Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il giallo Sempre più ombre sulla sorella di Freddy Politico suicida al cimitero Una pista porta a Debora
Padova, tute e tre sono state rubate alla stessa persona Al vaglio legami tra il suicida e gli accusati del caso Isabella
PADOVA C’è un ennesimo colpo di scena nella vicenda che ruota attorno al delitto di Isabella Noventa, la segretaria sparita da Padova il 15 gennaio. Le due pistole di Debora Sorgato, accusata di omicidio premeditato in concorso con il ffratello Freddy e l’amica Manuela Cacco, sarebbero state rubate a Padova nel 1994 insieme a quella usata il 1ù20 aprile scorso da Massimo Polato, consigliere comunale di Camisano Vicentino, per suicidarsi.
PADOVA Ennesimo colpo di scena nella complicata vicenda che ruota attorno al delitto di Isabella Noventa, la segretaria di 55 anni di Albignasego scomparsa nella notte tra il 15 e il 16 gennaio scorsi. In carcere, con l’accusa di omicidio premeditato in concorso, il 15 febbraio sono finiti l’ex fidanzato della vittima, Freddy Sorgato, la sorella di lui, Debora, e l’amica tabaccaia di Camponogara Manuela Cacco. Quest’ultima ha rivelato agli inquirenti che la notte stessa dell’omicidio Debora le avrebbe raccontato di aver ammazzato Isabella con due colpi di mazzetta e di essersi poi disfatta del cadavere con l’aiuto del fratello. Ora su quella che è stata definita dal legale dei Noventa, l’avvocato Gian Mario Balduin, «la mente diabolica del trio», già vedova due volte, si addensa un’altra ombra.
I carabinieri avrebbero infatti appurato che le due pistole della Sorgato trovate insieme a 124mila euro a casa del fidanzato di lei, il maresciallo dell’Arma Giuseppe Verde (indagato per violazione del segreto d’ufficio e accesso abusivo alla banca dati della polizia), sarebbero collegate a quella usata dal consigliere comunale di Camisano Vicentino Massimo Polato, 44 anni, per togliersi la vita il 20 aprile nel cimitero di Bevadoro di Campodoro (Padova). L’arma, di piccolo calibro(623), che il rappresentante del Caffè Goppion si è puntato alla tempia è stata rubata a Padova nel 1994. E questo è emerso subito dalle indagini dei carabinieri di Mestrino, con i quali Polato aveva assolto il servizio di leva e un altro anno di firma. Ma la novità delle ultime ore è che sarebbe stata rubata insieme alla Beretta 765, rinvenuta con il colpo in canna, e l’Astra spagnola di Debora: tutte e tre sarebbero state portate via alla stessa persona, che le deteneva legalmente in casa. Ora le armi sono al vaglio del Ris di Parma, che ha già eseguito le prove di sparo sulle prime due, messe sul mercato nel 1936 e nel 1942, e aspettano di analizzare quella usata da Polato. Il 7 giugno gli specialisti dell’Arma cercheranno le impronte digitali, verificheranno se ha sparato, e quando, le ipotetiche traiettorie di tiro, la matricola e altri elementi utili alle indagini.
Intanto si cercano eventuali legami fra i tre indagati e il consigliere di Camisano, che non ha lasciato biglietti per giustificare il suo gesto. Si sa solo che era incensurato e aveva un debito di circa 20/30mila euro. La mattina del 20 aprile, verso le 9.30, si è diretto prima al cimitero di Grumolo delle Abbadesse, nel Vicentino, dove però ha incontrato un conoscente e due impiegati comunali al lavoro nel camposanto. E allora si è diretto al più discreto cimitero di Bevadoro, frazione di mille anime, isolato in campagna. Alle 10.20 è entrato, si è seduto sul marciapiede interno e si è sparato. I carabinieri hanno confermato subito la pista del suicidio, ma poi hanno mandato la pistola al Ris di Parma. Perchè? La provenienza illecita era già stata appurata. Probabilmente si vuole capire chi l’abbia venduta o ceduta a Polato e per quale motivo. «Io mi chiedo: come mai un ex carabiniere che poteva procurarsi legalmente un’arma nel giro di un giorno, ha preferito ricorrere a una rubata? — è il dubbio di Giuseppe Maddalena, vicesindaco di Camisano e amico di Polato —. Sono stato uno degli ultimi a vederlo vivo: la sera del 19 aprile, dopo il consiglio comunale siamo andati al bar, poi l’ho invitato a mangiare una pizza ma ha preferito andare a casa». E se a Campodoro la vox populi parla di una frequentazione con i tre indagati, Debora soprattutto, tra i conoscenti non si trovano conferme. «Non ne so nulla — dice l’avvocato di Debora, Roberto Morachiello — se il Ris eseguirà accertamenti tecnici non ripetibili su armi in qualche modo collegate alla mia assistita il pm Giorgio Falcone a risultati ottenuti dovrà comunicarmelo. Per ora non mi ha avvertito. Comunque il procedimento relativo alle pistole sarà separato dall’inchiesta sul delitto». «Non mi risultano collegamenti tra la mia assistita e Massimo Polato», afferma Alessandro Menegazzo, difensore di Manuela Cacco.
In attesa di districare la matassa, si continua a cercare il corpo di Isabella. Ieri mattina i vigili del fuoco hanno scandagliato con la sonda dieci cisterne nel parco dell’ex albergo «Le Padovanelle», nel quale aveva lavorato Debora. Non è stato trovato nulla, così come vane erano risultate lunedì le ricerche condotte nel laghetto di Padova est, insieme al vecchio hotel segnalato in una lettera anonima spedita all’avvocato Balduin.