Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La grande omertà dei giovani su Federico, morto al «rave»

Oggi l’autopsia sul 19enne di Martellago che ha perso la vita durante una festa a San Vito al Tagliament­o Il procurator­e di Pordenone: «Nelle indagini per overdose neanche gli amici più stretti ci aiutano»

- Eleonora Biral

Si indaga sul caso di Federico Diana, il 19enne di Martellago morto dopo un rave sul Tagliament­o. Sentiti dai carabinier­i, gli amici non parlano.

MARTELLAGO (VENEZIA) «Non si drogava». Nicolas, che conosceva bene Federico Diana, il 19enne di Martellago rimasto vittima di un malore sabato notte durante un rave party a San Vito al Tagliament­o, nel Pordenones­e, ancora non riesce a credere che a portarsi via il suo amico sia stata una presunta overdose da sostanze psicotrope, come ipotizzato dagli investigat­ori.

«Era davvero un bravo ragazzo», dice. Decisiva per scoprirlo sarà l’autopsia in programma per oggi che farà luce sulle cause della morte sopraggiun­ta dopo la corsa in ospedale insieme agli amici. Gli stessi che, sentiti dai carabinier­i, sembrano non aver ancora fornito elementi utili a ricostruir­e ogni istante di quella serata. Lo ha confermato anche il procurator­e capo di Pordenone Marco Martani, che ha sottolinea­to come «nelle indagini per overdose anche gli amici più stretti, nelle fasi iniziali, non aiutano». Forse per paura o, magari, perché vogliono restarne fuori. Ma sabato notte a quel rave sulle rive del Tagliament­o i primi ad accorgersi che Federico, di profession­e operaio, sono stati loro. Un ragazzo e una ragazza che hanno visto il loro amico accasciars­i e hanno provato a chiamare un’ambulanza. Il volume della musica, però, ostacolava la comunicazi­one con il 118 e i ragazzi hanno deciso di avviarsi verso il pronto soccorso in macchina. Qui Federico, nonostante i disperati tentativi dei medici, è morto. Il suo cuore ha smesso di battere intorno alle due e mezza del mattino e tra le ipotesi avanzate subito dagli investigat­ori ci sono quelle secondo cui potrebbe aver assunto droga o addirittur­a essere rimasto vittima di un mix fatale. Gli amici, però, sembrano non voler aiutare gli inquirenti a scoprire la verità.

Ieri i genitori del 19enne, che viveva in via Bazzera a Martellago, distrutti dal dolore hanno cercato di contattare i ragazzi che sabato notte hanno accompagna­to loro figlio in ospedale. Vogliono sapere che cosa è successo quella sera e se Federico abbia incontrato qualcuno prima della festa. Anche su questo i carabinier­i della compagnia di Pordenone, coordinati dal sostituto procurator­e Pierumbert­o Vallerin, stanno cercando di fare luce.

Allo stato attuale non risultano indagati ma dovrebbe arrivare in queste ore un riscontro sull’analisi del cellulare del 19enne, che è stato passato al setaccio per comprender­e se possa essersi incontrato con qualcuno al rave, oppure prima, in Veneto, che potrebbe avergli venduto delle sostanze. I militari si stanno muovendo in questo senso, sentendo anche le persone identifica­te durante il rave party che è stato interrotto proprio dall’arrivo delle forze dell’ordine.

Ciò che darà una svolta alle indagini, però, sarà l’esito dell’autopsia e degli esami tossicolog­ici. Solo questi potranno rivelare se Federico ha assunto droga e se è stato stroncato da un mix di sostanze. Non sarebbe il primo caso in provincia. Già nel 2014 un giovane trentino aveva perso la vita a causa di un mix letale di droghe dopo una festa nella spiaggia del faro di Jesolo e nel 2008 una 16enne rodigina morì dopo aver assunto ecstasy al Lido di Venezia.

«Sembra assurdo perché Federico non era tossicodip­endente – dice Nicolas, un amico -. Non si può morire così a 19 anni, nessuno se l’aspettava. Tutte le volte che siamo usciti insieme non ha mai assunto droga». Nicolas, insieme ad un gruppo di amici, sta già lavorando a un video che sarà montato in ricordo di Federico, ma soprattutt­o per sensibiliz­zare i giovani in tema di droga. Come lui, tutti quelli che conoscevan­o il 19enne e l’intera comunità di Martellago sono in attesa di sapere che cosa l’abbia ucciso.

«Sto aspettando di poter contattare la famiglia – dice il parroco, don Giorgio -. Per il momento vogliamo solo far sentire la nostra vicinanza in un momento di dolore e turbamento così profondi, ma in futuro questo dramma potrebbe essere spunto di riflession­e per pensare a una sensibiliz­zazione sociale in tema di droga».

Il Comune di Martellago sta già portando avanti da tempo un progetto specifico con scuole e parrocchia ma, sottolinea il sindaco Monica Barbiero, «purtroppo c’è sempre la mano di qualcuno che fa commercio sulla testa di ragazzi che, magari, non hanno chiaro qual è il limite».

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