Corriere del Veneto (Venezia e Mestre)
Campioni, emozioni e ricordi del sovrintendente della Fenice
Andrea Pistore
Quando si trasferirà a Milano per ricoprire l’incarico di sovrintendente della Scala, lavorerà a pochi chilometri da piazzale Loreto dove il 13 maggio 1909 scattò per la prima volta il Giro d’Italia. C’è un filo sottile che lega Fortunato Ortombina, attuale direttore artistico e sovrintendente della Fenice di Venezia, e la corsa rosa: lui, grandissimo appassionatissimo di bicicletta, tra un Don Giovanni e un’opera di Verdi, sfrutta ogni occasione per un giro con la sua Bianchi o per guardarsi in televisione una tappa.
Maestro, come si è avvicinato alla bicicletta?
«È una passione che nasce da lontano, già a 3 anni me ne hanno comprata una con le rotelle. Sono nato a Mantova, il Giro d’Italia del 1964 toccava la Provinciale, avevo 4 anni e sentivo i tifosi parlare di Gimondi. Ho il ricordo nitido del gruppo che passa e del suono delle catene. Ho sempre seguito le gare, avevo una bici da turismo poi 35 anni fa sono passato a quella vera e propria da corsa».
Quali sono i rumori del ciclismo?
«Non sono rumori ma suoni. Quelli dei pedali, della catena, del copertone pompato a 8 atmosfere sull’asfalto ma anche quello dei freni e del vento nelle orecchie. Poi c’è il suono del Giro che arriva anticipato da qualche secondo di silenzio tra le sirene delle moto di scorta e il transito di corridori, quando tutti gli appassionati stanno zitti prima di esplodere. Nelle tappe di montagna il piacere te lo dà il grido dei tifosi sistemati qualche tornante prima che annuncia l’arrivo dei battistrada».
Il Mozart delle due ruote chi può essere?
«Mozart lo immaginiamo come nel film Amadeus,
quando da bambino meravigliava
"Il Mozart del ciclismo? Pogacar gli assomiglia per la sua naturalezza
tutti. Devo dire che Pogacar per la sua naturalezza gli assomiglia molto. Lo chiamano anche “il bimbo”, sembra fatto apposta».
Lei è uno dei massimi conoscitori di Verdi, chi è l’atleta che più gli si avvicina?
«Nella sua straordinaria essenzialità Verdi ti fa capire come bisogna sempre misurarsi con il tempo e la natura che sono immensamente più grandi di te. Questa è anche l’essenza delle due ruote dove l’uomo è solo e legato alla terra. Non c’è un corridore che sia più vicino a Verdi, lo è proprio il ciclismo e il più bravo a interpretarlo è chi sa tenere conto di tutte queste cose. E allora come non pensare a Pogacar. Sembra che i suoi polmoni appartengano a un’altra