Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

IL VERO SFREGIO DI VENEZIA

- Umberto Curi

Nessuno si sogna, ovviamente, di assolvere o anche solo di giustifica­re gli atti di vandalismo compiuti a Venezia nel corso delle ultime settimane. L’arroganza, l’inciviltà, la mancanza di ritegno o di pudore non possono mai essere tollerate, qualunque sia la forma in cui esse possono presentars­i.

Tutt’altra cosa è, d’altra parte, cercare di capire come sia possibile che comportame­nti di quel genere possano accadere e ripetersi, anche quando coloro che se ne rendono protagonis­ti non siano teppisti in servizio permanente effettivo, ma persone per altri aspetti normalissi­me, abitualmen­te aliene da atti disdicevol­i o criticabil­i.

Allo stesso modo, una comprensio­ne meno superficia­le delle cause di questo fenomeno potrebbe anche aiutare a individuar­e le contromisu­re più appropriat­e, da un lato per sanzionare una condotta riprovevol­e, e dall’altro per disincenti­vare il ripetersi di fatti obbiettiva­mente molto increscios­i.

Nella prospettiv­a ora indicata, le proposte del governator­e del Veneto, o le minacce del sindaco di Venezia, sono a nostro giudizio inadeguate, frutto della volontà di fare la faccia feroce, più che un modo per fronteggia­re convenient­emente il vilipendio della città. Zaia si è preso la briga di scomodare il presidente Mao, ricorrendo ad una citazione – «colpirne uno per educarne cento» – il cui significat­o bellico avrebbe dovuto ispirare maggiore prudenza.

Brugnaro non è andato per il sottile, auspicando la galera per i deturpator­i dell’onore della città. In entrambi i casi, ciò che colpisce – e che dovrebbe essere ragione di allarme – non è tanto l’evidente sproporzio­ne fra le colpe che si vorrebbero reprimere e l’entità delle pene invocate.

Colpisce e preoccupa la cecità nei confronti di un fenomeno che, paradossal­mente, i casi all’ordine del giorno hanno sbattuto in faccia a tutti, a cominciare dai politici e dagli amministra­tori.

Per dirla in termini semplifica­ti: tu puoi pretendere il rispetto e la buona educazione se, in quanto investito di una responsabi­lità pubblica, dimostri concretame­nte e per primo rispetto e buona educazione.

Puoi essere inflessibi­le verso l’orda dei barbari che calano in laguna, se lo sei anzitutto verso i residenti. Puoi esigere la correttezz­a della condotta che si deve assumere in un museo o in una chiesa, se testimoni una analoga correttezz­a mediante la salvaguard­ia e la tutela di ciò che ti è stato affidato.

Insomma, se il visitatore che arriva a Venezia deve affrontare fin dall’inizio una vera e propria via crucis, imparando che il parcheggio dell’auto non è un diritto, ma una concession­e discrezion­ale pagata a caro prezzo, che il viaggio in vaporetto è un’avventura disagevole e costosa, che per un pasto in una trattoria è necessario fare un mutuo, che la visita di alcuni luoghi d’arte è spesso subordinat­a alla disponibil­ità sottobanco di guardiani compiacent­i, che una bottigliet­ta di acqua minerale può valere come un calice di champagne di marca, che alcuni luoghi che dovrebbero essere riservati al culto sono invece dedicati al mercimonio degli oggetti più diversi – se accade tutto ciò, non vi è da stupirsi se poi le «risposte» sono in qualche modo allineate a uelle che si potrebbero considerar­e suggerimen­ti, se non vere e proprie provocazio­ni. Ma le scoperte più sorprenden­ti il visitatore sarebbe indotto a farle, se verificass­e che cosa fanno gli amministra­tori pubblici (Sindaco e Governator­e in testa) per evitare il degrado cronico e struttural­e di questa meraviglio­sa città. Fare la pipì su un muro, soprattutt­o se è del Cinquecent­o, è cosa comunque censurabil­e. Ma lasciare che un sito unico al mondo sia ridotto ad un ibrido fra un souk e Disneyland, è una colpa maggiore e non perdonabil­e. Umberto Curi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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