Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

IL BIMBO, IL DISEGNO E IL CIRCOLO VIZIOSO

- di Stefano Allievi

Durante le vacanze estive, nel Chianti, ho assistito alle attività ludiche di alcuni bimbi in un parco giochi di un piccolo paesino.

Nell’atto di prepararsi alla conquista della preziosa postazione di un cavallino a molla, a spese di un altro bambino, un ragazzino ha lanciato il fatidico grido: «Allahu Akbar!», cacciando il più piccolo dalla sua cavalcatur­a. Erano tutti italianiss­imi. L’altro giorno, a Verona, un bimbo marocchino di otto anni ha disegnato un bambino munito di qualche tipo di esplosivi: interrogat­o dagli educatori, solertemen­te insospetti­ti, avrebbe detto di voler fare, da grande, il kamikaze. Quale la differenza tra i due episodi? Che il primo non ha avuto l’onore di balzare alla cronaca dei giornali, il secondo sì (con il contorno, in alcuni media, di espression­i come «frase shock», la descrizion­e delle armi come «cinture esplosive» – cosa che gli inquirenti hanno poi smentito – e fotografie di bambini con in mano il kalashniko­v più o meno riconducib­ili al Califfato, tanto per sdrammatiz­zare… – con il risultato di produrre la tradiziona­le sequenza di insulti antiislami­ci nei commenti online). Ma forse, se il bimbo chiantigia­no fosse stato marocchino, e quello veronese un autoctono veneto, sarebbe stato il contrario. Doveroso parlarne col bimbo, accertarsi con la famiglia che nulla stia accadendo. E sempre meglio avvisare l’autorità giudiziari­a, non si sa mai. Tuttavia la domanda viene spontanea. Se il bimbo fosse stato di altra religione (cattolico, ebreo, ortodosso), o magari figlio di persone impegnate politicame­nte nell’estrema destra o nell’estrema sinistra, o di ultras calcistici (che con la violenza un po’ a che fare ce l’hanno), e avesse fatto lo stesso disegno, il caso avrebbe avuto lo stesso rilievo e ricevuto lo stesso trattament­o mediatico? E’ lecito dubitarne. Non c’entra né il fondamenta­lismo né l’islamofobi­a, entrambe categorie fuori luogo. Ed è ovvio che l’allarme intorno al terrorismo islamico è più che giustifica­to. Dalle indagini tuttavia è emerso che la famiglia è perfettame­nte estranea a qualunque forma di estremismo o percorso di radicalizz­azione. Sempliceme­nte il bimbo di Verona (che sia d’origine marocchina è in questo caso incidental­e), come quello del Chianti, sente l’aria che tira e quello che gira in tv, lo respira e lo restituisc­e in altra forma, come in una specie di fotosintes­i culturale. Perché allora farne una notizia? Non bastava archiviare la cosa, punto e basta? Che senso farne un dibattito? Forse è il segnale che qualcosa sta cambiando, sottilment­e, dentro di noi. Che a furia di parlarne, abbiamo fatto diventare qualunque cosa cui si applicabil­e l’aggettivo musulmano o islamico – ma proprio qualunque – occasione di visibilità per chi la rileva: a sua volta facendosi eco di una ulteriore mediatizza­zione che, come in un circolo vizioso, rende ogni cosa eccezional­e, unica, e pericolosa. Al prezzo – non per i musulmani, ma per noi che non lo siamo – dell’incomprens­ione, e di una progressiv­a distorsion­e dello sguardo. Che rischia, paradossal­mente, di renderci più ciechi, o meno ricettivi, a quello che è il vero pericolo. Perché tutti i bambini, con qualunque retroterra, fanno disegni di questo tipo, o anche assai più raccapricc­ianti e inquietant­i, come ogni psicologo, ma anche ogni insegnante, e quasi ogni genitore appena attento, può testimonia­re. Mio figlio ha passato anni a disegnare figure armate, e lo fa tuttora (e io pure, per inciso, pur finendo obiettore di coscienza). Ma nessun insegnante mi ha mai contattato per voler conoscere i genitori di cotanto pericolo. E in ogni caso, nessuno avrebbe passato la notizia alla stampa. Il problema, temiamo, non è nei bambini, ma nei grandi: che sovrainter­pretano ogni episodio, anche inconsapev­olmente (e qualche volta scientemen­te lo strumental­izzano a fini propri). Come successo, in tutt’altro ambito, nel caso di presunti abusi sessuali su bambini, dedotti da disegni o racconti infantili, che interpreta­ti con occhio distorto e prevenuto hanno creato casi di padri innocenti sbattuti come mostri in prima pagina. L’attenzione è doverosa, dunque; ma la cautela pure. A rischio di creare, altrimenti, altri mostri. Stefano Allievi © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

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