Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
L’ex commercialista di Galan «Nessuna tangente in Svizzera quel milione e mezzo è mio»
Venuti: «Ho gestito i soldi che ricevette da Publitalia, ma quelli sono finiti»
Era il 4 giugno del 2014, quasi 10 anni fa. Quel giorno il Gico della Guardia di Finanza andò ad arrestare Giancarlo Galan e altre 35 persone. Tra queste c’era il suo ex commercialista, Paolo Venuti. L’accusa era di concorso in corruzione, per aver fatto da prestanome all’ex presidente della Regione. Il professionista uscì di scena con un patteggiamento di due anni. Ma i guai non erano finiti perché nel 2019 si aprì un nuovo procedimento per riciclaggio internazionale a Padova, l’accusa era di aver portato all’estero oltre 19 milioni di euro di denaro nero dell’imprenditore padovano Damiano Pipinato. Venuti e i suoi soci Guido e Christian Penso sono stati assolti. Prescritta invece l’accusa di riciclaggio del denaro della presunta tangente da un milione e mezzo di euro di cui erano accusati i Penso. «Io non c’entro nulla con l’accusa di riciclaggio» precisa Venuti.
Tuttavia le motivazioni della sentenza, che la assolvono dal riciclaggio internazionale, la tirano in ballo nella questione del riciclaggio del denaro dell’ex presidente.
«Nel capo di imputazione io non ci sono, e a rigor di logica devo dire che la cosa mi ha stupito, si accusano i miei soci di essere al corrente di movimenti di denaro di cui invece non sapevano niente».
Il reato è entrato in prescrizione, ora non si può più giudicare.
«Christian Penso farà appello per vedersi riconosciuta l’assoluzione anche nel merito».
Nella sentenza si dice che è provato che nel conto in Svizzera intestato a sua moglie Alessandra Farina sono transitati un milione e mezzo di euro di Galan.
«È falso, il conto Memoria era mio: lo utilizzavo dal 2002, i dieci bonifici contestati dalla Guardia di Finanza arrivavano dai miei clienti e dai miei soci fino al 2006, i fatti contestati a Galan riguardano il 2008».
Ci sono anche versamenti da conti nascosti...
«Sono clienti che operavano con conti cifrati».
Lei intercettato in auto con sua moglie nel 2014 diceva che quei soldi erano di Galan e che lei li avrebbe gestiti… fino a quando lui non avesse avuto bisogno.
«Quell’intercettazione mi ha creato moltissimi guai, vanno precisate due cose: le intercettazioni non sono prove ma indizi, e i soldi delle tangenti non sono mai stati trovati. Inoltre è vero: io gestivo il denaro di Galan, ma erano soldi del suo periodo milanese, quando lavorava a Publitalia, me li aveva dati dicendomi di gestirli, come fanno tutti i commercialisti con i loro clienti, mi aveva detto che sarebbero andati a sua figlia, un’altra cosa invece è il conto Memoria dove transitavano solo soldi miei».
Aveva bisogno di un conto cifrato in Svizzera? Nelle carte si scrive che quel conto era intestato a una società panamense gestita dallo studio di consulenza Mossack Fonseca, noto per lo scandalo Panama papers...
«Intestare i conti a società straniere era una prassi delle banche svizzere, i contatti con Mossack Fonseca non li avevo io, li aveva la banca».
Le accuse e l’assoluzione
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