Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Lavoro e investimenti quanto hanno pesato le riforme di Renzi
«Dopo il Jobs Act resterà un posto su due» Incentivi: mezzo miliardo per la defiscalizzazione
VENEZIA Dalle assunzioni agli investimenti per i macchinari. Mentre il governo annuncia che dal 2017 termineranno gli incentivi per le assunzioni, siamo andati a vedere sul fronte del lavoro quanto hanno «pesato» le riforme di Renzi in Veneto. Quasi mezzo miliardo di euro nel solo 2015 è la cifra risparmiata dalle aziende con la defiscalizzazione. I nuovi contratti sono stati 220 mila: le stime dicono che uno su due non durerà.
VENEZIA Quasi mezzo miliardo di euro nel solo 2015, tanto è costato allo stato l’investimento sulla defiscalizzazione per le nuove assunzioni e le trasformazioni incentivate in Veneto. Sono stime prudenziali e perciò realistiche (Veneto Lavoro calcola che le tasse risparmiate dai datori per persona siano 8060 euro l’anno e moltiplica la cifra per i 117.000 assunti con le defiscalizzazioni. Va da sé che non tutti sono stati assunti l’1° gennaio ma nel corso dell’anno e quindi la cifra risparmiata a lavoratore scende a una media di 3700 euro). L’incentivo resiste in forma ridotta anche nel 2016 mentre il ministro Poletti ha detto che difficilmente ci saranno stanziamenti per il 2017.
Ma torniamo ai dati che misurano l’impatto. Sul finire dello scorso anno gli assunti a tempo indeterminato, di cui una parte a tutele crescenti, hanno sfiorato quota 212.000 (non tutti hanno chiesto la defiscalizzazione). Subito dopo hanno iniziato una lenta e, sembra, inesorabile discesa arrivando a oggi intorno ai 140.000. Veneto Lavoro ipotizza due scenari. Il primo, più «catastrofista» ma meno probabile, dice che allo scadere delle agevolazioni contributive, di posti di lavoro veri restino solo le briciole, 10.000 circa. Il secondo scenario su cui punta l’agenzia regionale, invece, ritiene che a fine triennio ci si attesterà poco sotto i 100.000 posti. Vale a dire che un po’ meno di un neoassunto su due, manterrà il suo lavoro. Per ora, valutando il solo 2015, «resiste» l’85% dei nuovi posti di lavoro.
Dall’occupazione ai macchinari. Fino all’anno scorso sul tavolo c’era la legge Sabatini che prevede una serie di sconti fiscali. Il Nordest, in cui il Veneto fa la parte del leone, è la seconda area per numero di richieste presentate: 4702 pari al 39% del totale con finanziamenti che vanno dai 100.000 fino al milione di euro. La vera svolta, però, è la norma sul super ammortamento varata esattamente un anno fa dal governo Renzi. La quota del 150% di sconto fiscale sul valore dell’acquisto ha fatto gola a molti e visto il tessuto imprenditoriale veneto la ricaduta potrebbe essere doppia: sia per gli incentivi, sia per l’aumento degli ordini di produzione. Una boccata d’ossigeno quanto mai necessaria visto che secondo l’ultimo censimento di Ucimu, l’associazione di categoria, dal 2005 al 2014 il «parco macchine» industriali del Triveneto è calato del 19,9%.
L’impatto della riforma del mercato del lavoro varata dal governo Renzi col Jobs Act, insomma, è sfaccettato e, per questo, difficile da mappare. Non a caso, se si clicca su «Studi e statistiche» nell’home page del ministero del Lavoro compare una scritta laconica «not found». Armati di pazienza, spulciamo report su report. Se la parte del leone la fanno proprio i nuovi contratti di assunzione - che per il 65% sono di fatto trasformazioni nella stessa azienda di altri contratti - va esaminato anche il peso dei tirocini. Escludendo quelli curricolari legati agli studi universitari, i numeri in continua crescita sono degni di nota: 37.000 in un anno da agosto 2015 a agosto 2016. Per sapere, però, complessivamente, quanti di questi si sono trasformati in una vera esperienza lavorativa toccherà attendere un paio di mesi. Per ora ci si può basare su due indicatori: la ricollocazione media (50%) e il certosino osservatorio dell’agenzia regionale sull’andamento del Programma Garanzia Giovani in Veneto che prevede, appunto, un tirocinio finale. Dai report di monitoraggio mensili, il 67% dei tirocinanti ha poi effettivamente lavorato e, fra questi, il 31% è arrivato a superare i 6 mesi di lavoro (ovvero un quinto del totale tirocinanti). «Un aspetto interessante – rileva Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro – è che il 20% dei tirocini è legato a politiche regionali mentre il resto è connesso a centri per l’impiego, fondazioni e altri soggetti. Il fatto che il tirocinio non sia spinto da politiche finanziate è positivo, si autosostiene».
I termini, poi, restano gli stessi ma i contenuti cambiano col cambiare delle normative e degli strumenti: l’apprendistato, nonostante una ripresa (+14% nel secondo trimestre 2016), vive un momento di crisi. I tirocini, invece, sembrano piacere di più e funzionare meglio con oltre 19.000 aziende ospitanti nel 2015 (+31% rispetto ai due anni precedenti). Merito soprattut- to del meccanismo attivato da Garanzia Giovani, che finora ha attratto ogni anno oltre 30.000 persone sotto i 30 anni e che al momento dell’adesione non studiavano e non lavoravano. E se un tempo i tirocini erano legati alle stagioni, oggi, risultano spalmati nell’arco dell’anno.
Un tentativo di «rivoluzione» c’è stato e il Veneto è fra le regioni che più stanno cercando di quantificare l’impatto reale delle riforme con da un monitoraggio costante. Però di rivoluzione «zoppa» si tratta visto che la partita dei Centri per l’impiego è congelata da un anno, ovvero manca il sostegno promesso agli oltre 140.000 disoccupati in regione di cui metà con un’indennità di disoccupazione e metà senza. «Dal Jobs Act – spiega Barone – ci aspettiamo una crescita della disoccupazione senza sostegno perché i tempi della cassa integrazione si sono ridotti. In tale contesto, il ruolo delle politiche attive diventa decisivo, ma dobbiamo rilevare il ritardo nell’avvio dell’assegno di ricollocazione per i disoccupati con indennità e la stentata partenza dell’Anpal, l’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro che stiamo ancora aspettando».
Rincara la dose l’assessore regionale al Lavoro Elena Donazzan: «Il rischio ora è il referendum. Se le competenze sul lavoro saranno sottratte ai territori che ne conoscono le specificità e riportate a Roma, si vanificano anni di impegno. Con Clic lavoro in Veneto abbiamo unificato tutte le piattaforme tecnologiche dei servizi: 39 centri per l’impiego e 500 sportelli degli operatori accreditati sembrano dire a Roma che noi l’Anpal ce l’abbiamo già».
Barone Il fatto che il tirocinio non sia sostenuto da politiche finanziarie è positivo, si auto sostiene Donazzan Se le politiche del lavoro saranno accentrate a Roma perderemo il nostro vantaggio