Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

E la stretta anti furbetti sui voucher divide il Nordest

- Stefano Bensa

VENEZIA Il dato, di per sé, è già eloquente: 17.403.219. Tanti sono stati i voucher lavoro venduti nel Veneto fino al 30 novembre scorso, in aumento del 15% sul 2015. Un’opportunit­à sfruttata soprattutt­o dal settore turistico (oltre 2 milioni e 100 mila) e da quello commercial­e (poco più di 2 milioni), oltreché dei servizi (1 milione e mezzo). Mentre l’agricoltur­a - categoria per la quale, 8 anni fa, i «buoni» furono concepiti per disciplina­re attività come la vendemmia - si è fermata sotto quota 600 mila.

Il 2017 sarà un anno chiave: se la Corte Costituzio­nale dichiarerà ammissibil­e il referendum proposto dalla Cgil, in primavera gli italiani deciderann­o se abolire o meno i voucher. Per questo il governo sta correndo ai ripari con una serie di correttivi: riportando a 5 mila euro (dai 7 mila odierni) il tetto massimo di reddito da voucher, aumentando i controlli anti-furbetti e introducen­do nuovi paletti burocratic­i. Provvedime­nti graditi o meno al Veneto? La Cisl regionale, reduce dalla campagna contro l’abuso dei buoni lavoro, è sicura: «I voucher non vanno aboliti, ma riportati alla loro utilissima funzione originaria». Per esempio escludendo settori sensibili come l’edilizia ed ostacoland­o il rimpiazzo di contratti più stabili. «È questo il punto nevralgico», spiega il sindacato. «I voucher hanno sostituito il lavoro a chiamata, e questo può andare anche bene. Però dopo la cancellazi­one, con la riforma Fornero del 2012, del requisito della occasional­ità come fattore indispensa­bile oltre alla accessorie­tà, molti datori di lavoro si sono ingegnati a destruttur­are il lavoro a termine per poterlo retribuire con voucher. Questo accade dove c’è abbondanza di forza lavoro, specie nei lavori poco qualificat­i. La soluzione è che il voucher può pagare solo i lavori accessori che sono anche occasional­i». In ultima istanza la Cisl chiede di «aumentare il costo del voucher: il lavoro precario deve costare di più di quello stabile».

E le imprese? Coldiretti è preoccupat­a, specie per l’appesantim­ento - peraltro in parte già introdotto a ottobre - delle procedure burocratic­he: «Rischiamo di scontare colpe altrui: per 15 giorni di vendemmia dovremo effettuare almeno cinque comunicazi­oni agli organi di controllo anziché una. Solo a noi, inoltre, sarà imposto l’utilizzo di pensionati e studenti, e per le sole attività stagionali». Anche i commercian­ti temono ripercussi­oni: «I voucher hanno permesso di regolarizz­are tante tipologie di lavoratori», assicura Luca Bertuola di Confcommer­cio Treviso, la provincial­e leader, in Veneto, per impiego dei buoni nel settore commercial­e. «O si dà fiducia a uno strumento oppure non lo si crea. Ben vengano ulteriori controlli e multe. Ma milioni di buoni venduti significan­o milioni di ore lavorate. E denaro in tasca a chi svolge prestazion­i occasional­i».

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