Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
In vista altri ricorsi. Pan: «Attentato alla democrazia». Guadagnini: «Giusto così»
VENEZIA Cambia tutto, di nuovo, in Consiglio Regionale. Ci sono cinque nuovi eletti, riabilitati dalla Corte d’Appello, e in cinque escono da palazzo Ferro Fini prima ancora di averci messo piede. Questo comporta che la prima seduta attesa per lunedì sia stata repentinamente sconvocata e posticipata: se ne riparla il 29 giugno. Ma sulla strada per Venezia ci sono altri ricorsi e la storia rischia di diventare infinita.
La notizia del rimpastino è arrivata all’improvviso ieri mattina quando i (quasi) eletti erano negli uffici dei loro gruppi consiliari, nella serenità della proclamazione notificata solo lunedì. E invece, attorno a mezzogiorno, è circolata la voce: tutto da rifare. La Corte d’Appello, riunita in autotutela, ha disposto l’annullamento del verbale del 13 giugno limitatamente a conteggi e proclamazioni e rimesso in gioco numeri e resti, a venti giorni dalle elezioni che hanno incoronato governatore Luca Zaia e a soli quattro giorni dal documento che già aveva ribaltato, non senza malumori, le simulazioni post urne. A Padova ce l’ha fatta Massimiliano Barison di Forza Italia che aveva minacciato ricorso per la sua esclusione, e rimane fuori il leghista Giuseppe Pan; entra Antonio Guadagnini, indipendentista vicentino, al posto di Marco Dalla Grassa del M5s; a Venezia entra Alberto Semenzato, leghista, mentre il forzista Otello Bergamo deve fare le valigie; nel Bellunese passa il leghista Franco Gidoni a spese di Franco Roccon, di Indipendenza Noi Veneto, mentre a Rovigo è il leghista Stef ano Fal coni a l asci are i l passo alla grillina Patrizia Bertella. Confermati invece i nomi a Tre v i s o e Ve rona. I ca mbi avranno un altro riflesso diretto: si dilatano i tempi per le nomine in giunta, scombinando i piani del presidente Zaia.
Tutto è partito con il ricorso di Marino Zorzato (Ncd), consigliere uscente, che nel primo calcolo era stato escluso dalla lista degli eletti: il Ministero ha prontamente rimesso in moto la macchina dei conti, imponendo un’interpretazione diversa da quella veneta. E da lì, come un sassolino che diventa valanga, ne sono arrivati altri e altri ancora, fino alla decisione di ieri della Corte d’Appello: il conteggio non era corretto.
Giuseppe Pan, coi suoi oltre 5 mila voti, non ha dubbi: «Io faccio una rivoluzione, un ricorso è il minimo». Ironia della sorte, proprio ieri si era autosospeso da sindaco di Cittadella, per incompatibilità fra gli incarichi in Comune e in Regione. «È un attentato alla democrazia se un movimento che ha raccolto oltre il 18% dei voti fa un solo consigliere». Anche il grillino Dalla Grassa sta valutando il ricorso: «Ci troveremo e valuteremo il da farsi, avevo appena fatto gli accrediti a Ve- nezia, tutte le procedure ufficiali». Per chi minaccia percorsi legali ci sono anche (ovviamente) i più che soddisfatti nuovi arrivati. Semenzato ci tiene a sottolineare che «non avevo nemmeno fatto ricorso, è s t a t a u n a s o r p r e s a . I l mi o obiettivo era diventare sindaco di Mirano, ma sono felice di far parte del Consiglio regionale in un momento in cui Zaia ha una maggioranza solida e può fare quanto promesso in campagna elettorale». Guadagnini brinda: «Mi sarei aspettato che imbroccassero il criterio giusto al primo colpo, non al terzo. In un Paese civile non si dovrebbero creare aspettative e poi danni perché si lavora in modo approssimativo. Ma questo è il Consiglio che doveva uscire fin da subito».
L ’ i n t e r r o g a t i vo d i t u t t i (esclusi, neoeletti e soprattutto elettori) riguarda la legge elettorale: è nuova di pallino, ma fino ad ora ha portato solo confusione. «È una legge sbagliata, di di f f i c i l e i nter pret a z i one, chiediamo scusa ai veneti - interviene Matteo Toscani, tosiano -. C’è il concreto rischio che l’attuale Consiglio abbia vita breve e che si debba tornare a votare. Alla base ci sono importanti vizi di incostituzionalità e questo non lo dico io, ma autorevoli giuristi». Detta così, c’è da sospettare che qualcuno stia già sollevando il problema a piani più alti.
E pensare che i cinque esclusi ieri mattina, assieme a tutti i colleghi, avevano ritirato computer e cellulare assegnati agli eletti, girato il video di presentazione, scattato le foto di rito. Dovranno tornare a Venezia non per partecipare a sedute e commissioni, ma per ridare indietro i benefit che non sono più per loro. Sembrava tutto ormai fatto. Quando si dice oltre al danno la beffa. PADOVA La procura di Padova ha chiuso le indagini su Giustina Destro ex sindaco di Padova, ex parlamentare forzista, poi montiana, e l’ha indagata per finanziamento illecito a parlamentare per aver ricevuto 540mila euro dall’imprenditore romano Francesco Bellavista Caltagirone, patron di Acqua Marcia Pia Antica, società realizzatrice di parchi nautici ora in concordato. L’inchiesta del Nucleo Tributario della Guardia di Finanza di Padova ha portato allo scoperto i pagamenti fatti da Bellavista Caltagirone alla Destro in cambio di non meglio precisate «consulenze», fornite all’imprenditore in merito a possibili «sviluppi immobiliari» nel Nordest. A giustificazione di tali versamenti, ricevuti dal 2008 al 2013, il lavoro della Destro sarebbe consistito nel presentare due relazioni di 12 pagine in tutto. Un lavoro assai ben retribuito: 45mila euro a pagina. Una bella cifra, visto che parte degli scritti sembrerebbe ricopiata da un testo dell’autorità portuale di Venezia e da un comunicato stampa dell’autorità portuale di Trieste. Il pm Maria Ignazia D’Arpa, invece, ritiene che quei soldi siano serviti per consentire all’imprenditore (coinvolto in una vicenda giudiziaria per il porto di Imperia da cui ora è stato prosciolto) di entrare nelle grazie della parlamentare, e di poter accedere a alla sua cerchia di conoscenze. In quel periodo la Destro era in commissione attività produttive commercio e turismo della Camera. Non solo, l’ex sindaco, nel 2011 era diventata tesoriere della «Fondazione Cristoforo Colombo», lobby fondata Claudio Scajola.