Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Nei paesi a rischio «Qui c’è poco di antisismic­o»

Scuole e ospedali fuori norma, ma almeno il «pubblico» ci prova I privati no e Amatrice non li cambia: «Impresa costosa e improba»

- Marco Bonet (In foto, Serravalle)

Viaggio nella «lingua viola», quella che per l’Istituto nazionale di geofisica rappresent­a il massimo grado della pericolosi­tà sismica in Italia, tra Treviso e Belluno. Gli abitanti convivono col rischio. Il sindaco. «Stiamo facendo un grande sforzo, soprattutt­o sulle scuole».

VITTORIO VENETO (TREVISO) Nel cuore della «lingua viola», quella che per l’Istituto nazionale di geofisica rappresent­a il massimo grado della pericolosi­tà sismica in Italia, la protezione civile c’è, ma è per via di una gara ciclistica, smista il traffico e si gode la fuga. Nel cuore della «lingua viola», quella che s’incunea al confine tra le province di Treviso e Belluno avvolgendo come un magma Vittorio Veneto e Tarzo, Fregona e Farra d’Alpago, Tambre e Revine Lago, Cison di Valmarino e Follina, la gente se ne sta seduta al bar, tra il «Lux» e il «Caffè nuovo unione», beve spritz e mangia olive, sfogliando i racconti della tragedia lontana: «Poareti, terribile». Non sa o finge di non sapere o non vuol sapere, che per gli studiosi e le carte rilanciate in questi giorni tremendi dai giornali e le tivù, qui a Vittorio Veneto, sulla terra morenica fatta di detriti, falde e fiumi sotterrane­i, si sta come si stava ad Amatrice una settimana fa.

«E che ci possiamo fare? - allarga le braccia un signore intento a celebrare con un amico il rito dell’aperitivo -. “Rimozione” questa è la parola chiave: sappiamo che può succedere ma non ci facciamo caso, passiamo oltre e sarà quel che sarà». Lui sta in una casa del Quattrocen­to (non anti sismica) e cerca di convincerc­i che l’alternativ­a è una vita angosciata, col Valium al posto delle olive, e poi magari il terremoto manco arriva. «A Serravalle l’ultimo terremoto è stato 400 anni fa» ricorda l’amico (pure lui casa non antisismic­a) che con gli occhiali sulla punta del naso analizza la cartina da esperto collaudato («Qua è sbagliata, secondo me»). Insomma, «il terremoto potrebbe buttare giù tutto domani ma potrebbe anche lasciarci tranquilli per altri 400 anni, no?». Che senso ha buttare i soldi nella messa a norma?

Abbiamo parlato con una decina di persone tra piazza del Popolo, i giardini di fronte, il «Bar Lux» e il «Caffè nuova unione». Tasso di conoscenza del rischio sismico nell’area: 100% (con più o meno passione per i tecnicismi); tasso di preoccupaz­ione: 20%; tasso di voglia di spendere soldi per l’adeguament­o alle più recenti norme salvavita: 0%. D’altronde, si parla di cifre attorno ai 300 euro al metro quadro: «E a mi chi xé

che me dà i schei?». Tocca fidarsi, come ci confessa Franca, la vecchia proprietar­ia del Caffè, che ancor oggi vive al piano di sopra, in un palazzo anni Settanta: «Mi hanno detto che è pieno di ferro, io ci credo» (casa forse anti sismica). Progetti? Macché. Libretto dell’abitazione? Ma va. D’altronde, con l’eccezione di chi se l’è costruita, chi sa davvero cosa c’è nei muri di casa? «Io e mio marito siamo di Conegliano, per fortuna» sorride una cliente. Ma la Franca la fulmina: «Non sta preocupart­e, se arriva il terremoto qui tira giù anche voi». Così, dritto-perdritto, strappa un sorriso amaro e in silenzio, scacciando il pensiero, vien da chiedersi se magari anche lì, in Centro Italia, una volta provavano ad esorcizzar­e la paura col fatalismo e l’ironia.

Un impiegato del Comune, Luca Borin (casa anti sismica, crede), ci racconta che anche se si ricordano parecchio bene la notte tragica del Friuli del 6 maggio 1976, l’ultimo terremoto a Vittorio è stato nel 1936, con danni al seminario vescovile e al duomo. La città s’è poi sviluppata soprattutt­o negli anni Sessanta e Settanta quando le normative antisismic­he o non esistevano o erano quello che erano, quando si doveva costruire molto, in fretta, cavalcando l’onda del boom. «Chi è in grado di dire oggi come all’epoca sono state fatte le case in cui abitiamo?». Comunque adesso il Comune è stato inserito in «zona 1» e questo, almeno sul piano della burocrazia, dovrebbe imporre qualche cautela in più. Denari permettend­o, come al solito.

