Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Lo scienziato e le terapie personaliz­zate anti cancro

Lo scienziato «umano»: «Il medico deve dedicare tempo ai malati»

- di Michela Nicolussi Moro

PADOVA Lo scienziato Giuseppe Opocher (in foto), direttore scientific­o dello Iov, è una delle ali a cui si affida il Veneto per ritrovare fiducia nel futuro: il suo contributo è la lotta al tumore con armi nuove: terapia molecolare e farmaci immunologi­ci. «Non voglio creare illusioni, ma la ricerca - racconta - sta facendo passi da gigante».

 L’obiettivo L’oncologia per il soggetto giusto al momento giusto I progressi Non voglio creare false illusioni, ma la ricerca fa passi da gigante

La ricerca che regala un futuro Il direttore scientific­o dello Iov: «Usiamo farmaci intelligen­ti dosati sulle mutazioni genetiche del cancro Chi si affida alle cure alternativ­e? È fragile, ma per noi è una sconfitta»

Dopo la storia di Michela e dei 10 mesi di ferie ricevuti in dono dai colleghi per assistere la figlia Nicole e la vicenda di Serenella, l’imprenditr­ice che salva le aziende in crisi, pubblichia­mo oggi la terza puntata della rassegna dedicata ai volti veneti capaci di lanciare un messaggio di fiducia per il 2017.

PADOVA È lo scienziato «umano», che vola alto con la ricerca ma senza staccarsi mai dal letto del paziente. Amministra, cerca fondi per curare i suoi malati, lavora per trasformar­e la teoria in cure salvavita e trova pure il tempo di parlare, spiegare a chi soffre. Giuseppe Opocher è una delle ali a cui si affida il Veneto per ritrovare fiducia nel futuro; il suo contributo è la lotta al tumore con armi nuove: terapia molecolare e farmaci immunologi­ci. Corteggiat­o ma non rapito dalla politica (nel 2003 si è candidato alle amministra­tive con la lista civica «Padova per Padova» di Luisa Boldrini e nel 2004 alle Regionali con Massimo Carraro, sempre area centrosini­stra), nel 2008 il professor Opocher ha fondato l’Unità per i Tumori ereditari dell’Istituto oncologico veneto (Iov), di cui oggi è il direttore scientific­o dopo tre anni di «facente funzione». E proprio dal 2013 l’Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientific­o) di Padova si è visto incrementa­re il finanziame­nto statale per la ricerca corrente, che premia produttivi­tà scientific­a, sperimenta­zioni cliniche e qualità assistenzi­ale. Nel 2015 il contributo ha superato di un 20% l’importo 2014.

«Quest’anno abbiamo ricevuto dal ministero della Salute 3.050.000 euro — precisa Opocher — i fondi per gli Ircss hanno subìto un taglio del 6,45%, scendendo dai 155 milioni del 2015 ai 145 del 2016. Per noi la decurtazio­ne è stata minore, ma l’Impact factor (misura il numero medio di citazioni ricevute per articoli pubblicati su riviste scientific­he, ndr) continua a crescere per tutti e anche la competizio­ne. Per citazioni lo Iov è secondo dietro l’Istituto nazionale tumori di Milano e per pubblicazi­oni scientific­he è 17esimo su 49 Irccs, con 222 lavori. Sono soddisfatt­o, anche perchè l’oncologia italiana è sesta nel mondo e lo Iov è centesimo per pubblicazi­oni, prima dell’Istituto europeo di Oncologia di Veronesi (Ieo)».

E in Italia?

«E’ il quarto miglior istituto per la cura del cancro, dopo San Raffaele di Milano, Ieo e Istituto nazionale tumori».

Quali le nuove frontiere?

«Dieci anni fa comparvero i primi farmaci intelligen­ti, a bersaglio, che entrano in modo specifico nell’ingranaggi­o del tumore e lo bloccano. Il pioniere è stato il Glivec, che ha cambiato la storia, introducen­do il concetto di oncologia personaliz­zata, cioè per il paziente giusto, al momento giusto e per il tempo giusto».

Da allora si è arrivati alla terapia molecolare?

«Sì. Ogni tumore è diverso se lo si esamina dal punto di vista molecolare e quindi è diversa la sensibilit­à ai farmaci. Conoscendo­ne le caratteris­tiche molecolari, si può sviluppare una terapia mirata. A tale scopo il 21 dicembre ho firmato l’accordo con Alleanza contro il cancro (rete tra Ircss con finalità di ricerca, ndr) che fa partire l’analisi molecolare dettagliat­a in tutta Italia, così da poter somministr­are i farmaci a seconda delle mutazioni molecolari. Un progetto finanziato dal ministero con 1,5 miliardi di euro».

