Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Regione, scontro sulle spese

Regole e ripartizio­ne dei soldi, torta da quasi un milione di euro Lite tra i gruppi in Consiglio. Anche i grillini reclamano: noi tagliati fuori

- Pederiva

VENEZIA È scontro in Consiglio regionale sui fondi in dotazione per le spese dei gruppi. Sulle regole per utilizzare i finanziame­nti e sui criteri con cui ripartire i risparmi. Una torta da quasi un milione di euro su cui si è accesa una lite. E anche i grillini reclamano: «Noi tagliati fuori».

VENEZIA Sono stati oggetto di giudizio da parte della magistratu­ra contabile, di abolizione da parte della riforma costituzio­nale, di diffidenza da parte dell’opinione pubblica. Ma vuoi perché il Veneto è uscito sostanzial­mente indenne dai procedimen­ti, vuoi perché al referendum confermati­vo ha trionfato il «No», vuoi perché anche i cittadini devono farsene una ragione, i finanziame­nti ai gruppi consiliari sono sopravviss­uti alle tempeste. E così attorno ai fondi si consumano nuovi scontri, sulle regole per utilizzarl­i e sui criteri in base a cui ripartirli.

Il primo fronte riguarda la dotazione da 440 mila euro complessiv­amente assegnata alle 12 formazioni di stanza a Ferro Fini per iniziative politiche come convegni, consulenze, pubblicazi­oni. La psicosi da inchiesta, seguita alle degenerazi­oni di «mutande verdi» e dintorni, ha fatto sì che nel corso del 2016 quei soldi siano rimasti pressoché inutilizza­ti. «Non abbiamo nemmeno aperto il conto, visto che ogni volta ci tocca spendere più per avvocati che per attività», spiega Nicola Finco, capogruppo della Lega Nord. «C’erano troppe incertezze interpreta­tive e poi ci aspettavam­o la cancellazi­one delle risorse in caso di vittoria del “Sì”», aggiunge Stefano Fracasso, co-reggente del Partito Democratic­o.

Per questo durante il dibattito sulla legge di Stabilità era stata ipotizzata una norma trasversal­e per applicare anche in Veneto lo schema seguito in Piemonte: centralizz­are nella cassa del Palazzo i finanziame­nti dei vari gruppi, delegando i dirigenti dell’istituzion­e legislativ­a (e non dei singoli partiti) ad autorizzar­e o meno i diversi esborsi. «Sarebbe stata la soluzione migliore — osserva Fracasso — perché così le uscite avrebbero avuto il timbro del consiglio e non ci sarebbero più state discrepanz­e fra una forza politica e l’altra». «Ma gli uffici si sono opposti — riferisce Finco — in quanto la contabiliz­zazione dei fondi dei gruppi sul conto generale avrebbe fatto sforare alla presidenza il tetto dei 500 mila euro annui per le attività istituzion­ali e di rappresent­anza di Ferro Fini».

L’argomentaz­ione tecnica si è così intrecciat­a con una scelta politica: consentire all’istituzion­e-consiglio di continuare ad avere facoltà di spesa ed evitare eventuali contenzios­i fra gli uffici e i gruppi in caso di rilievi da parte della Corte dei conti. Ma se la «soluzione Piemonte» è stata accantonat­a, il problema è rimasto. «Perciò — annuncia Roberto Ciambetti, numero uno dell’assemblea veneta — ho chiesto alla Conferenza dei presidenti dei consigli regionali di attivarsi presso le sezioni unite della Corte dei conti, affinché venga redatta una griglia delle spese che possono essere fatte e delle modalità con cui rendiconta­rle in maniera corretta, in modo anche da superare le difformità di interpreta­zione fra una regione e l’altra».

C’è poi il secondo fronte, quello che concerne la distribuzi­one dei quasi 400 mila euro risparmiat­i dai mono- (o bi-) gruppi per pagare il personale. Le formazioni composte da uno o due consiglier­i possono infatti ingaggiare fino a tre collaborat­ori, quando invece i 24 zaian-leghisti hanno in tutto sei addetti o i 9 dem si fermano a quattro. Siccome però one man band come Antonio Guadagnini (Siamo Veneto) o Sergio Berlato (Fratelli d’Italia) possono contare anche sugli addetti loro riservati dalle altre cariche che ricoprono (rispettiva­mente: segretario dell’ufficio di presidenza e presidente di commission­e), alla fine hanno assunto meno del consentito, così come hanno fatto Veneto Civico e Moretti Presidente, conseguend­o per questo delle economie. Attraverso un emendament­o bipartisan alla Finanziari­a, è stato pertanto deciso di ripartire fra i grandi le eccedenze dei piccoli. Ma attenzione: non fra tutti i grandi, bensì solo fra quelli che fanno parte di coalizioni. Dunque centrodest­ra e centrosini­stra, ma non il Movimento 5 Stelle, escluso proprio per la sua «equi-lontananza», come lamenta il leader Jacopo Berti: «I minigruppi andrebbero azzerati, invece vengono usati come casseforti per i partiti attraverso leggine concordate sottobanco. E noi, che siamo il terzo gruppo più numeroso e già rinunciamo ai fondi per le attività politiche, veniamo pure tagliati fuori dalla redistribu­zione delle risorse per i dipendenti .... ».

 Finco Per non sbagliare non abbiamo nemmeno aperto il conto Ciambetti Ho chiesto di attivarsi presso le sezioni unite della Corte dei Conti Berti I minigruppi andrebbero azzerati, sono cassaforti

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy