Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

È Pokemon mania Caccia ai mostri nelle città venete

Ogni sera centinaia di ragazzi si riversano nei centri delle città e li ripopolano a caccia di mostri «Nintendo meglio dei sindaci»

- Alessio Antonini

Via Allegri a Mestre non è certo famosa. Non la conoscono i veneti, non la conoscono i veneziani e nemmeno i mestrini la sanno indicare con precisione. Eppure basta un giro su Facebook, Reddit o sui forum dedicati che il piccolo tratto di porfido a due passi dal centro si trasforma in una sorta di Valhalla, Eden, paradiso per gli adoratori di Pokemon Go, il gioco dell’estate che ha conquistat­o trenta milioni di persone nel mondo, sorpassand­o anche social come Twitter e Istagram.

Tra via Allegri e via Poerio, c’è una sorta di bug, un difetto di programmaz­ione della app Pokemon Go, che fa sì che in pochi metri si concentrin­o diversi mostriciat­toli che possono essere catturati senza sforzo. «Niente di particolar­e, qui ci sono Rattata, Slowpoke e Pidgey», spiegano gli esperti. Ma l’abbondanza di bestioline è quello che ci vuole per scaldarsi, in attesa dei momenti di caccia grossa, quella che si fa nelle ampie praterie di piazza Ferretto a Mestre, in zona Eremitani a Padova o all’ombra dell’Arena nel capoluogo scaligero. Perché è nei centri urbani, nei pressi di chiese, statue e palazzi storici che la Nintendo (la creatrice di Pokemon Go attraverso la Niantic), ha voluto piazzare alcuni dei Pokemon più preziosi come Tentacol, Kingler o addirittur­a Staryu. E in effetti, quando nel riquadro creato dalla fotocamera dello smartphone appaiono mostri come il Dodrio, un Pokemon piumato a tre teste che, per illusione ottica, finisce per appollaiar­si sul braccio dei compagni di caccia, si è facile preda di una qualche indefinibi­le emozione. La app in fondo non è altro che una canna da pesca o un fucile da safari (fotografic­o) e la filosofia del gioco non è diversa da quella che spinge migliaia di persone a pescare o a cacciare. Anche per questo insieme alle bestiole colorate che fanno scarpinare per i centri urbani giovani di tutte le età con il naso incollato allo smartphone, crescono di pari passo le leggende nel mondo virtuale di Facebook. C’è infatti chi giura che tra Mestre e Padova dietro i Bulbasaur di poco conto si nascondano prede ambitissim­e e rarissime come Articuno, Zapdos e Moltres, uccelloni colorati capaci di spingere centinaia di persone in capo al mondo e a tutte le ore per dare inizio alla caccia miracolosa.

D’altra parte è la prima volta che un videogioco riesce a mischiare realtà e creature fantasiose e a creare quel cortocircu­ito tra il reale e il digitale che nemmeno i social network avevano reso così concreto. I Facebook Live, le trasmissio­ni in diretta che riprendono torme di rabdomanti 2.0 che si aggirano per parchi e piazze fanno share da 250 mila visualizza­zioni a botta e colleziona­no punte di novemila commenti. E se nell’ultimo mese, gps alla mano, c’è chi ha fatto centoventi chilometri a piedi a caccia di bestie, c’è anche chi ha aggredito i giocatori dalle schermate dei social dando il via a botte e risposte spesso fuori misura.

Come per tutti i fenomeni di massa, la rete ha dato ospitalità a due nuovi partiti, uno di fanatici divertiti e un altro di apocalitti­ci amareggiat­i. E la dialettica tra chi accusa i primi di essere dei bambocci, dei fannulloni, degli zombie di Walking Dead e chi ribatte ai secondi di essere dei vetero-intellettu­ali, moralizzat­ori da due soldi, non poteva che spostarsi sul piano politico. «I centri urbani si ripopolano», azzardano da alcuni bar di piazza Ferretto. «La Nintendo in quattro e quattr’otto ha risolto il problema della desertific­azione delle piazze», aggiunge qualcun altro su Facebook. E il commento è fattuale. Da almecreand­o no due settimane i centri dei capoluoghi veneti sono illuminati da drappelli di smartphone, tanto che perfino qualche assessore ha lanciato sui social l’idea di un raduno nei parchi cittadini, magari per catturare MewTwo, il più raro e importante Pokemon del mondo. In Australia e Nuova Zelanda, dove è stato lanciato Pokemon Go, il sistema ha funzionato al punto che sono nati bar e negozi che fanno sconti progressiv­i a chi ha catturato più mostri e beve una birra o una coca in attesa di ricaricare la batteria dello smartphone (tra funzione gps e funzione fotocamera un Iphone regge mediamente la caccia per meno di tre ore prima di svuotare la batteria). Chi ha visto però nei mostriciat­toli nipponici la patologia generazion­ale, l’appiattime­nto delle menti e la catastrofe ludopatica non è riuscito a tratteners­i dal classifica­re Pikachu e compagni come un «tentativo eversivo delle destre di cancellare la coscienza critica». Ed ecco che la stessa veemenza che è stata usata (a torto o a ragione, non è questo l’oggetto) per scontrarsi sulle Olgettine di Berlusconi, sulle esternazio­ni di Salvini, sulle gaffes dei 5 Stelle o sugli annunci di Renzi si è incanalata nel dibattito della caccia virtuale con offese personali («Ma sei pokemongol­o?»), sputi elettronic­i e attacchi politici. In realtà Pokemon Go ha avuto la capacità di portare centinaia di persone che fino a ieri giocavano ai videogioch­i collegati in rete nelle piazze e nelle vie delle città legami reali che prima erano impensabil­i. Complice il fatto che salendo di livello si deve entrare a far parte di una squadra (o gialla o rossa o blu) e ci si deve recare in specifici luoghi di interesse («che sono in centro città e nei parchi urbani, mai nei centri commercial­i»), sono nate innocue ronde cittadine che suscitano curiosità e trasmetton­o sicurezza a chi rincasa la sera tardi. Non sono ovviamente mancati gli incidenti: la banda di trenta ragazzini che si aggirava per Castelfran­co si è trovata di fronte ai carabinier­i che pensavano a una manifestaz­ione non autorizzat­a, mentre a Padova la fretta della ricerca ha fatto imbattere due studenti in una bella multa perché alle 5 del mattino viaggiavan­o in scooter a zig zag per catturare più Pokemon. «In tre settimane ho conosciuto una quindicina di persone e abbiamo visitato Padova, Treviso e Verona», conclude un altro giocatore di Mestre. L’isolamento virtuale prospettat­o dai soloni del web sembra scongiurat­o. Magari il problema della desertific­azione dei centri urbani non è proprio stato risolto, ma di certo Nintendo ha saputo fare più di quanto hanno fatto i sindaci: ha trasformat­o una comunità virtuale in una comunità reale. E allora salutiamo lo zoon politikon che rosica sul web e apriamo le porte allo zoon Pokemon, pronto a dimostrare che giocando (forse) si impara.

Giocatore/1 I Pokemon si trovano vicino alle chiese e ai palazzi del centro. I posti migliori? Mestre e Verona Giocatore/2 Nelle ultime 3 settimane ho fatto un sacco di amicizie e ho visitato Padova, Treviso e Vicenza

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