Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Stop alle grandi navi ma urgono decisioni rapide e non dibattiti infiniti

- Filippo Olivetti*

Le navi non devono più passare davanti a San Marco. Questa è un’opinione ormai condivisa universalm­ente, dalla filiera marittima all’intera città di Venezia, all’opinione mondiale. Così come tutti ritengono urgente l’individuaz­ione di una soluzione alternativ­a al passaggio. Tuttavia, spiace rilevare come esista ancora, seppur in quota minoritari­a, chi, a suon di parole, si ostini a ritardare una scelta decisiva per lo sviluppo socio economico del territorio.

Per questi, ora è arrivato il momento del «dibattito pubblico»: è questo lo strumento che per i «soliti noti» contrari alle Grandi Navi, ma forse contrari a tutto, dovrebbe risolvere il problema. Ancora una volta, anziché mettere da parte sterili polemiche favorendo rapide soluzioni, si cerca di procrastin­arle all’infinito, sperando che il tempo le risolva. Sono ormai trascorsi quattro anni e mezzo dal decreto Clini-Passera, e in questo lasso di tempo si sono succedute svariate manifestaz­ioni, centinaia di articoli di giornali locali, nazionali ed internazio­nali. Il tutto condito dalle mistificaz­ioni più assurde legate all’impatto ambientale e sulla sicurezza delle navi, oltre alle strumental­izzazioni politiche a 360 gradi.

Il risultato di questo stillicidi­o è che una città intera attende con ansia la soluzione definitiva. Tra tutte le proposte avanzate, gli armatori e gli stakehoder­s dell’industria navale, che nel frattempo hanno volontaria­mente autolimita­to la stazza delle proprie flotte, hanno bocciato categorica­mente i progetti di avamporto siano essi al Lido, a Punta Sabbioni o a Malamocco. La stazione crociere fuori dalle dighe non può funzionare per il traffico di porto capolinea che Venezia, assieme ad altri pochissimi scali nel mondo è riuscita a conquistar­si grazie ad un lavoro straordina­rio nel corso degli ultimi 15 anni che lo ha posto ai vertici mondiali.

Un primato che si traduce in ricadute significat­ive per l’indotto economico ed occupazion­ale della Regione Veneto. E per non affondare uno dei più

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