«Stiamo facendo grandi sforzi su questo fronte - ci dice il

sindaco Roberto Tonon (casa anti sismica) - sforzi a onor del vero iniziati già con l’amministra­zione precedente (leghista, mentre lui è del Pd, ndr.). Ci stiamo concentran­do soprattutt­o sulle scuole: prima la materna, 400 mila euro, poi sarà la volta delle elementari e delle medie, con progetti attorno ai 700 mila euro, tutti soldi da conteggiar­e nel Patto di stabilità». Ne consegue che, fino a quando i lavori non saranno conclusi, le scuole non sono a norma. «Tecnicamen­te sì. Però sa, la scuola di Amatrice era nuova di zecca, sicurissim­a per i tecnici, all’avanguardi­a e sappiamo com’è andata a finire» ragiona Tonon guardando fuori dalla finestra del municipio (150 anni d’età, certamente non anti sismico). Già, è crollata e quelle macerie sono diventate uno dei simboli della tragedia, di sicuro quello di una certa Italia degli appalti e dei lavori pubblici «a regola d’arte». Poco distante, a Norcia, muri e tetti però hanno retto. «È vero, per questo si deve intervenir­e. Di recente ho chiesto rassicuraz­ioni anche al direttore generale dell’Usl per l’ospedale: il progetto c’è, i fondi sono stati stanziati, manca solo il bando di gara. Dobbiamo fare in fretta». Significa che neppure l’ospedale è a norma? «No, non lo è». Che poi, che vuol dire «a norma»? Quando l’abbiamo chiesto molti (sindaco compreso) ci hanno domandato di rimando: «A quale legge si riferisce?». Perché mica ce n’è una sola, la prima è del 1974, l’ultima è stata approvata dopo L’Aquila nel 2008 «e quindi chiunque può dire che, al momento della costruzion­e, la sua casa era a norma. E oggi non lo è più».

Per questo l’assessore regionale all’Ambiente e alla Protezione civile, Gianpaolo Bottacin, che vive pure lui nella «lingua viola» (casa non anti sismica) si arrabbia: «Invece di fare mille ritocchi ad ogni tragedia basterebbe prendere la normativa più all’avanguardi­a, quella giapponese, e fare copia e incolla». Ma poi per stare tranquilli ci si dovrebbe adeguare e i soldi chi li mette? «Le cifre le stiamo leggendo tutti sui giornali: si parla di centinaia di miliardi, una spesa colossale alla quale, onestament­e, è impossibil­e dire come si potrebbe far fronte». Il pubblico ha le casse vuote e procede (lentamente) per priorità, sperando di arrivare a fine lista prima che sia troppo tardi. I privati, per quel che abbiamo sentito, preferisco­no giocare a scacchi col destino: «Detto che a molti degli incontri che organizzo con i sindaci, lontani dall’eco delle emergenze, si presentano mediamente tre o quattro persone, alcuni interventi andrebbero imposti - prosegue Bottacin - perché di democrazia partecipat­a alle volte si rischia di morire». Magari con sgravi fiscali o incentivi edilizi in stile Piano Casa, come suggerito dal sindaco Tonon? «Finora tutte le strade tentate si sono rivelate inutili - va giù piatto l’assessore - e poi diciamocel­o onestament­e: come possiamo intervenir­e su centri storici e borghi? Si dovrebbe radere tutto al suolo e ricostruir­e in stile, una cosa impensabil­e».

E dunque, resta tutto più o meno com’è, par di capire non per scelta ma per condizione. A Vittorio Veneto come sul Fadalto, dove sotto i plinti vertiginos­i della A27 (antisismic­i, ci assicurano, e si spera) vivono oramai solo anziani e stranieri, o come nei piccoli Comuni che tra il Cansiglio e il Nevegal aprono le porte del Bellunese («Ci vivono persone d’una certa età soprattutt­o, come me - sbotta la signora Franca - e di qualcosa si deve pur morire prima o poi, no?»). O come a Serravalle, dove la casa più vecchia fu tirata su nel 1300 e il castello addirittur­a dai romani e basta una passeggiat­a in piazza Flaminio per immaginare cosa potrebbe accadere. «Abbiamo realizzato lavori di consolidam­ento, i soliti insomma, ma di adeguament­o anti sismico no» spiega il parroco del duomo, don Ermanno Crestani (canonica non anti sismica). «Furono fatte anche delle esercitazi­oni tanti anni fa, neppure le ricordo più. Ma i miei parrocchia­ni sono tranquilli, io sono tranquillo e sì, insomma, non credo troverà molte soddisfazi­oni - ci congeda accogliend­o una coppia di futuri sposi - qui è davvero tutto tranquillo». Marco Bonet © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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 ??  ?? Secondo la mappa di pericolosi­tà sismica del territorio nazionale messa a punto dall’Istituto di Geofisica e Vulcanolog­ia e dalla Protezione civile, l’area compresa tra le province di Treviso e Belluno presenta un grado di pericolosi­tà sismica massimo...
Secondo la mappa di pericolosi­tà sismica del territorio nazionale messa a punto dall’Istituto di Geofisica e Vulcanolog­ia e dalla Protezione civile, l’area compresa tra le province di Treviso e Belluno presenta un grado di pericolosi­tà sismica massimo...
 ??  ?? Città fragili In alto, il centro storico di Serravalle, il nucleo originario di Vittorio Veneto. I palazzi più antichi risalgono al XIV secolo. In basso, l’ospedale di Vittorio Veneto: non rispetta le norme anti sismiche
Città fragili In alto, il centro storico di Serravalle, il nucleo originario di Vittorio Veneto. I palazzi più antichi risalgono al XIV secolo. In basso, l’ospedale di Vittorio Veneto: non rispetta le norme anti sismiche
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