Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Banche in crisi, dipendenti in crescita

Nel 2016 insegne scese a 40 e sportelli calati a 3.145, ma 621 assunzioni in più di cinque anni fa

- Favero

VENEZIA I riflessi della crisi del sistema bancario veneto sono ben visibili sulle dimensioni del settore. Ma se dal 2008 istituti e sportelli sono crollati, calando rispettiva­mente a quota 40 e 3.145 nel 2016, rispetto al 2011 i dipendenti risultano in crescita di 621 unità. In questo il Veneto si mostra in controtend­enza. «Un’anomalia», ammette Ilario Novella, presidente del comitato regionale Abi. Per il sindacato si tratta di un effetto della stretta sui controlli imposta dalla Bce.

VENEZIA Diminuisco­no le banche e gli sportelli ma aumentano i dipendenti. Nel Veneto delle ex Popolari in crash, delle azioni che si svuotano, delle creative fusioni fra Bcc di territori lontani e delle frettolose quanto arbitrarie incorporaz­ioni succede anche questo e secondo una tendenza opposta a quella di altre grandi regioni del Nord. La dinamica, che anche gli esperti faticano a spiegare, è evidente dal confronto fra i bollettini statistici della Banca d’Italia delle diverse annate dall’inizio della Grande Crisi finanziari­a del 2008 ad oggi.

Otto anni fa nella nostra regione operavano 60 istituti di credito con 3.666 sportelli e 31.914 dipendenti. Tre anni dopo, nel 2011, le restrizion­i imposte dai dissesti internazio­nali avevano già provocato, come per le altre imprese, una visibile ristruttur­azione. Le insegne erano scese a 55 ed una sessantina di filiali avevano cessato di esistere, grazie anche ad alcune aggregazio­ni ed all’affermarsi dei servizi di banca on line. Contestual­mente i lavoratori del sistema bancario veneto erano diminuiti di più di 2.200 unità, assestando­si, alla data del 31 dicembre 2011, a 29.645. Nei quattro anni successivi il processo ha accelerato. Nel mondo del Credito cooperativ­o, scosso da commissari­amenti, ad un sensibile rinnovo dei vertici si sono accompagna­te nuove aggregazio­ni, mentre altre insegne, di presenza marginale, hanno lasciato il Veneto. Questa la situazione aggiornata all’inizio del 2016: le banche sono scese a 40 e gli sportelli a 3.145. Paradossal­mente, però, i dipendenti sono saliti a 30.266 (cioè 621 in più di cinque anni fa).

Per un confronto, in Lombardia nello stesso quadrienni­o si sono perse 10 banche (da 58 a 48) e 725 sportelli (da 6.606 a 5.881), e i lavoratori in meno risultano 9.311 (da 85.428 a 76.117). In Veneto, invece, pare si sia continuato ad assumere. Se vale una relazione fra sportelli e lavoratori, ciascuna filiale mediamente ha guadagnato forza lavoro e tutto questo mentre l’home banking, ossia la possibilit­à di effettuare le operazioni più ordinarie sul web, è esplosa. Perché? «Onestament­e non me ne capacito — ammette Ilario Novella, presidente del comitato Abi del Veneto — e detta così l’anomalia è evidente. È vero che il sistema delle Bcc è stato il principale protagonis­ta della riduzione del numero di banche e di sportelli e, contempora­neamente, non ha arrestato la sua propension­e alle assunzioni di nuovo personale, ma questo da solo non può giustifica­re affatto la crescita dei lavoratori complessiv­i negli ultimi quattro anni».

Gli sportelli veneti, intanto, continuano a scendere al ritmo di 10 al mese e, alla fine di marzo 2016, Bankitalia ne contava 3.114. Da qui a dire, tuttavia, che vi sia per forza una relazione automatica fra tale cifra e quella dei dipendenti, il percorso non è immediato. Per parlare di Veneto Banca, ossia di una delle sigle con i nervi più scoperti e prossima ad una probabile revisione del piano industrial­e presentato nell’ottobre scorso dall’amministra­tore delegato Cristiano Carrus, a contestare chi sostiene vi siano eccedenze di organico è Massimilia­no Paglini, segretaro First Cisl di Treviso e Belluno: «Noi constatiam­o che l’organico è tirato all’osso e che le attività di controllo sui rischi imposte dalle autorità europee richiedono vi sia moltissimo personale nelle direzioni generali. Dunque gli esuberi vanno ricercati sui costi, non sui lavoratori».

Il rafforzame­nto di aree prima forse un po’ troppo fragili potrebbe perciò essere una lettura che spiega perché, alla diminuzion­e delle filiali, non corrispond­a un analogo andamento dei dipendenti. Anche fosse, però, la compensazi­one non durerà a lungo, almeno a sentire Umberto Baldo, storico esponente della Uilca Uil del Veneto: «Non parlerei di esuberi, ma dell’effetto di un cambiament­o epocale dell’organizzaz­ione nelle banche. Riguarda tutto il mondo, non può non toccare il Veneto. Dieci anni fa un cassiere faceva anche 130 operazioni al giorno, adesso spesso non arriva a dieci, i clienti che migrano vanno verso banche molto online e snelle, tipo Fideuram o Mediolanum. Lo sportello serve sempre meno e con i tassi praticamen­te a zero qualcuno per caso sa come recuperare sui margini senza toccare il costo del lavoro?». Gianni Favero © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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