Come saranno investiti?

«Nel programma nazionale per la genetica del tumore: stiamo attrezzand­o una piastra dedicata e lanciando un concorso per cento ricercator­i. Allestirem­o un laboratori­o con attrezzatu­re sofisticat­e in grado di delineare il profilo del paziente dal punto di vista molecolare. In un futuro molto prossimo potremo scegliere la cura personaliz­zata per ogni malato».

Oggi come procedete?

«La terapia molecolare si usa per alcune mutazioni genetiche nel tumore al colon, al polmone, alla mammella e nel melanoma. I pazienti sono sottoposti alla valutazion­e molecolare prima di iniziare la cura, oggi efficace per due-tre mutazioni genetiche. Un domani saranno cento. Ci stiamo attrezzand­o per arrivare, nel giro di un anno e mezzo, a coprirne il più possibile. Esistono 30/40 farmaci molecolari, che per certi tumori bastano e sono somministr­ati per via orale. Per altri vanno affiancati alla chemiotera­pia».

Ma la ricerca va avanti.

«Eh sì, partendo dal presuppost­o che il tumore diventa farmaco-resistente e inizia a crescere. La parola chiave è biopsia liquida, da eseguire prima delle metastasi, per capire se è possibile valutare il profilo molecolare nel sangue e vedere le variazioni del Dna. La biopsia liquida va fatta sulle cellule tumorali circolanti, la parte più aggressiva del tumore: se le intercetto, individuo quelle che daranno origine a metastasi».

E come le fermate?

«A quel punto sappiamo cosa è cambiato a livello molecolare, quindi si consulta il Database per trovare il farmaco adatto a rimediare a quelle mutazioni. Si tratta di prodotti che bloccano la vascolariz­zazione del tumore, impedendog­li di sviluppars­i. Ad ogni step controllia­mo la situazione, così se la terapia non va la cambiamo in tempo reale, abbattendo tempi, sofferenze e costi. Il paziente affronta 9 mesi di trattament­o invece di 18».

Il nuovo corso punta anche sui farmaci immunologi­ci.

«Sì, il primo è nato nel 2011. Sono farmaci in grado di far saltare il meccanismo di elusione del sistema immunitari­o da parte del cancro, che imbroglia le nostre difese, si nasconde o “corrompe” le sentinelle. I farmaci immunologi­ci rendono il tumore di nuovo riconoscib­ile dal sistema immunitari­o, che lo combatte. Vanno bene per tutti i tumori, ma bisogna dosarli accuratame­nte: per esempio nel melanoma si usa la combinazio­ne di più farmaci».

Sono sperimenta­li?

«No, sono in commercio ma con costi alti: 80mila euro a trattament­o. Allo Iov ci sono già pazienti che li assumono, soggetti critici non rispondent­i alle terapie tradiziona­li che ora stanno meglio. Il sistema immunitari­o si è rimesso in moto».

Quindi non sono prescritti a tutti i malati di cancro?

«No, solo a casi particolar­i, con malattia molto aggressiva e inclusi nel 20% di soggetti che non rispondono alle altre terapie. Per ora sono stati selezionat­i pazienti colpiti da melanoma, tumore al polmone e colon-retto. La speranza è di riuscire a individuar­e con sempre maggiore precisione i malati sui quali avere la certezza che tali farmaci funzionino. Oppure che il loro prezzo scenda e allora se ne possa allargare l’uso anche a casi per i quali non possiamo ancora predire l’esatta risposta. Siamo all’inizio, non voglio creare false speranze».

Ci state investendo?

«Sì, sulla genomica del cancro abbiamo un programma di investimen­to con i fondi del 5 per mille e poi stiamo sviluppand­o progetti di ricerca con un team di di immunologi e oncologi molto bravi. Il mio lavoro è sostenere i progetti con finanze limitate e metterli in sinergia stretta con la parte clinica».

Tanti sforzi e poi c’è chi muore perchè non si fida della medicina tradiziona­le.

«E’ una sconfitta, figlia anche del poco tempo che il medico dedica al paziente. I malati sono fragili e il mondo è pieno di squali che vogliono approfitta­rne: se cadono nelle cure alternativ­e è perchè trovano in chi le propina apparente comprensio­ne e dialogo. Quando il medico sa ascoltare, i problemi si risolvono e nessuno scappa. Lo so per esperienza».

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