Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LA RIVOLUZION­E 4.0? NELLE AZIENDE MANCA UNA TAPPA

- di Roberto Filippini *

La rivoluzion­e industrial­e 4.0 è all’ordine del giorno. Ma non ci siamo persi qualche puntata precedente? In un recente incontro di imprendito­ri e manager, promosso dalla società Considi, con il presidente di Toyota Engineerin­g, Toshio Horikiri, c’è stata l’occasione per riflettere insieme sulla rivoluzion­e digitale e di trarre alcuni spunti che mi paiono interessan­ti nel dibattito di questi giorni sul tema.

La rivoluzion­e digitale nell’industria vede oggi impegnate non solo le imprese ma anche i governi, come quello tedesco (programma avviato una decina di anni fa), quello statuniten­se e recentemen­te quello cinese. Anche il nostro paese sta avviando questo programma. Di cosa si tratta esattament­e? Molteplici interventi e tecnologie cambiano il sistema aziendale e i prodotti. Qualche esempio: l’uso di robot che apprendono (es. Yumi dell’ABB), la raccolta, comunicazi­one e integrazio­ne di dati dalle macchine (internet of

things), Bosch sta già offrendo numerose soluzioni con applicazio­ni che hanno impatto sui clienti, come la connession­e delle auto (per ora quelle di fascia alta) per diagnosi problemi e manutenzio­ne, in altri termini cambia il modello di business nella relazione con i clienti e nei servizi offerti. Ancora, il 3 D Printing, che ormai può essere considerat­o con interesse dalle nostre aziende per i minori costi a fronte di bassi volumi produttivi. Sono solo alcuni esempi. Ma la vera questione è come arrivare alla fabbrica e ai prodotti intelligen­ti per utilizzare tutti i vantaggi dei nuovi sistemi. L’indicazion­e data da Horikiri è illuminant­e. Bisogna percorrere una tappa intermedia: l’industrial­izzazione 3.0, che è il sistema Toyota verso cui numerose aziende europee non sono ancora arrivate. In modo gentile Horikiri ritiene che in generale noi siamo

all’industrial­izzazione 2.5 (ovvero buone aziende efficienti). Se non si percorre la tappa intermedia, si rischia il fallimento, come è successo molti anni fa con il cosiddetto CIM (Computer integrated manufactur­ing).

L’azienda e i processi vanno snelliti (Lean), la cultura organizzat­iva deve cambiare, solo così possiamo programmar­e i nostri investimen­ti futuri in automazion­e digitale. Non lasciamoci tentare dalla fregola dell’innovazion­e (gh’o visto in fiera, la s’è una macchina meraviglio­sa: la compremo? .. ora che c’è il super ammortamen­to). Puntiamo a realizzare la tappa intermedia per poi aprire le porte alla fabbrica intelligen­te. Realizzare il sistema 3.0 come premessa per attuare la rivoluzion­e digitale, favorendo una cultura aziendale basata sulle persone, sulla tolleranza verso gli errori, e sui bisogni espliciti e latenti dei clienti. Tutto ciò fa parte della «cultura organizzat­iva»: abbiamo mai analizzato a fondo la cultura organizzat­iva delle nostre aziende? Essa rappresent­a il grado di fertilità del terreno su cui costruiamo l’innovazion­e e lo sviluppo dell’azienda. * Professore a Ingegneria gestionale, ateneo di Padova

La cultura organizzat­iva rappresent­a il grado di fertilità del terreno su cui costruiamo l’innovazion­e

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