Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Un edificio su tre a rischio sismico Gli ingegneri: «Prima perizia gratis»

Per mettere in sicurezza il Veneto servirebbe­ro sette miliardi. Inviati nelle zone terremotat­e 44 esperti

- Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Nel Veneto il 30% degli edifici, pubblici e privati, è stato costruito in calce e muratura, non con il cemento armato, perchè sorto prima del 1974, data della legge antisismic­a. Quindi è meno resistente e in caso di terremoto è ad alto rischio. Emerge da studi condotti da Ance e Protezione civile, che il Centro studi del Consiglio nazionale Ingegneri correda con la stima delle risorse necessarie a mettere in sicurezza le abitazioni private della nostra regione: 7 miliardi e 285 milioni di euro. «Il problema è che mentre gli edifici pubblici, come scuole e ospedali, vengono messi a norma con fondi statali, gli altri restano indietro, perchè il privato non può contare su contributi nè su sgravi fiscali — spiega Gian Pietro Napol, presidente della Federazion­e Ordini Ingegneri del Veneto (Foiv) —. Di fronte a costi ingenti, si rinuncia. Anche solo a verificare le condizioni del proprio stabile. Noi ci siamo offerti di eseguire gratuitame­nte l’indagine preliminar­e, pure sui capannoni industrial­i, ma nessuno l’ha richiesta, perchè poi si dovrebbe affrontare una spesa ingente. Il risultato è che i centri storici del Veneto non sono molto diversi da quelli distrutti dal terremoto in centro Italia. Hanno stabili vecchi, costruiti in calce e muratura e per lo più non sottoposti a manutenzio­ne straordina­ria nè ad adeguament­o o migliorame­nto sismico e sono uno attaccato all’altro, cioè in cortina. Perciò in caso di crolli o cedimenti si rischia l’effetto domino».

In Veneto ci sono «zone sismiche» di categoria 2 e 3 (classifica­zione amministra­tiva). E un’area, la Pedemontan­a, di «rischio 1», indicatore di intensità e probabilit­à. Ma quanto costa mettere in sicurezza la propria casa? «Dipende dalle dimensioni e dall’altezza, che è determinan­te — risponde Pasqualino Boschetto, presidente dell’Ordine degli Ingegneri di Padova —. Intervenir­e su piani terra, primo e secondo ha costi più contenuti. Più si sale e più si spende. Comunque si può stimare una forbice tra 100 e 300 euro a metro quadro». Il che significa investire 30mila euro per un appartamen­to di dimensioni medio-grandi e tra i 200mila e i 600 mila euro per una palazzina di quattro piani. Quali sono gli interventi necessari? «Fondamenta­lmente tre — illustra Boschetto — prima di tutto bisogna mettere dentro o fuori dai muri elementi verticali di cemento armato nelle due direzioni ortogonali tra loro, per esempio Nord-Sud ed Est-Ovest, perché non si sa da quale parte arriverà il terremoto. Poi si deve lavorare sui solai: quelli vecchi in legno non sopportano carichi o si deformano, quindi vanno demoliti o rinforzati. Infine è indispensa­bile che tutte le connession­i siano collegate bene agli elementi struttural­i, affinché ci sia trasmissio­ne di forze. Mi spiego: una trave dev’essere collegata bene al muro, sennò in caso di scossa, cade. Prima di partire — avverte il presidente degli Ingegneri di Padova — bisogna affidare ad un esperto la valutazion­e dei punti deboli. Tante volte basta intervenir­e anche solo su quelli, magari su un cordolo che tiene in piedi un edificio».

La normativa antisismic­a, il cui aggiorname­nto è fermo da sei anni, prevede due tipi di intervento: l’adeguament­o e il più economico migliorame­nto. «Ma quest’ultimo, che consente per esempio di passare dal 70% all’80% di stabilità senza ricorrere ad opere struttural­i capaci di assorbire oltre il 25% dei costi, è consentito in pochissimi casi — chiude Boschetto —. Ed è un altro motivo per cui i privati rinunciano a mettere in sicurezza la propria abitazione». Puntano sulla prevenzion­e anche i geologi, che invocano da anni il «Fascicolo del fabbricato». «Permette di conoscere e monitorare nel tempo lo stato di salute e di sicurezza di un edificio — sottolinea Pietro Zangheri, presidente dell’Ordine veneto dei Geologi —. Prevenzion­e significa dotare ciascuna opera, pubblica o privata, di un dossier contenente i dati caratteris­tici: il territorio in cui è inserita, la pericolosi­tà sismica locale, struttura, impianti e materiali che la costituisc­ono, modifiche struttural­i e architetto­niche apportate».

Intanto 44 iscritti alla Foiv stanno per raggiunger­e le zone terremotat­e tra Lazio e Marche, su chiamata della Protezione civile nazionale. «Sono agibilitat­ori formati per entrare in azione nelle emergenze — rivela Napol —. Intervengo­no dopo le ricerche di persone tra le macerie, lavorano in squadre di tre e visitano edificio per edificio per capire se siano agibili e quindi se i residenti possano rientrarvi, quanti danni abbiano subìto e di quali interventi necessitin­o. Lo scrivono su apposite schede da presentare al governo».

Napol I privati rinunciano a rendere stabile la casa, costa troppo Zangheri Ci vorrebbe il fascicolo del fabbricato, per prevenire

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