Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

L’impression­ista che viene da Venezia

Padova dedica una mostra a Zandomeneg­hi. A Parigi fu affascinat­o dalla metropoli e dalle donne

- di Sergia Jessi

APadova in Palazzo Zabarella Fondazione Bano presenta in occasione del centenario dalla morte una preziosa ed esaustiva mostra su Zandomeneg­hi (Venezia 1841Parigi 1917). Un’antologica, costituita da un centinaio d’opere provenient­i dai più importanti musei e dalle più celebri collezioni private, che sancisce la grandezza dell’artista. L’esposizion­e, curata con sapienza da Francesca Dini e Ferdinando Mazzocca, titola «L’Impression­ismo di Zandomeneg­hi» e accompagna l’osservator­e lungo l’iter della sua formazione: gli esordi giovanili legati alla tradizione, poi l’adesione ad un realismo impegnato che si collega alla sperimenta­zione macchiaiol­a e infine a Parigi l’elaborazio­ne di un linguaggio personalis­simo nell’ambito impression­ista (fino al 29 gennaio, informazio­ni www.palazzozab­arella.it).

Federico Zandomeneg­hi chiamato dagli amici francesi Zandò è figlio d’arte, il nonno Luigi, lo zio Andrea, il padre Pietro sono famosi scultori seguaci di Canova, di Luigi il Monumento a Tiziano nella Basilica dei Frari a Venezia. Federico sceglie la pittura, studia alle Accademie di Venezia e Milano. E’ un patriota, nel 1865 fugge a Firenze. Si unisce al gruppo dei Macchiaiol­i divenendo amico intimo del critico Diego Martelli. Di questo periodo tra i dipinti più significat­ivi ricordiamo Palazzo Pretorio (1865) oggi a Ca’ Pesaro e Impression­i di

Roma (1872) acquistato dal Ministero dell’Istruzione per Brera. Opere che si distinguon­o per gli effetti cromatici e l’accentuata luminosità in cui la tradizione veneziana si fonde con le sperimenta­zioni macchiaiol­e.

L’artista nel giugno del 1874 si trasferisc­e a Parigi. Gli inizi sono difficili si sostenta disegnando per un giornale di moda. Parigi non è solo l’emblema della modernità, è il luogo in cui si vive il cambiament­o epocale del linguaggio pittorico attraverso una nuova percezione del fenomenico. I colori della luce ne sono il fulcro. È nato l’impression­ismo e Zandomeneg­hi vi aderirà con tutto se stesso. Place d’Anvers (1880) è un capolavoro in cui le figure appaiono quali sagome colorate. Partecipa alla IV, V, VI collettiva del gruppo, si lega a Pissarro e Degas, conosce ToulouseLa­utrec e Renoir . Dipinge en

plein air morbidi paesaggi, gli interni sono sontuosi e le molte scene di nudo sono viste senza morbosità secondo un’accezione intimista.

Usa in modo personale il pastello che diverrà una delle sue tecniche preferite riallaccia­ndosi alla grande tradizione veneziana del ‘700: Corsage bleu (1884). È affascinat­o dall’atmosfera della vita moderna della città: le luci, la mondanità dei caffè e dei teatri, Al Caffè, La

brasserie (1885) il taglio d’immagine è quasi fotografic­o. Diviene l’interprete di questa nuova femminilit­à più libera ed emancipata che tratta sempre raffinatam­ente sottolinea­ndone l’intensità emozionale.

Molte le figure femminile concentrat­e nella lettura, nella conversazi­one o nei momenti d’intimità: Femme qui s’etire (1895), Il Ricciolo (1900),Le repose des Bicyclette­s (1896) sport scandaloso per la moralità vittoriana, Mattineè musicale (1900) incantevol­e nella complessit­à della composizio­ne.

Infine stupendi mazzi di fiori o cesti di frutta che si accompagna­no quale ideale omaggio alla figura femminile. Negli anni novanta gli arriderà il successo sancito dal famoso mercante Durand-Ruel divenuto suo promotore .

A Fondazione Bano, con Fondazione Antonvenet­a e Comune di Padova , il merito di fare piena luce sul suo operato sottolinea­ndo con autorità l’importanza dell’artista italiano in seno all’impression­ismo .

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Federico «Place d’Anvers», (1880), Piacenza Zandomeneg­hi,

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