Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
LA RIVOLUZIONE 4.0? NELLE AZIENDE MANCA UNA TAPPA
La rivoluzione industriale 4.0 è all’ordine del giorno. Ma non ci siamo persi qualche puntata precedente? In un recente incontro di imprenditori e manager, promosso dalla società Considi, con il presidente di Toyota Engineering, Toshio Horikiri, c’è stata l’occasione per riflettere insieme sulla rivoluzione digitale e di trarre alcuni spunti che mi paiono interessanti nel dibattito di questi giorni sul tema.
La rivoluzione digitale nell’industria vede oggi impegnate non solo le imprese ma anche i governi, come quello tedesco (programma avviato una decina di anni fa), quello statunitense e recentemente quello cinese. Anche il nostro paese sta avviando questo programma. Di cosa si tratta esattamente? Molteplici interventi e tecnologie cambiano il sistema aziendale e i prodotti. Qualche esempio: l’uso di robot che apprendono (es. Yumi dell’ABB), la raccolta, comunicazione e integrazione di dati dalle macchine (internet of
things), Bosch sta già offrendo numerose soluzioni con applicazioni che hanno impatto sui clienti, come la connessione delle auto (per ora quelle di fascia alta) per diagnosi problemi e manutenzione, in altri termini cambia il modello di business nella relazione con i clienti e nei servizi offerti. Ancora, il 3 D Printing, che ormai può essere considerato con interesse dalle nostre aziende per i minori costi a fronte di bassi volumi produttivi. Sono solo alcuni esempi. Ma la vera questione è come arrivare alla fabbrica e ai prodotti intelligenti per utilizzare tutti i vantaggi dei nuovi sistemi. L’indicazione data da Horikiri è illuminante. Bisogna percorrere una tappa intermedia: l’industrializzazione 3.0, che è il sistema Toyota verso cui numerose aziende europee non sono ancora arrivate. In modo gentile Horikiri ritiene che in generale noi siamo
all’industrializzazione 2.5 (ovvero buone aziende efficienti). Se non si percorre la tappa intermedia, si rischia il fallimento, come è successo molti anni fa con il cosiddetto CIM (Computer integrated manufacturing).
L’azienda e i processi vanno snelliti (Lean), la cultura organizzativa deve cambiare, solo così possiamo programmare i nostri investimenti futuri in automazione digitale. Non lasciamoci tentare dalla fregola dell’innovazione (gh’o visto in fiera, la s’è una macchina meravigliosa: la compremo? .. ora che c’è il super ammortamento). Puntiamo a realizzare la tappa intermedia per poi aprire le porte alla fabbrica intelligente. Realizzare il sistema 3.0 come premessa per attuare la rivoluzione digitale, favorendo una cultura aziendale basata sulle persone, sulla tolleranza verso gli errori, e sui bisogni espliciti e latenti dei clienti. Tutto ciò fa parte della «cultura organizzativa»: abbiamo mai analizzato a fondo la cultura organizzativa delle nostre aziende? Essa rappresenta il grado di fertilità del terreno su cui costruiamo l’innovazione e lo sviluppo dell’azienda. * Professore a Ingegneria gestionale, ateneo di Padova
La cultura organizzativa rappresenta il grado di fertilità del terreno su cui costruiamo l’innovazione