Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Mose, da Mantovani al Consorzio: Finanza in sette aziende
Le Fiamme gialle visitano 7 aziende. Rischiano multe di un milione e lo stop agli appalti pubblici
La Finanza di Venezia ha «fatto visita» a Mantovani, Adria Infrastrutture, Consorzio Venezia Nuova, Condotte, Grandi Lavori Fincosit, Cooperativa San Martino e Coedmar. Le fiamme gialle hanno acquisito gli atti sui modelli organizzativi, per capire se le imprese del Mose avessero sistemi di vigilanza e controllo interni idonei a evitare i reati degli amministratori. Rischiano multe fino a un milione e pesanti misure interdittive.
VENEZIA Ci sono colossi nazionali come Condotte e Grandi Lavori Fincosit, la prima capofila dei cantieri alla bocca di porto di Chioggia, la seconda a Malamocco. Ci sono colossi regionali come Mantovani e la controllata Adria Infrastrutture, la società che si occupava dei project financing. Ci sono le coop chioggiotte (San Martino e Coedmar) e ovviamente il Consorzio Venezia Nuova. Sette imprese nel mirino delle fiamme gialle, che nei giorni scorsi hanno iniziato l’acquisizione degli atti sulla cosiddetta «231» ovvero il decreto legislativo del 2001 sulla responsabilità amministrativa delle aziende.
L’inchiesta è quella del Mose e il senso è che dopo aver colpito gli amministratori, artefici delle false fatture e delle mazzette, ora il faro si sposta sulle imprese. Secondo la 231, infatti, se l’impresa non dimostra di aver creato tutti gli «anticorpi» interni per scoprire gli amministratori disonesti, diventa anch’essa responsabile dei reati e dunque punibile. E’ per questo che il Nucleo di polizia giudiziaria di Venezia, su input dei pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, ha acquisito tutta la documentazione relativa ai modelli organizzativi e gestionali delle sette imprese: in particolare bisogna valutare se c’erano idonei organismi di vigilanza e controllo dell’operato dei propri manager. La legge prevede che l’azienda possa finire a processo di fronte a un giudice e in caso di condanna possa ricevere sia una sanzione pecuniaria (fino a un milione di euro, in questo caso da mol- tiplicare per 7), che anche sanzioni interdittive, che forse sarebbero ancora più pesanti e vanno dall’interdizione dall’esercizio dell’attività alla sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessio- ni funzionali alla commissione dell’illecito, dal divieto di contrattare con la pubblica amministrazione all’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi.
Pene pesanti, che rischierebbero di mandare in rovina le aziende coinvolte, alcune delle quali sono dei grandi player a livello nazionale del settore delle costruzioni. «Abbiamo fornito tutta la documentazione relativa all’adozione di un idoneo modello organizzativo di gestione e controllo, così come previsto dal decreto», spiega in una nota Mantovani. In realtà la precisazione del gruppo padovano è una mezza ammissione che prima le omissioni c’erano. «La società, del tutto rinnovata nel management, si ritiene oggi perfettamente rispettosa dei dettati di legge - scrive Mantovani - avendo fin da subito, anche con l’aiuto dei massimi esperti del settore, provveduto ad un tempestivo adeguamento. Inoltre è stata attivata, già dal mese di aprile 2013, la funzione di “Internal Auditing”, alle dirette dipendenze del rinnovato cda». Come dire che prima tutto questo non c’era e l’ex presidente Piergiorgio Baita, arrestato il 28 febbraio 2013, poteva fare quello che voleva.