana e dalla collaboraz­ione con i vertici dell’Esercito, alcuni aspetti dei concorsi sono mutati anche nel tentativo di mantenere ancorate le radici del Corpo ai bacini geografici tradiziona­li

rinominata Centro di addestrame­nto alpino). La fine della guerra fredda e l’inutilità economica e strategica di mantenere grandi unità provocò un taglio dei reparti (prima fu sciolta l’Orobica nel 1991, la Cadore nel 1997, la Tridentina nel 2002) e le proteste dall’Associazio­ne nazionale alpini. La più plateale accadde nel 1997: durante l’adunata nazionale a Reggio Emilia alcune sezioni sfilarono con il cappello appoggiato al petto in segno di «lutto» e altre ammainaron­o il tricolore transitand­o sotto gli occhi del Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. «Non ci decimò il nemico ma i politici» si lesse in uno striscione. Oggi le brigate sono due, Julia e Taurinense, e sono cosiddette pluriarma (ci sono anche reparti di cavalleria): in tutto, contando il Comando e il Centro di addestrame­nto, sono circa 9 mila effettivi.

Dalla sospension­e della leva e del rito di passaggio che ha rappresent­ato per generazion­i è mutato tutto anche al di fuori dell’Esercito, considerat­o che sono spariti anche gli obiettori di coscienza che garantivan­o servizi negli enti pubblici. I cambiament­i più radicali sono però nell’accesso solo per concorso, nella presenza delle donne (scelta che deriva dall’allineare l’Italia agli altri Paesi Nato) e nella provenienz­a geografica. Mediamente più dell’80 per cento degli Alpini giunge dal centro, meridione e isole del Paese. All’inizio del profession­ismo la percentual­e era più alta. Dagli inizi degli anni Novanta sono state varate più riforme dell’Esercito che hanno risolto alcuni problemi lasciandon­e altri insoluti. Tra questi rientrano le caserme dismesse, diventate patrimonio alienabile delle Stato ma in molti casi ancora oggi abbandonat­e. Un patrimonio notevole. La brigata Cadore che reclutava soprattutt­o in Veneto al massimo della sua

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Gli Alpini impegnati in alcune esercitazi­oni. A lato, le donne rappresent­ano una presenza sempre più importante nel Corpo
All’opera Gli Alpini impegnati in alcune esercitazi­oni. A lato, le donne rappresent­ano una presenza sempre più importante nel Corpo

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