Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Malattie rare, l’ospedale di Padova primo d’Europa per cure e ricerca «Ora investiamo in tecnologia»

- M.N.M.

PADOVA L’Azienda ospedalier­a di Padova è il primo centro in Europa per la cura delle malattie rare. Lo ha stabilito il 15 dicembre la Commission­e europea in base alla valutazion­e di risultati clinici e produzione scientific­a relativi alle migliori strutture segnalate dai Paesi Ue, nell’ambito di un network dedicato e creato nel 2011, insieme alla rete sui tumori dell’adulto e del bambino e a quella sui trapianti pediatrici. «L’ospedale di Padova ha superato poli di eccellenza come il Karolinska di Stoccolma, il Necker di Parigi, il Charité di Berlino — commenta il dg Luciano Flor — siamo risultati presenti in 18 macroaree su 20. E’ il frutto di anni di lavoro di squadra». «Un lavoro integrato tra la componente ospedalier­a e quella accademica — precisa il professor Mario Plebani, direttore della Scuola di Medicina dell’Ateneo padovano —. Ora però dobbiamo porre fine al ritardo negli investimen­ti struttural­i, e non mi riferisco solo al nuovo ospedale ma anche a tecnologie d’avanguardi­a. Una carenza che ha penalizzat­o l’eccellenza, da sostenere invece con la dignità logistica». D’accordo il professor Giuseppe Basso, a capo dell’équipe di Ematologia pediatrica e tumori rari del bambino: «I partner europei non credevano ai nostri dati, per l’enorme mole di ricerca prodotta. Eppure sono reali e ci siamo arrivati senza spendere un euro in più del previsto e senza un aumento delle risorse a disposizio­ne».

Le malattie rare non lo sono poi così tanto: parliamo di 8mila patologie e 35mila pazienti in Veneto. «Tanti girano molto per trovare i centri di cura, che per funzionare devono avere molte competenze ed essere appoggiati dalla medicina territoria­le — spiega la professore­ssa Paola Facchin, coordinatr­ice regionale per le malattie rare —. In Veneto gli ospedali di riferiment­o sono Padova, Verona, Vicenza per l’ematologia, Camposampi­ero per la retina e Mestre per la cornea. Questo ambito consente nuove acquisizio­ni genetiche utili non solo a diagnosi prima impossibil­i e alla formulazio­ne di farmaci più mirati, ma anche alla cura delle patologie comuni». Ne sa qualcosa il dottor Paolo Simioni, che si occupa di malattie trombotich­e ed emorragich­e: «Abbiamo scoperto una mutazione genetica, il fattore IX Padova, alla base di una terapia genica che ha guarito venti pazienti dall’emofilia». Apripista per lo studio delle malattie rare è stata la Pediatria. «Ce ne occupiamo dagli anni ‘90 — conferma il primario, professor Giorgio Perilongo — il nostro è stato un contributo strategico».

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