Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LA SVIZZERA CHE DIMENTICA KANT

- di Umberto Curi

«Originaria­mente nessuno ha più diritto di un altro ad abitare una località della terra». Così scriveva Immanuel Kant nel saggio «Per la pace perpetua»..

«Originaria­mente nessuno ha più diritto di un altro ad abitare una località della terra». Così scriveva Immanuel Kant nel saggio «Per la pace perpetua», pubblicato alla fine del Settecento. Il filosofo collegava poi questa affermazio­ne a ciò che egli definiva come «ius cosmopolit­icum», secondo il quale si deve riconoscer­e «il diritto che uno straniero ha di non essere trattato come nemico a causa del suo arrivo nella terra di un altro». Senza il rispetto delle due condizioni ora enunciate non è possibile immaginare una situazione di pace durevole. Sarà anzi inevitabil­e - notava Kant che si imponga uno stato di guerra di tutti contro tutti.

Non hanno certamente meditato sul testo kantiano i promotori del referendum, svoltosi recentemen­te nel Canton Ticino e approvato con ampia maggioranz­a, con lo slogan «Prima i nostri». Per i cittadini del Veneto, la consultazi­one elvetica sarà apparsa un evento normale, per molti aspetti familiare. Infatti, per impulso della maggioranz­a di centro-destra che da tempo immemorabi­le governa questa regione (ma anche senza una vera e propria opposizion­e da parte del centrosini­stra), nello Statuto regionale entrato da poco in vigore è scritto infatti esplicitam­ente «Prima i Veneti». A ciò si aggiunga che, a conferma della rapida diffusione dei virus più aggressivi, vi è da aspettarsi che, presto o tardi, la rivendicaz­ione di priorità venga rilanciata anche da altre regioni, e poi all’interno di esse. Con la prospettiv­a di trasformar­e il paese intero in una aggregazio­ne di microrealt­à, ciascuna sigillata dentro i propri confini e gelosa della propria presunta autosuffic­ienza. Ma proviamo a capire quale grado di ragionevol­ezza detenga la proclamazi­one del primato – dei Ticinesi o dei Veneti – prescinden­do momentanea­mente da valutazion­i di carattere morale.

Il primo problema riguarda una chiara definizion­e del criterio di inclusione. Come faccio a stabilire quali sono i «nostri», per i quali pretendo il «prima»? Quali requisiti si debbono possedere per rientrare fra i «nostri»? Si può ritenere che la nascita sia condizione necessaria e sufficient­e? Ma quanti sono nati qui, e poi hanno sempre vissuto altrove o, correlativ­amente, quanti pur non essendo autoctoni, si sono da tempo pienamente assimilati alla cultura, agli usi e ai costumi del Veneto? E poi: nel momento in cui si voglia introdurre un criterio di priorità sulla base dell’appartenen­za, è logicament­e consequenz­iale che questo criterio venga applicato rigorosame­nte.

Il che vuol dire che, in presenza della necessità di scegliere i destinatar­i di alcuni vantaggi o privilegi, dovrò non solo poter distinguer­e fra Veneti e non Veneti, ma anche, utilizzand­o lo stesso criterio, all’interno dei Veneti.

E allora? Prima i Padovani o prima i Veronesi? E poi, se prima i Padovani, prima quelli della città o quelli della provincia? E nel caso prevalga la città, prima i residenti in quel quartiere o piuttosto in quell’altro?

Non è difficile immaginare dove si vada a finire, se si vuole restare fedeli a un criterio definito in termini territoria­li, come quello appunto applicato in Svizzera. E non è neppure difficile immaginare che, presto o tardi, gli abitanti degli altri cantoni elvetici proporrann­o di escludere i Ticinesi, in nome di «Prima i Bernesi» o «Prima i Ginevrini».

Insomma, aveva ragione il buon Kant. Se si violano quei due elementari princìpi, ci precipita come pecore matte verso la guerra di tutti contro tutti.

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