Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
E la stretta anti furbetti sui voucher divide il Nordest
VENEZIA Il dato, di per sé, è già eloquente: 17.403.219. Tanti sono stati i voucher lavoro venduti nel Veneto fino al 30 novembre scorso, in aumento del 15% sul 2015. Un’opportunità sfruttata soprattutto dal settore turistico (oltre 2 milioni e 100 mila) e da quello commerciale (poco più di 2 milioni), oltreché dei servizi (1 milione e mezzo). Mentre l’agricoltura - categoria per la quale, 8 anni fa, i «buoni» furono concepiti per disciplinare attività come la vendemmia - si è fermata sotto quota 600 mila.
Il 2017 sarà un anno chiave: se la Corte Costituzionale dichiarerà ammissibile il referendum proposto dalla Cgil, in primavera gli italiani decideranno se abolire o meno i voucher. Per questo il governo sta correndo ai ripari con una serie di correttivi: riportando a 5 mila euro (dai 7 mila odierni) il tetto massimo di reddito da voucher, aumentando i controlli anti-furbetti e introducendo nuovi paletti burocratici. Provvedimenti graditi o meno al Veneto? La Cisl regionale, reduce dalla campagna contro l’abuso dei buoni lavoro, è sicura: «I voucher non vanno aboliti, ma riportati alla loro utilissima funzione originaria». Per esempio escludendo settori sensibili come l’edilizia ed ostacolando il rimpiazzo di contratti più stabili. «È questo il punto nevralgico», spiega il sindacato. «I voucher hanno sostituito il lavoro a chiamata, e questo può andare anche bene. Però dopo la cancellazione, con la riforma Fornero del 2012, del requisito della occasionalità come fattore indispensabile oltre alla accessorietà, molti datori di lavoro si sono ingegnati a destrutturare il lavoro a termine per poterlo retribuire con voucher. Questo accade dove c’è abbondanza di forza lavoro, specie nei lavori poco qualificati. La soluzione è che il voucher può pagare solo i lavori accessori che sono anche occasionali». In ultima istanza la Cisl chiede di «aumentare il costo del voucher: il lavoro precario deve costare di più di quello stabile».
E le imprese? Coldiretti è preoccupata, specie per l’appesantimento - peraltro in parte già introdotto a ottobre - delle procedure burocratiche: «Rischiamo di scontare colpe altrui: per 15 giorni di vendemmia dovremo effettuare almeno cinque comunicazioni agli organi di controllo anziché una. Solo a noi, inoltre, sarà imposto l’utilizzo di pensionati e studenti, e per le sole attività stagionali». Anche i commercianti temono ripercussioni: «I voucher hanno permesso di regolarizzare tante tipologie di lavoratori», assicura Luca Bertuola di Confcommercio Treviso, la provinciale leader, in Veneto, per impiego dei buoni nel settore commerciale. «O si dà fiducia a uno strumento oppure non lo si crea. Ben vengano ulteriori controlli e multe. Ma milioni di buoni venduti significano milioni di ore lavorate. E denaro in tasca a chi svolge prestazioni occasionali».