Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Padova, il processo inizia dopo 17 anni prescrizione vicina per i rapinatori
Fascicoli spostati e «dimenticati», l’ombra dell’impunità sulla banda dei trasfertisti
PADOVA Ci sono voluti dieci anni per arrivare al 7 agosto 2015 e alla firma con cui l’allora sostituto procuratore padovano Orietta Canova, ora numero due dell ’ uff ic i o di Vicenza, chiedeva il rinvio a giudizio di trentadue persone, tutti rapinatori trasfertisti campani, o quasi, che poco meno di vent’anni fa, tra il 1998 e il 1999, avevano creato il panico tra i camionisti del Nord Italia e del Veneto in particolare, inanellando una serie di brutali rapine.
Un fascicolo che si è delineato negli ultimi giorni con le se n te n ze de l gi u d i ce de l - l’udienza preliminare di Padova Margherita Brunello, ma il cui destino era già stato scritto dieci anni prima. Nel marzo 2005 il giudice per le indagini preliminari di Verona, dove il procedimento era stato aperto, lo aveva spedito a Padova per un cavillo sollevato da un avvocato che in udienza era riuscito ad ottenere l’incompetenza territoriale del tribunale scaligero. Un artifizio alla Azzeccagarbugli spesso giocato per guadagnare qualche mese di prescrizione. Ma nessuno, nemmeno tra i più otti- misti principi del foro, poteva pensare che quel trasloco dei faldoni nella città del Santo per incompetenza territoriale, potesse addirittura far finire in prescrizione reati come il sequestro di persona e l’associazione a delinquere. E partorire sentenze di non doversi procedere (due) o nel migliore dei casi, ma solo per quattro posizioni su 32 imputati, patteggiamenti senza carcere (perché pene tutte indultate) e un processo, ancora da aprire, per rapina a carico di dodici persone che già sanno di avere dalla loro parte la prescrizione, un alleato in grado di dare il classico colpo di spugna sull’intera mole dei reati.
Perché ora che il dibattimento inizierà infatti saranno passati diciannove anni dal pr i mo as s a l to , poi ar r i ve r à l’Appello e a seguire la Cassazione. Il motivo? Il fascicolo è rimasto per dieci anni negli uffici.
L’inchiesta era arrivata a Padova perché la prima delle circa venti rapine messe a segno dalla banda di trasfertisti campani, si era compiuta a Campodoro, nell’Alta Padovana. Era il 28 marzo 1998 e Antonio Gaiola, camionista per conto della NNT di Campodoro veniva picchiato con un manico di scopa, sequestrato per ore, portato (a bordo del suo tir) a San Zeno di Montagna, nel Veronese, dove la banda aveva la base operativa per il Nord Italia, e liberato solo quando il suo camion era stato svuotato del carico di antibatterici e alimentari, per un valore di 32 milioni di lire. La stessa sorte era toccata poi ad altri camionisti: inseguiti in strada, o autostrada, minacciati, picchiati, sequestrati nel covo veronese della banda e rilasciati dopo ore di panico (alcuni di loro ancora legati) a bordo strada, in balìa degli eventi.
Ai trentadue rapinatori la procura di Verona ci era arrivata grazie al lavoro certosino degli inquirenti che partendo proprio dalla base operativa del paesello che si affaccia sul Garda, erano riusciti a ricostruire l’intera tela e collegare una con l’altra le rapine fatte quasi in serie nel 1998 e 1999 nel Comasco, nel Bolognese, Bresciano, Veronese, Modenese.
Un’indagine che aveva permesso nel giro di pochi mesi di portare in carcere anche i boss della banda, accusati di associazione a delinquere, sequestro di persone e rapina. Poi l’udienza preliminare, la scoperta della prima rapina fatta a Campodoro, gli atti che passano a Padova e la nuova richiesta di rinvio a giudizio che aspetta dieci anni in un armadio.