Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Registro tumori c’è relazione tra veleni e cancro?
Riportato a Padova, dati aggiornati ma mancano 7 Usl Il direttore: «Priorità ai casi di cancro nel Vicentino»
Registro tumori in prima linea, per cercare correlazioni tra l’inquinamento, presente in 559 siti del Veneto censiti dall’Arpav, e le neoplasie. La priorità sono le Pfas, ma 7 Usl su 21 non inviano i dati.
PADOVA L’emergenza Pfas ha scoperchiato i 559 siti potenzialmente contaminati censiti in Veneto dall’Arpav e legittimato timori diffusi di ricadute sulla salute. In prima linea, impegnato a cercare e a dare risposte, c’è il Registro Tumori del Veneto, che la Regione ha riorganizzato dopo l’impasse emersa nel 2010, con dati fermi al 1999 e lo spostamento della titolarità (non della sede fisica, rimasta a Padova) dall’Istituto oncologico veneto all’Usl 4 di Thiene. Oggi, forte di un aggiornamento al 2009 e del «rientro» nella città del Santo con il nuovo direttore scientifico Massimo Rugge, che succede alla professoressa Paola Zambon dello Iov e al dottor Angelo Paolo Dei Tos direttore di Anatomia Patologica a Treviso, il Registro sta raccogliendo tutti i casi di cancro registrati fino al 2013 nelle Usl 5 Alto Vicentino e 6 di Vicenza. L’obiettivo è capire se ci sia una correlazione con l’inquinamento dell’acqua. «Cerchiamo di tenere sotto osservazione una zona particolarmente ansiogena per la popolazione — spiega il professor Rugge, direttore dell’Anatomia patologica dell’Ateneo padovano —. Vogliamo sapere se l’accumulo di Pfas nel sangue possa causare tumore e ho promesso alla Regione di comunicare l’esito dello studio entro il 31 luglio. In America il tumore ai testicoli è stato associato all’esposizione alle Pfas, ma le nostre valutazioni preliminari non documentano la relazione tra l’area geografica inquinata e una crescita della neoplasia. Non c’è la dimostrazione scientifica e il nostro approfondimento dovrà validarlo. Se confermerà l’assenza di rischio oncologico, i dati saranno consolidati. Ma non smetteremo di cercare».
Il Registro Tumori del Veneto, accreditato da Iarc (International Agency for Research on Cancer) di Lione che legittima i dati, è nato nel 1987 ma il regolamento è del 2013. Prima funzionava per la «buona volontà» delle Usl, tre anni fa si è passati dal volontariato all’istituzionalizzazione dell’attività, con una delibera regionale che rende obbligatoria per le aziende sanitarie la trasmissione dei dati e la nomina di un referente ciascuna. Il Registro è entrato nel Sistema epidemiologico regionale, insieme ai Registri Mortali- tà, Dializzati e Trapianti, ed è diventato il più importante d’Italia per popolazione coperta. Dal 1989 al 2013 il raggio d’azione si è esteso da un’area di 1.450.000 abitanti a una di 3,1 milioni su un totale di 4,9 (trend presentato dieci giorni fa all’Oms) e l’obiettivo è di arrivare all’80% della copertura entro il 2018. Ma il primo compito è di coinvolgere nel sistema le realtà che per carenza di risorse umane e materiali ancora non riescono a trasmettere i dati, cioè le Usl 4 di Thiene (ed è curioso, visto che ha coordinato il Registro), 10 di San Donà, 14 di Chioggia, 15 di Cittadella, 17 di Este, 21 di Legnago e 22 di Bussolengo. Un terzo del totale. «Il registro non copre ancora tutto il Veneto — conferma Rugge — perchè è una macchina molto complessa, costosa e bisognosa di professionisti specializzati. Al punto che la metà d’Italia non lo ha. Il nostro ha incrementato il personale, ora forte di 14 persone. Il paziente va registrato come oncologico e con il suo itinerario clinico di diagnosi e cura: una volta all’anno i parametri raccolti nelle aziende sanitarie di pertinenza vengono trasmessi al Registro Tumori, che li valida e poi li mette a disposizione della comunità scientifica e della cittadinanza. Cioè li pubblica e li rende ufficiali. Abbiamo completato i dati 2009 — aggiunge il direttore scientifico — una latenza non inusuale, perchè gli indicatori devono essere validati, analizzati, resi aderenti ai criteri di qualità di Iarc e poi diventano utilizzabili. Inoltre necessitano di codifiche che mutano, ci sono nuove modalità che vanno implementate ma comportano riaggiustamenti organizzativi e quindi attesa».
Il tempo di processazione del materiale non è uguale per tutte le Usl, per esempio Padova conta su dati del 2013. «E infatti stiamo pensando a un nuovo registro veloce da affiancare al Registro Tumori e contenente dati anticipati — annuncia Rugge —. Servirà ad orientare subito le scelte organizzative della Rete oncologica veneta in termini di prevenzione, screening e cura. E quindi la spesa dedicata. Questo registro confluirà nel primo e avrà i dati con 18 mesi di latenza».
Ma cosa contiene il Registro Tumori? «Indica l’incidenza di tutti i tipi di neoplasie nelle singole aree del Veneto — precisa il direttore scientifico —. Ci dice se i tumori aumentano o diminuiscono e quali, il sesso dei pazienti, la prognosi di ogni caso. Oggi l’incidenza del carcinoma al polmone, del tumore avanzato del colon e della cervice uterina è in decrescita, anche grazie agli screening. Le altre neoplasie sono stabili». Difficile invece provare scientificamente la correlazione tra inquinamento e cancro. «Una certezza è che il 90% di alcuni tumori maligni della pleura, i mesoteliomi, è dovuto all’amianto — rivela Rugge —. E infatti è stato dedicato loro un registro a parte. La maggioranza delle cause delle neoplasie resta però ignota». E questo, per adesso, vale anche per l’emergenza Pfas, sulla quale il medico osserva: «Le Pfas sono considerate dall’Istituto superiore di Sanità potenzialmente cancerogene, con una classificazione 2B. Ma è anche vero che il 30% della popolazione veneta ha nello stomaco dalla nascita l’infezione da Helicobacter pylori, batterio cancerogeno di tipo 1, il più alto. Solo una minima parte delle persone infette ha il cancro ma l’infezione, dalla quale si guarisce con una terapia antibiotica, entra nella storia del tumore allo stomaco. Questo è però il tempo del rischio legato alle Pfas, per noi una priorità».