Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Un’autostrada tutta «d’oro»
Le sette sorelle, i politici, le tangenti. E poi un carabiniere al comando
Nella lunga storia dell’autostrada Brescia-Padova, realizzata nel 1962 a dieci anni dalla costituzione dell’omonima società pubblica, c’è un posto speciale tutto per loro, per i mitologici nefelometri. Nefe..cosa? Ma i nefelometri, che domande.
Era la fine degli anni Ottanta e sulla Brescia-Padova regnava Gianni Pandolfo, presidente democristiano e sottocapo doroteo di osservanza vicentina. Una pessima fama accompagnava all’epoca il tratto veronese dell’autostrada: la chiamavano la «valle della morte», per le micidiali nebbie che ogni anno, nella stagione fredda, provocavano giganteschi tamponamenti con esiti letali. Allora la Brescia-Padova, detta anche Serenissima, fece ciò che nessuno in Italia aveva ancora tentato: installò i nefelometri. Erano degli speciali apparecchi meteorologici, capaci di «annusare» la nebbia, valutarne il grado di densità e comandare l’accensione di potentissimi lampioni allo iodio, che diffondevano un’intensa luce gialla in grado di bucare la fitta coltre grigia. Peccato che i nefelometri, finanziati con i fondi europei per 450 milioni di lire (su un costo totale di 1 miliardo e 600), funzionassero sfruttando l’energia solare... Soltanto un anno dopo cominciarono i lavori per la terza corsia e i nefe... cosa? vennero smantellati.
Erano anni d’oro, quelli. La Brescia-Padova, originata dalla virtuosa alleanza tra sette Province (Milano, Bergamo, Brescia, Verona, Vicenza, Padova e Venezia) che si erano messe in testa di collegare tra loro tutte le città capoluogo, macinava robusti incassi dai pedaggi, gestiva investimenti per quasi mille miliardi ed era totalmente controllata dalla mano pubblica. Cioè dalla politica, che nel Veneto di allora significava fondamentalmente la Balena bianca democristiana nelle sue varie anime, con qualche spruzzata di rosa socialista qua e là.
Erano anni d’oro ed erano autostrade d’oro: di questo fu accusato proprio Pandolfo, che, abbandonati i nefe... qualcosa, si era dedicato a una massiccia opera di lifting del nastro d’asfalto per mezzo di siepi, piante, barriere fonoassorbenti in quantità forestali. Solo che nel frattempo si erano fatti gli anni Novanta ed era scoppiata una febbre chiamata Tangentopoli. Il presidente della Serenissima ci cascò dentro in pieno, inguaiato anche dalla testimonianza del vivaista che aveva fornito tanto ben di Dio in frasche e verzura (e, a sentire lui, anche le mazzette per gli amministratori della concessionaria autostradale). Erano davvero anni d’oro: intorno alla galassia Serenissima ruotavano personaggi come l’avvenente architetto Anna Massagrande, sposata a un collega persiano, che era in società con la figlia di Pandolfo e che disponeva di una lussuosa dimora alle porte di Verona, dove (prima delle inchieste giudiziarie) si tenevano memorabili feste per i potentoni della politica cittadina, gratificati dalla presenza di signore piacenti tanto quanto la padrona di casa. Bei tempi, quelli...
Fu talmente forte lo schiaffo inferto dalle inchieste giudiziarie che la Serenissima, per uscirne con l’immagine ripulita, chiamò alla direzione della concessionaria un uomo che impersonasse il concetto di legalità: un ufficiale dei carabinieri. Quel Carlo Lepore che, per i successivi vent’anni, è stato l’autentico numero uno della società.
Corsi e ricorsi della storia autostradale. Oggi che gli spagnoli di Abertis entrano da nuovi padroni nella gestione della Serenissima, una delle condizioni vincolanti dell’operazione - vincolante al punto che, se non dovesse realizzarsi, potrebbe far saltare l’accordo - è l’autorizzazione governativa al prolungamento dell’autostrada Valdastico Nord verso Trento. Ebbene, più di venticinque anni fa, l’allora presidente Pandolfo venne arrestato per le tangenti alla vigilia di un delicato consiglio di amministrazione della concessionaria, che avrebbe dovuto decidere su un progetto di grande rilevanza per la provincia di Vicenza. Avete indovinato quale? Ma certo: il prolungamento verso Trento della Valdastico Nord, già nota alle cronache con il nomignolo di Pi-Ru-Bi, dalle iniziali dei suoi tre padrini politici Piccoli, Rumor e Bisaglia.