Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il «gabbiano» e l’Accademia Storia di un ponte mai nato
Il progetto 2009 di Follina, i costi e il dibattito che Venezia non ha mai aperto
Nel 2009 l’architetto Follina progetto un nuovo ponte dell’Accademia sul Canal Grande.
Il 5 aprile scorso la giunta comunale ha approvato la delibera numero 92, con la quale ha approvato il progetto definitivo di restauro del ponte dell’Accademia. Il progetto è stato preparato dal Settore Viabilità della Direzione lavori pubblici del Comune, la Soprintendenza ha dato il suo ok il 29 gennaio, entro il 2017 il ponte sarà restaurato con il milione e settecentomila euro donati da Luxottica. Ma è una bella notizia solo a metà, e non solo perché per arrivare a questo ci sono voluti sei anni: aveva cominciato l’iter il sindaco Orsoni nel 2010. Ma perché questa delibera ha il suo rovescio della medaglia: è il certificato di morte per l’idea di un nuovo ponte dell’Accademia, un’idea che girava per la testa di Massimo Cacciari, quand’era primo cittadino, tanto che fece un bando per i migliori progetti. Era il 2009.
A Venezia ci sono solo quattro ponti che scavalcano il Canal Grande, progettarne uno vuol dire entrare nella storia: chiedete a Santiago Calatrava. Ma potete chiederlo anche a Toni Follina, architetto trevigiano dal brillante curriculum, classe 1941, che nel 2009 ha quindi 68 anni ed è nella sua piena maturità, ma con un entusiasmo da ragazzino. Progetta un nuovo ponte, lo chiama «Il gabbiano» perché ha due ali che danno l’idea che voli e si sia posato lì, tra la chiesa della Carità e campo San Vidal. Il ponte nuovo deve avere due caratteristiche fondamentali: dev’essere privo di barriere architettoniche per i portatori di handicap e deve rispettare la forma sostanziale del vecchio ponte, ormai consolidata nella memoria collettiva. Ci vuole un’altra caratteristica fondamentale, dice Cacciari: uno sponsor che lo paghi. Lo scontro tra le idee e la realtà è drammatico. Prima ci si mette il settore per i beni architettonici del Ministero, che boccia uno dei progetti presentati, forse meno rispettoso del profilo storico del ponte, e contestualmente dà indicazioni per procedere con un restauro anziché un rifacimento radicale.
A Roma non vedono neppure «Il gabbiano» di Toni Follina, perché l’architetto non riesce a trovare uno sponsor. S’è dato da fare anche in questo senso, Follina, conserva tutta la corrispondenza: trova dinieghi o silenzio. Non risponde Veneto Banca, declinano cortesemente Eni e Luxottica; niente da San Benedetto Acque Minerali, Geox, Benetton Group, Pepsi Cola, Emirates Group, Sands Foundatio. L’architetto si rivolge perfino a Gursoy Group, turchi che sul Bosforo hanno una finta Venezia… Niente. Eppure il ponte costa «solo» 5,3 milioni, non è una follia. Di più: il progetto è regalato. Il 9 dicembre 2010 viene spedita una lettera al sindaco Orsoni: non abbiamo trovato gli sponsor, quindi non abbiamo potuto presentare il concorso al bando; però ecco qua il progetto, con la relazione illustrativa, la relazione di calcolo, il calcolo sommario delle spese, le indagini endoscopiche, il piano di comunicazione, il plastico, gli elaborati grafici. Insomma, tutto.
Da Orsoni nessuna risposta, zero, nemmeno un’occhiata al plico con i rendering che danno l’idea di un ponte esteticamente pregevole che non snatura per nulla la percezione consolidata del vecchio ponte in legno. Forse Venezia vive ancora la storia complicata del ponte di Calatrava, fatto sta che il disinteresse è totale. Sulla scia delle indicazioni del Ministero dei Beni Culturali, c’è un minimo di dibattito.
Per il restauro conservativo si schiera Italia Nostra con Lidia Fersuoch, anche l’architetto Giuseppe Cristinelli, docente di restauro all’Iuav, dice la sua: «Meglio il restauro, tolti gli interventi di Carlo Scarpa al negozio Olivetti e alla Querini Stampalia, a Venezia non abbiamo grande esempi di nuova architettura di pregio». Ma, ammette il professore, «non credo di aver visto i progetti». In sostanza, non c’è un dibattito. Non intervengono nemmeno le molte associazioni che difendono i disabili, anche se il restauro in pratica vieta loro il passaggio agevole del ponte e il nuovo progetto invece è pensato per loro. Tacciono, come i veneziani.
