Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Monaco, rientrati i 300 veronesi «È stata una notte di terrore Adesso a Cracovia dal Papa»

- Enrico Presazzi Davide Orsato

Una tromba di clacson e parte l’applauso liberatori­o di tutto il piazzale. Sono le 20.41 di sabato e i sette pullman varcano i cancelli del parcheggio dello stadio di Verona, dove li attendono centinaia di genitori che trattengon­o il fiato da un giorno intero. Da venerdì sera, quando i cellulari hanno cominciato a squillare a ripetizion­e: «Un attentato a Monaco». Lì nel capoluogo bavarese dove i 300 adolescent­i veronesi diretti a Cracovia per la Giornata Mondiale della Gioventù con Papa Francesco, avevano fatto tappa per la cena. Due ore di «libertà» prima del trasferime­nto in albergo. Le due ore di «inferno» per il capoluogo bavarese, sconvolto dalla follia omicida di Ali Sonboly, il 18enne iraniano-tedesco che ha iniziato a sparare all’impazzata nel vecchio quartiere olimpico.

Ma non appena i 300 ragazzi (tutti del 1999) scendono dalle corriere insieme ai parroci e ai loro animatori, scattano sorrisi, lacrime, abbracci e canti sfrenati. Qualsiasi azione sfoga un’intera notte vissuta con l’incubo del terrorismo. «Allacciate le cinture, viaggiando si impara. Il ‘99 paura non ne ha» intonano le ragazze con i cappellini blu. «Eravamo in un McDonald di Marienstra­sse, in pieno centro. All’improvviso è entrata una coppia urlando e c’era gente che correva nella piazza» ricordano Elena, Alice, Sara, Ester e le altre amiche del gruppo di Dossobuono. Si sono rifugiate nei bagni, poi sono uscite in strada, hanno visto i poliziotti schierati con i mitra e hanno scavalcato i muri di cinta dei giardini, suonando qualsiasi citofono: «Alla fine ci ha aperto un centro estetico e abbiamo aspettato lì». Per gli animatori è stata una prova durissima, come racconta Luca, 24 anni, responsabi­le per il gruppo della Val d’Illasi: «Per fortuna ho il dono della calma - ironizza -. Ho radunato le ragazze e ho cercato di capire cosa stesse succedendo in quei momenti». Qualcuno sfodera le chitarre, partono i canti che coinvolgon­o anche il vescovo Giuseppe Zenti, venuto ad accogliere la comitiva veronese. Papà Luigi e mamma Elisabetta non vedono l’ora di riabbracci­are il loro Luca: «Ci siamo sentiti al telefono, Luca ci ha detto che era bloccato in un McDonald - spiegano i genitori -. Fino a quando non ha varcato il confine, eravamo convinti che si fosse trovato nel fast food dell’attacco ».

Tra gli altri in attesa di riabbracci­are i ragazzi, anche il sindaco di Villafranc­a, Mario Faccioli: «Tornano a Cracovia? Sarà Camilla a decidere». Il gruppo infatti potrà ripartire alla volta della Polonia giovedì. Non solo, per i giovani veronesi ci sarà anche l’opportunit­à di un’udienza privata con il Papa, prevista per sabato mattina, e per loro saranno riservati anche dei pass in prima fila per la veglia serale.

La proposta arriva dai «piani alti» della Chiesa: è stata avanzata in primis da don Michele Falabretti, a capo della pastorale giovanile nazionale, poi è rimbalzata a monsignor Nunzio Galantino (segretario generale Cei), infine è arrivata sulla scrivania di papa Francesco. E proprio Galantino, ne ha discusso con il vescovo Giuseppe Zenti. «Non è solo una bella opportunit­à - spiega monsignor Zenti- ma è anche un segno che il Santo Padre ha voluto dare: non bisogna farsi fermare dalla paura»

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L’abbraccio Gli adolescent­i veronesi all’arrivo da Monaco

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