Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Padova, il processo inizia dopo 17 anni prescrizio­ne vicina per i rapinatori

Fascicoli spostati e «dimenticat­i», l’ombra dell’impunità sulla banda dei trasfertis­ti

- Nicola Munaro

PADOVA Ci sono voluti dieci anni per arrivare al 7 agosto 2015 e alla firma con cui l’allora sostituto procurator­e padovano Orietta Canova, ora numero due dell ’ uff ic i o di Vicenza, chiedeva il rinvio a giudizio di trentadue persone, tutti rapinatori trasfertis­ti campani, o quasi, che poco meno di vent’anni fa, tra il 1998 e il 1999, avevano creato il panico tra i camionisti del Nord Italia e del Veneto in particolar­e, inanelland­o una serie di brutali rapine.

Un fascicolo che si è delineato negli ultimi giorni con le se n te n ze de l gi u d i ce de l - l’udienza preliminar­e di Padova Margherita Brunello, ma il cui destino era già stato scritto dieci anni prima. Nel marzo 2005 il giudice per le indagini preliminar­i di Verona, dove il procedimen­to era stato aperto, lo aveva spedito a Padova per un cavillo sollevato da un avvocato che in udienza era riuscito ad ottenere l’incompeten­za territoria­le del tribunale scaligero. Un artifizio alla Azzeccagar­bugli spesso giocato per guadagnare qualche mese di prescrizio­ne. Ma nessuno, nemmeno tra i più otti- misti principi del foro, poteva pensare che quel trasloco dei faldoni nella città del Santo per incompeten­za territoria­le, potesse addirittur­a far finire in prescrizio­ne reati come il sequestro di persona e l’associazio­ne a delinquere. E partorire sentenze di non doversi procedere (due) o nel migliore dei casi, ma solo per quattro posizioni su 32 imputati, patteggiam­enti senza carcere (perché pene tutte indultate) e un processo, ancora da aprire, per rapina a carico di dodici persone che già sanno di avere dalla loro parte la prescrizio­ne, un alleato in grado di dare il classico colpo di spugna sull’intera mole dei reati.

Perché ora che il dibattimen­to inizierà infatti saranno passati diciannove anni dal pr i mo as s a l to , poi ar r i ve r à l’Appello e a seguire la Cassazione. Il motivo? Il fascicolo è rimasto per dieci anni negli uffici.

L’inchiesta era arrivata a Padova perché la prima delle circa venti rapine messe a segno dalla banda di trasfertis­ti campani, si era compiuta a Campodoro, nell’Alta Padovana. Era il 28 marzo 1998 e Antonio Gaiola, camionista per conto della NNT di Campodoro veniva picchiato con un manico di scopa, sequestrat­o per ore, portato (a bordo del suo tir) a San Zeno di Montagna, nel Veronese, dove la banda aveva la base operativa per il Nord Italia, e liberato solo quando il suo camion era stato svuotato del carico di antibatter­ici e alimentari, per un valore di 32 milioni di lire. La stessa sorte era toccata poi ad altri camionisti: inseguiti in strada, o autostrada, minacciati, picchiati, sequestrat­i nel covo veronese della banda e rilasciati dopo ore di panico (alcuni di loro ancora legati) a bordo strada, in balìa degli eventi.

Ai trentadue rapinatori la procura di Verona ci era arrivata grazie al lavoro certosino degli inquirenti che partendo proprio dalla base operativa del paesello che si affaccia sul Garda, erano riusciti a ricostruir­e l’intera tela e collegare una con l’altra le rapine fatte quasi in serie nel 1998 e 1999 nel Comasco, nel Bolognese, Bresciano, Veronese, Modenese.

Un’indagine che aveva permesso nel giro di pochi mesi di portare in carcere anche i boss della banda, accusati di associazio­ne a delinquere, sequestro di persone e rapina. Poi l’udienza preliminar­e, la scoperta della prima rapina fatta a Campodoro, gli atti che passano a Padova e la nuova richiesta di rinvio a giudizio che aspetta dieci anni in un armadio.

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Sentenza L’inchiesta presentata al Tribunale di Padova

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