Parlano invece le carte. Mentre «Il gabbiano» dorme dimenticato, va avanti a rilento la procedura per mettere in cantiere il restauro. È decisivo un passaggio: nell’estate del 2015 la Soprintendente Emanuela Carpani propone il vincolo monumentale che prima il ponte dell’Accademia non aveva, c’era solo quello paesaggistico. Lo si fa per consentire alla donatrice Luxottica di usufruire dell’Art bonus. La soprintendente precedente aveva tutt’altre idee: no al vincolo, per motivi filologici e sostanziali. Il ponte dell’Accademia, nato come provvisorio nel 1933, era già stato restaurato nel 1948, e poi ancora radicalmente nel 1986, e quest’ultimo intervento ne aveva cambiato la natura originaria: non più solo legno, ma longheroni di ferro, e variazione del profilo dell’arcata. E poi, si ragionava, appare evidente che si pensi ad un ponte nuovo. Macché, passa il vincolo monumentale, significa che il ponte di legno non si può toccare, resta quello. «Il gabbiano» arrivato gratis resta in un angolo, mentre gli uffici comunali preparano il progetto di restauro, mantenendo rigorosamente le barriere architettoniche. Se la delibera del 5 aprile è una sepoltura, il decreto di vincolo è un funerale.
Toni Follina è deluso ma riprova: ha un incontro con il nuovo assessore ai Lavori Pubblici, Francesca Zaccariotto, incontro che sembra positivo. Le scrive una lettera, il 20 luglio 2015, ripresentando la proposta del suo team e specificando di nuovo che è un regalo, che «nel caso di accettazione, l’amministrazione potrà utilizzare il progetto come meglio ritiene, solo riconoscendo ai donatori, qualora se ne presenti l’occorrenza, una possibile consulenza a livello esecutivo agli uffici comunali di competenza». La lettera non avrà né risposta né seguito. Così come non avverrà mai un incontro, peraltro ad appuntamento fissato, con il nuovo sindaco Luigi Brugnaro. Francesca Zaccariotto spiega com’è andata: «Quando ho visto il progetto sono rimasta entusiasta. Ma come amministratrice avevo una strada obbligata. Mi sono trovata la convenzione con Luxottica già fatta, dovevamo andare avanti per riuscire a fare qualcosa. Altrimenti, si ricominciava tutto daccapo. Il ponte splendido di Follina… ma è come avere l’amante e non poterlo mai sposare, alla fine si rischia di restare zitelle».
Insomma ha vinto la ragion di Stato, o di Comune. «Non potevamo buttare via il lavoro già fatto. E poi, mi lasci dire, se avessimo fatto un sondaggio tra i veneziani, non so cosa avrebbero risposto, sono molto affezionati al loro vecchio ponte..». Ma un confronto con i veneziani era anche quello che auspicava l’architetto Follina.
«Il gabbiano» resta sulla carta. Lì è bellissimo. Così in questa pagina vedete le immagini di un ponte che non ci sarà mai, a meno di una resurrezione miracolosa. Toni Follina sta per scrivere una lettera aperta al Comune e ai veneziani, il cui succo è che la città ha perso un’occasione per rinnovarsi. Ma c’è dell’altro, al di là dell’inesistente dibattito, delle discussioni accademiche sull’architettura: i conti. Il restauro costerà un milione settecentomila euro (regalati), ma fra 15 anni si sarà daccapo, un ponte di legno fatalmente si ammalora. Per dire, già nel 1998, dopo il restauro del 1986, si è dovuto rifare tutto il piano di calpestio. Con cinque milioni la soluzione sarebbe definitiva. Cinque milioni sono il 5 per cento dei 100 milioni di tangenti che correvano ogni anno attorno al Consorzio Venezia Nuova. Ogni anno, per dieci anni, proprio quelli in cui «Il gabbiano» veniva tenuto in gabbia. Avrebbero potuto farne venti, di ponti dell’Accademia.
Il caso Partono i restauri per il ponte sul Canal Grande. L’architetto trevigiano regalò invece il piano di una nuova struttura che avrebbe risolto i problemi di tenuta. Il Comune alla fine ha fatto un’altra scelta