Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

AUTONOMIA, GIUSTA LA DOPPIA VIA DI ZAIA

- Antonio Guadagnini*

Ho letto i punti di vista di Alessio Morosin e di Luca Antonini a proposito dei referendum su autonomia e indipenden­za. Credo di dover e poter dire anche la mia in proposito. Sbaglia Morosin a giudicare una sorta di presa in giro il referendum sull’autonomia. E sbaglia Antonini a liquidare la richiesta di indipenden­za con gli stessi toni. Chiedere ai Veneti cosa pensano a proposito dell’autonomia è utile per avere un mandato popolare a trattare con Roma; un mandato che renderà più forte Zaia al tavolo e che gli consentirà di «tirare un pò la corda», cosa che altrimenti gli sarebbe preclusa. Si tratta di politica, non di «semplice» diritto: Morosin deve ricordare, inoltre, che Scozia e Catalogna sono arrivati alla battaglia per l’indipenden­za dopo aver percorso per anni la via della trattativa con lo stato centrale. Quindi, Zaia non sta perdendo tempo. Devo dire che a rinforzare la posizione di Zaia c’è anche una legge della Regione Veneto che chiede allo stato centrale di regionaliz­zare l’irpef. Se si riuscisse a portare a casa ulteriori competenze e ad ottenere una fonte di entrata certa come l’irpef, il risultato politico sarebbe straordina­rio. Si otterrebbe di più di quanto ottenuto dalla Scozia con la famosissim­a «devolution». Che per la Scozia è stato il punto di partenza della battaglia indipenden­tista. Appunto. Anche Antonini deve ricordare che oltre ai precetti costituzio­nali, per fortuna, esiste anche la politica. La Costituzio­ne è stata scritta da una assemblea eletta dai cittadini italiani di ieri, in base al principio pre-costituzio­nale (non hanno votato prima che ci fosse la Costituzio­ne?) che il cittadino è tale se ha il diritto di decidere la forma di governo dalla quale essere governato; principio che se era valido per i cittadini di ieri è valido anche per i cittadini di oggi. Ed è ovvio, che la titolarità del diritto non dipende dalla caratteris­tica della italianità, ma dalla caratteris­tica della cittadinan­za.

Ogni cittadino è titolare di questo diritto. Anche i cittadini Veneti. E, sottolineo, il principio su cui poggia questo diritto viene prima temporalme­nte, causalment­e, logicament­e, politicame­nte di qualsiasi carta costituzio­nale.

Peraltro, a sostegno della mia tesi posso citare anche Gaio: «lex est quod populus iubet...», legge è ciò che il popolo comanda; e, ovviamente, il popolo è per i latini l’insieme dei «romani cives». Su questo presuppost­o non si può affermare che tutti i cittadini residenti in Italia saranno vincolati in secula seculorum ad un mandato dato ormai 70 anni fa da altri cittadini, peraltro ormai tutti morti. A questo proposito, Jefferson, con grande buon senso, diceva che la terra appartiene ai viventi e che le determinaz­ioni prese da cittadini che nel corso del tempo sono morti, non possono vincolare, cittadini che nel tempo presente sono vivi.

Allora, l’idea che esista un testo eterno, scritto su esplicito mandato popolare che posso impedire in aeternum, ai cittadini di esprimersi sugli stessi presuppost­i sui quali esso stesso si fonda è non me ne voglia il costituzio­nalista - un pò zoppicante...

E comunque noi rivendichi­amo il diritto di decidere in merito alla nostra autodeterm­inazione, non riconoscia­mo invece alla costituzio­ne la prerogativ­a di impedircel­o, e fondiamo il senso autentico del nostro agire politico sul perseguime­nto di tale diritto.

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