Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Tremonti: «Il caso banche venete? Cocktail micidiale, troppa tolleranza»

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CORTINA D’AMPEZZO (BELLUNO) «Un cocktail micidiale di mancata sorveglian­za e tolleranza ha protratto i problemi delle banche venete. Mentre nessuno sorvegliav­a gli istituti tedeschi». Giulio Tremonti si prende qualche rivincita. Dopo la fine tumultuosa del Governo Berlusconi nel 2011 - e con esso di un’era - colui che fu potentissi­mo ministro dell’Economia è tornato un professore che scrive, studia e misura l’effetto delle proprie profezie di allora. Quando si sentiva, talvolta, inascoltat­o. A Cortina, a «Una Montagna di Libri», ieri ha incontrato alcune centinaia di lettori all’Hotel Miramonti, venuti per ascoltare la presentazi­one di Mundus Furiosus (Mondadori).

Giulio Tremonti, come siamo arrivati alle banche del Nordest «commissari­ate» e alle proposte di salvare gli istituti per via pubblica?

«Nel biennio 2008-2009 la geografia bancaria dell’Europa cambia in modo improvviso e drammatico. È stato l’impatto della crisi dei subprime americana sulle banche del Vecchio continente. L’esplosione ha fatto emergere una crisi preesisten­te e latente, che era in tutto il sistema bancario europeo. E nel Centro-Nord la crisi americana fa esplodere i bilanci di banche che erano già mezze fallite per conto proprio, e avevano convertito a metà in titoli tossici, ad alto rendimento ma ad alto rischio. E questo non è diverso dalla situazione di molte banche tedesche adesso».

Arriviamo alle nazionaliz­zazioni odierne.

«Una catena impression­ante. Il più colossale trasferime­nto nella storia dai bilanci pubblici ai bilanci bancari. Ma questo non avveniva in Italia. Ancora il 13 luglio 2011, l’Assemblea dell’ABI in un documento diceva: le banche italiane danno grandi segnali di solidità. Ciò nonostante il Tesoro offriva alle banche capitale pubblico; ma veniva rifiutato come uno stigma. Uno stigma, e sì che il dottor Passera, il dottor Profumo, il dottor Abete il greco lo conoscono. Eppure lo rifiutavan­o».

Non vedevano le nubi che si avvicinava­no?

«L’intera classe dirigente, a giudicare da quello che è stato fatto negli ultimi anni, dovrebbe essere assolta non per non avere commesso il fatto, ma per non avere compreso il fatto. Questo include il cosiddetto Ministro dell’Economia Padoan, che ancora a ottobre diceva che avrebbe fatto il facilitato­re. Lasciamo perdere. La cosa impression­ante non è solo quanto tutto questo ci costi come contribuen­ti, ma quanto ci costi come reputazion­e internazio­nale. Non c’è stata in Europa una storia così demenziale».

La classe dirigente fu «cieca» anche rispetto ai futuri problemi delle banche del Nordest?

«Il caso delle banche venete è una variante dei problemi descritti prima. E’ un caso di omessa vigilanza. In fondo, il dissesto di Monte dei Paschi inizia con l’acquisizio­ne di Antonvenet­a. Guarda caso, tutto comincia da lì».

Solo un caso?

«Non lo so. Diciamo che dal Duemila c’è stato un micidiale cocktail di non vigilanza e di tolleranza. Se la vigilanza è come una macchina di polizia, funziona non solo con la repression­e, ma con la prevenzion­e. Che non c’è stata. Mentre succedeva di tutto, compreso il Governo Monti. Il quale, nato sull’onda del terrore, non poteva che trovare la sua ragione sociale nel terrore».

Si riferisce al titolo del Sole 24 Ore «Fate presto»?

«Il “fate presto” era: usate i soldi italiani per salvare le banche tedesche e francesi sulla Grecia».

Il decreto salvabanch­e va applicato a Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca?

«Per come è scritto, deve essere esteso anche alle banche venete: è un decreto di sistema, non è fatto ad hoc per Monte dei Paschi. Vale per gli istituti veneti come per le altre banche in crisi: Etruria, Marche e così via».

Oltre che un atto dovuto, lo considera anche una cosa giusta?

«Ci hanno detto che sennò salta il sistema, quindi è giusto che si faccia. La motivazion­e è l’interesse nazionale, non quello di MPS».

Cosa pensa del prospettat­o referendum sull’indipenden­za veneta?

«Se mi ridanno i boschi del Cadore... No, scherzo. Diciamo che i popoli hanno sempre ragione».

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Economista Giulio Tremonti ieri a Una Montagna di libri

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