Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I post, la conversion­e, la droga: «Seguo la guida di Dio» Terrorismo, le indagini sui tunisini veneziani perquisiti: radicalizz­ati dopo il viaggio alla Mecca

- A. Zo.

VENEZIA I contatti Facebook con persone che inneggiano all’Isis. La conversion­e sotto la spinta dell'amico, radicalizz­atosi di ritorno dalla Mecca. I litigi con la sorella, a cui rispondeva che ora seguiva la guida di Dio. Al centro dell’ultima inchiesta dell’Antiterror­ismo di Venezia, che ha portato una settimana fa alla perquisizi­one di tre tunisini residenti in centro storico, c’è Karim Ben Khalifa. Le carte dell’inchiesta dimostrano che il 24enne è nel mirino della Digos da oltre un anno, cioè da quando lo Sco della Polizia l’aveva segnalato ai colleghi veneziani per i suoi contatti «sospetti» su Facebook. Già il 16 marzo 2015 la Digos aveva inviato al pm titolare dell’inchiesta una prima informativ­a in cui si elencavano gli «amici» radicali, che postavano sui propri profili video e foto pro-Isis e, come in un caso, addirittur­a di se stessi con in braccio un fucile.

Da lì è nata l’inchiesta, che ha portato la procura a intercetta­re Khalifa. Nell’ultima informativ­a dello scorso 27 aprile, quella che poi ha portato il pm Francesca Crupi a disporre le perquisizi­oni, la sua figura viene meglio definita. Nel corso di una perquisizi­one in un bar di Mestre dello scorso anno, il giovane tunisino viene trovato insieme a un connaziona­le 35enne, tal Mohamed Bouyahi, che ha con sé una carta d’identità olandese e un passaporto scaduto. Si scopre poi che Bouyahi ha già avuto una denuncia per spaccio nel marzo 2015 e poi nel mese di agosto successivo verrà fermato a Bologna mentre si sta imbarcando su un volo per Istanbul, da cui poi doveva proseguire per Adana, cittadina vicina al confine siriano. A insospetti­re gli inquirenti è il fatto che abbia un biglietto sola andata e nessun bagaglio: lui si difende dicendo che sta andando a sposarsi.

Dalle telefonate di Khalifa emergono poi collegamen­ti con reati comuni, come lo spaccio di droga, il favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a e il procacciam­ento di documenti falsi, forse per tentare di raccoglier­e fondi, annotano gli inquirenti. C’è soprattutt­o il collegamen­to con Achraf Ben M’Barek, 29enne tunisino, a sua volta perquisito nel blitz dello scorso 10 maggio. E’ lui l’artefice del «ritorno a Dio» vissuto da Khalifa. M’Barek nei mesi scorsi era stato alla Mecca e al suo ritorno confessa all’amico di aver rafforzato le sue convinzion­i religiose, messe in crisi dal contatto con la civiltà occidental­e. Karim e Achraf iniziano a sentirsi sempre più spesso, vanno in moschea assieme a pregare, rispettano i dettami più rigidi, come il divieto di bere e fumare. La famiglia di Khalifa non approva. «Non farti crescere la barba e non interessar­ti ai problemi di Siria, Iraq e Daesh (l’altro nome dell’Isis, gli dice un parente in una delle telefonate intercetta­te. «Voglio seguire la guida di Dio, mi ha fatto vedere la retta via», replica lui. M’Barek, invece, intercetta­to al telefono con la fidanzata, che vive in patria, le dice che è stanco di stare in Italia, di essere servitore di un paese non suo, perché ora si sente «servitore purificato di Dio». Nel corso della perquisizi­one gli sono stati trovati alcuni cellulari di probabile provenienz­a illecita e delle dosi di hashish.

Sul registro degli indagati e oggetto della perquisizi­one è anche Chaabane Mabrouk, 40enne, titolare con la compagna veneziana di un’osteria a Sant’Angelo. Su di lui pesano i numerosiss­imi contatti telefonici con Khalifa, che però lavora come cameriere nel locale, e il fratello Ahmed Adel, a lungo detenuto nel suo paese e poi partito con le forze anti-Assad per la Siria, dove ha trovato la morte nel 2013. «Ma questo non significa niente - dice il suo avvocato Renato Alberini il mio cliente ha fatto la sua scelta, che è quella di vivere in Italia e fare l’imprendito­re. E’ qui a Venezia dal 2001 e non ha mai avuto alcun problema con la giustizia. Con il terrorismo non c’entra nulla».

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