Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Dossier strategici nel cassetto, la ribalta è per il dialetto
Seguo con molta curiosità le torrenziali dispute che compaiono, quasi quotidianamente, sulla stampa a proposito dell’insegnamento del dialetto veneto, ammesso che ne esista solo uno, o sulla rivendicazione autonomista della nostra regione. Si tratta sicuramente di fondamentali obiettivi per la grandezza del nostro popolo. Ma mi domando se non ci siano anche altre vicende cui rivolgere la nostra distratta attenzione. Viviamo una stagione nella quale i due maggiori istituti di credito del Veneto sono alla bancarotta e pagano la loro filiazione da una classe politica adusa a cedimenti clientelari e scarsamente collegata ai centri finanziari internazionali. La mia età mi consente di ricordare quando il Nord era dominato dal triangolo industriale MI-TO-GE e il risparmio veneto veniva drenato per alimentare l’area forte del Paese. La Popolare di Vicenza e Veneto Banca furono il simbolo di una rinascita regionale incardinata su una miriade di partite iva ma anche su imprese di livello mondiale. Moriva Porto Marghera e nasceva un Veneto nuovo. Non vorrei che quel Veneto perisse insieme alle due banche. È di questi giorni la notizia del prossimo passaggio in mani straniere del sistema aeroportuale veneto. Si tratta di un’operazione miliardaria (in euro) giocata da un privato che gestisce un servizio d’interesse pubblico. Anche qui ho l’età per ricordare come avvenne la privatizzazione e il passaggio delle quote dagli enti locali ai privati. Solo mi sfugge ancora il passaggio da Veneto Sviluppo delle quote regionali. Resto dell’idea che sia giusto che questi servizi abbiano una gestione privatistica ma ciò non può significare la rinuncia delle Istituzioni al loro ruolo di tutela dell’interesse generale. Invece tutto ciò avviene nel silenzio e girando la testa dall’altra parte. Analoga distrazione registrano le vicende del Porto e di Porto Marghera. Paolo Costa aveva disegnato e perseguito un disegno strategico di respiro centrato su tutto l’Alto Adriatico e con un terminale di servizio e produttivo nella vecchia Zona Industriale. Auguro di cuore buon lavoro alla nuova autorità portuale che mi consentirà di manifestare una preoccupazione: la rinuncia o il ridimensionamento dell’off-shore mi pare vada molto incontro alle posizioni triestine e slovene. Mi auguro che tale perplessità risulti infondata, ma certo servirebbe un franco dibattito e una seria valutazione di costi e benefici. Da ultimo la questione del sovraffollamento turistico di Venezia. Siamo al pigro uso di un bene che non abbisogna di promozione. Ma lo straordinario patrimonio culturale del Veneto continua ad essere sconosciuto ai più. Solo valorizzandolo, invece, si diluiscono i flussi e si distribuisce ricchezza. Come sulle altre questioni, anche qui nessuno batte un colpo.Guai a disturbare il manovratore! Certo il dialetto è importante, ma non riesco a togliermi dalla testa che brillino troppi specchietti per distogliere allodole che forse farebbero meglio a considerare i segnali, non sempre positivi, che vengono dalle strutture portanti della nostra economia.
Politica distratta Dal porto all’aeroporto, si gira la testa altrove e si rinuncia alla difesa dell’interesse generale