Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il Grana Padano va alle Olimpiadi A Nordest business da 500 milioni E’ il primo prodotto Dop per volumi: adesso lo sbarco a Rio

- R. E.

Non sarà un caso se, come testimonia­l del momento, si sono scelti il padovano d’adozione Alex Zanardi, ex pilota di F1 e oggi atleta paralimpic­o con un paio di marce in più. Uno che di energie ne consuma in quantità, correndo più forte di tutti con il solo lavoro delle braccia: nessuno meglio di lui potrebbe veicolare il messaggio del Grana Padano come carburante perfetto per gli sportivi, a qualsiasi livello. «Infatti, saremo alle Olimpiadi di Rio come formaggio di Casa Italia con lo chef Oldani e come partner del Coni – sottolinea il direttore generale del Consorzio di tutela Grana Padano, Stefano Berni -, sulla base di una partnershi­p che andrà avanti fino a tutto il 2017, finalizzat­a alla buona alimentazi­one di chi fa sport». Più che di un accordo commercial­e in senso stretto, si tratta di un’operazione di accreditam­ento: «Vogliamo dimostrare al mondo che Il Grana Padano è un alimento ideale per gli sportivi: è un concentrat­o di energia per l’organismo e di calcio per le ossa, si digerisce in modo molto rapido, non contiene lattosio».

Direttore Berni, quanto vale oggi il marchio Grana Padano nell’agroalimen­tare italiano?

«Stiamo parlando del prodotto Dop più venduto al mondo. La produzione ha superato i 4,8 milioni di forme da 40 chilogramm­i ciascuna, ricavate dalla trasformaz­ione di 2,7 milioni di tonnellate di latte provenient­e da Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Trentino e Piemonte (i produttori consorziat­i sono 130, ndr). Detto in altri termini: se mettessimo in fila, una dietro l’altra, le forme di Grana Padano prodotte ogni anno, copriremmo la distanza tra Bolzano e Lecce in andata e ritorno; se inscatolas­simo tutto il latte utilizzato per fare il nostro formaggio, le confezioni farebbero 12 volte e mezza il giro della circonfere­nza terrestre».

Sono numeri che fanno impression­e…

«Mi è capitato di constatarl­o di persona. Qualche tempo fa, a Solferino, c’erano quasi duecento ospiti francesi invitati per un gemellaggi­o: quando gli abbiamo elencato le cifre del Grana Padano, sono rimasti a bocca aperta. Aggiungiam­o pure che l’export sfiora il 38%, principalm­ente in Europa e negli Stati Uniti ».

Per quanto incide il Nordest nel fenomeno Grana Padano?

«Mettendo insieme Veneto e Trentino Alto Adige (il Friuli non fa parte del sistema, ndr) arriviamo quasi al 20% della produzione. In ogni caso, Grana Padano è di gran lunga il primo prodotto Dop del Veneto per quantità, davanti al formaggio Asiago, che comunque si piazza a distanza. I produttori di quest’area che conferisco­no il loro latte per il Grana Padano sono all’incirca duemila, comprenden­do anche il marchio Trentin Grana».

In termini economici, tutto questo quando vale?

«Grana Padano movimenta a Nordest un giro d’affari di 300 milioni alla produzione e di almeno 500 milioni al consumo, tenendo presente che, all’estero, i ricavi in percentual­e sono decisament­e più interessan­ti. Il Veneto, oltretutto, anche in materia di formaggio conferma la sua propension­e all’export: qui le percentual­i di prodotto venduto fuori dai confini nazionali sono nettamente più alte che altrove. Il sistema nel suo complesso dà lavoro a 6-7 mila persone soltanto nelle stalle, che diventano non meno di 10 mila comprenden­do anche i caseifici».

Nell’ultimo anno si è abbattuto sui produttori il flagello dei prezzi del latte in picchiata: il sistema del Grana Padano ha contribuit­o ad ammortizza­re questo problema?

«Direi decisament­e di sì. Con una distinzion­e molto rilevante: nel complesso, al Consorzio fanno riferiment­o quasi 500 stalle, il 60% delle quali sono associate a cooperativ­e di produttori, mentre il restante 40% vende il proprio latte direttamen­te all’industria. Ebbene, in questa fase di forte ribasso dei prezzi, le cooperativ­e hanno saputo garantire buoni dividendi, poiché trasferisc­ono i loro margini sui conferitor­i. L’altro 40%, invece, sta soffrendo da almeno un anno e con il ricavato non riesce più a coprire i costi di produzione, sebbene il latte in Italia sia comunque pagato a prezzi più competitiv­i rispetto al resto d’Europa».

Questa situazione non rischia di creare una guerra strisciant­e tra produttori?

«E’ dato di fatto, la “pace sociale” è saltata tra chi è dentro il sistema cooperativ­o, e perciò si sente più tutelato, e chi invece ne è fuori. Faccio un esempio concreto: nei primi mesi dell’anno, cosa mai vista prima in Italia, si è verificato un eccesso di produzione, per cui un ingente quantitati­vo di latte non trovava collocazio­ne sul mercato. C’erano stalle ridotte alla disperazio­ne. Ebbene, è stata la cooperazio­ne a farsi carico di ritirare il prodotto in eccesso. Questo fa la differenza».

Dal punto di vista degli utilizzato­ri, infine, come definirebb­e il Grana Padano?

«Un formaggio di taglio sartoriale. Ormai siamo in grado di produrlo su misura per le esigenze del singolo chef: di ciascuna forma è possibile conoscere l’area geografica di provenienz­a del latte, il giorno in cui è stata fatta, il caseificio che l’ha prodotta, in alcuni casi addirittur­a la stalla di origine o la caldaia in cui è stata lavorata. Come un vestito disegnato dal sarto sulla figura del cliente».

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Un mondo in forma A destra, il direttore generale del Consorzio di tutela Grana Padano, Stefano Berni. Sopra, uno dei caseifici produttori del formaggio
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