Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Tentò di uccidere lo scafista, 5 anni
Mussolente, condannato il profugo che ha massacrato con una pizza un connazionale
MUSSOLENTE Una condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione. È quella per Ebrima Sawanech, profugo gambiano di 21 anni, accusato di tentato omicidio per aver fracassato la testa con una pinza al connazionale che sarebbe stato lo scafista, che lo aveva traghettato in Italia. E che una volta a Mussolente, nella villetta in cui erano stati ospitati come richiedenti asilo, avrebbe preteso con fare intimidatorio il resto dei soldi concordati per il viaggio, 200 euro.
MUSSOLENTE Una condanna a cinque anni e quattro mesi di reclusione.
È quella che ha pronunciato ieri pomeriggio il giudice di Vicenza Roberto Venditti per Ebrima Sawanech, profugo gambiano di 21 anni, accusato di tentato omicidio per aver fracassato la testa con una pinza al connazionale che sarebbe stato lo scafista, il comandante della barca che ad inizio 2015 lo aveva traghettato dalle coste libiche a quelle italiane. E che una volta a Mussolente, nella villetta in cui erano stati ospitati come richiedenti asilo, avrebbe preteso con fare intimidatorio il resto dei soldi concordati per il viaggio, 200 euro, provocando la violenta reazione del 21enne, bloccato poi dalla polizia mentre fuggiva in piena notte, con la maglia insanguinata e nella mano ancora la pinza.
Arrestato, era stato portato in carcere, dove è ancora oggi detenuto. L’aggressione era avvenuta la notte tra il 22 e il 23 giugno scorso. Il pm Serena Chimichi nelle settimane scorse aveva chiesto e ottenuto il giudizio immediato, per tentato omicidio, nei confronti di Ebrima Sawanech, considerando le prove a suo carico e il fatto che, secondo i medici, quell’aggressione avrebbe anche potuto uccidere il 28enne Dem Gtboth. Ieri lo stesso pm ha chiesto 4 anni e 8 mesi per l’imputato, ma la sentenza finale è stata superiore, di 5 anni e 4, con in più l’interdizione dai pubblici uffici. L’avvocato Andrea Massalin ha già annunciato che ricorrerà in Appello una volta lette le motivazioni della sentenza, convinto che il suo assistito abbia agito solo per legittima difesa.
Sawanech sarebbe stato infatti convinto che il connazionale lo avesse inseguito e raggiunto in garage armato di coltello, pronto a colpirlo, così lo ha aggredito. Stando al suo racconto quella sera di giugno Sem Gtboth gli era arrivato in camera pretendendo il saldo del viaggio fino all’Italia, mettendogli le mani in tasca, poi al collo.
«Dem voleva i duecento euro – aveva riferito - mi ha intimato di consegnargli cellulare e documenti, ha tentato di prenderseli, per averli in pegno finché non avessi pagato, così c’è stato uno scontro». Diversa invece la versione del ferito, ricoverato in ospedale a Vicenza con la scatola cranica perforata e per questo operato: «Scafista? No, gli avevo prestato dei soldi. Ne avevo perché in Libia, a differenza degli altri, avevo lavorato».
Nella colluttazione l’arrestato, dotato di pinza, aveva colpito una prima volta il 28enne al piano di sopra e quest’ultimo era corso in cucina per prendere un coltello. Quel coltello di cui sarebbe stato disarmato dagli altri connazionali che si trovavano nella stessa villetta data in gestione ad una cooperativa. Almeno così hanno riferito gli stessi, che sono stati sentiti come testimoni nella forma dell’incidente probatorio, per cristallizzare le loro dichiarazioni.
Eppure Sawenech era convinto che il 28enne che pretendeva il saldo del debito in quel momento fosse armato. «Sono corso in garage perché volevo uscire di casa e andare alla polizia ma lui mi ha inseguito armato – è la versione di Sawanech - aveva un coltello e stava per raggiungermi alle spalle così mi sono difeso, sferrandogli un colpo in testa con la pinza». Così violento che ha rischiato di ucciderlo.