Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Ricevo continuamente minacce» Il sindaco di Padova girerà armato
Concesso il porto d’armi al leghista Bitonci: «Non voglio la scorta ma devo difendermi»
PADOVA «Se uno viene in casa mia con intenzioni cattive e non è invitato, entra in piedi ed esce disteso. Io avrei sparato come ha fatto Franco per difendere la famiglia, la cosa più preziosa che c’è». Appena due giorni fa, prendendo parte al sit-in di solidarietà per Franco Birolo, il tabaccaio di Civè di Correzzola condannato a due anni ed otto mesi di carcere (e al pagamento di 325mila euro di risarcimento) per aver ucciso nell’aprile del 2012 un moldavo che stava rubando dentro al suo negozio, il sindaco leghista di Padova Massimo Bito nci a ve va par l a to cos ì . E, guarda caso proprio ieri, si è diffusa la notizia, poi confermata, che l’ex senatore del Carroccio è uno dei circa cinquantamila padovani che, tra città e provincia, possiedono un’arma.
Bitonci, al quale sei mesi fa era stata recapitata una busta con dentro un proiettile e un biglietto contenente minacce di morte (nel mezzo delle polemiche relative alla fusione tra le aziende di trasporto pubblico Aps e Sita e alla nascita della nuova società BusItaliaVeneto), ha chiesto ed ottenuto il porto d’armi poco prima dello scorso Natale. Va sottolineato che, a differenza della detenzione, il porto permette non solo il possesso dell’arma, ma anche il suo trasporto al di fuori della propria abitazione. A rilasciare la licenza al primo
Massimo Bitonci Mi minacciano sin dai tempi di Cittadella. E l’altra sera un magrebino mi ha detto: «Noi del Califfato islamico te la faremo pagare»
Gianni Berno Può fare cio che crede, ma a noi più che la sua sfera personale interessano la sicurezza pubblica e le promesse che non ha mantenuto
cittadino di Padova, come avviene di norma, è stata la prefettura sulla scorta di una relazione dei carabinieri di Cittadella, cioè il Comune dove Bitonci è stato sindaco dal 2002 al 2012 e dove ancora abita insieme alla famiglia.
Nel merito, ben consapevole delle discussioni che potrebbe scatenare la cosa, l’ex parlamentare leghista precisa: «E’ vero, ho fatto domanda di porto d’armi per motivi di sicurezza personale e, qualche settimana fa, mi è stato concesso. Forse tanti non lo sanno – ricorda il sindaco della città del Santo – Ma, sin da quando sedevo alla Camera e poi al Senato, sono oggetto di ripetute minacce di morte. Magari perché, a differenza della maggior parte dei politici, sono sempre stato abituato a dire pubblicamente quel l o c he penso. E questo modo di fare, a qualcuno, può dar fastidio».
Bitonci preferisce non rivelare quale sia il tipo di arma in suo possesso e nemmeno se sia solito portarla quotidianamente con sé in municipio, però aggiunge: «Come noto, io non vado in giro in auto blu, ma con la mia macchina. E, più volte, ho rifiutato la scorta. Perché non mi va che la mia sicurezza sia un peso per le casse pubbliche – spiega ancora l’ex senatore padano – E poi perché ritengo che le forze dell’ordine siano pagate per presidiare il territorio e non per fare da balia ad un sindaco, come succedeva con il mio predecessore del Pd Flavio Zanonato».
Quindi, per giustificare il porto d’armi appena ottenuto, Bitonci racconta un fatto inedito: «Qualche mese fa, intorno all’ora di cena, dopo aver incontrato alcuni cittadini all’Arcella, stavo andando a piedi a prendere la mia auto. E, ad un certo punto, mi si è avvicinato un magrebino in bicicletta che, visibilmente alterato da alcol e chissà cos’altro, mi ha urlato: “Caro Bitonci, noi del Califfato islamico te la faremo pagare!”». E lei? «Gli ho risposto che gli conveniva cominciare a pedalare bello veloce...»
La scelta del sindaco, come prevedibile, agita le opposizioni in consiglio comunale. Ma con accenti diversi. «Bitonci, al pari di ogni cittadino, ha tutto il diritto di fare ciò che la legge gli permette – commenta Gianni Berno del Pd – Ma a noi, più che le decisioni che riguardano la sua sfera personale, interessano le sue tante promesse fatte in campagna elettorale sul tema della sicurezza. Promesse che, ormai quasi a distanza di due anni, sono rimaste tali. E spero proprio che la nuova strategia dell’amministrazione – continua il consigliere democratico – non sia quella di incitare i padovani a prendersi il porto d’armi». «Se si tratta di un fatto personale – interviene invece Francesca Betto del M5S – non capisco per quale motivo la notizia sia diventata di dominio pubblico. Difendere la vita dei propri cari con qualunque mezzo tra le mura di casa propria, è legittimo».