Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Addio a kebab e pizzette: Venezia mette al bando il take away
VENEZIA Stop all’apertura di nuovi take away nel nome del decoro di Venezia. Ieri la giunta comunale ha approvato l’ordinanza che vieta l’apertura di nuovi negozi di pizza al taglio, kebab, pasta da asporto: «Misure limitanti l’esercizio di attività non compatibili con le esigenze di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale di Venezia», è il titolo.
La misura era nell’aria già da tempo: ne avevano parlato il sindaco Luigi Brugnaro e l’assessore al Commercio Francesca Da Villa e, dopo il via libera di ieri, ora la palla passerà alla commissione comunale competente e poi al voto del consiglio comunale. Venezia potrebbe diventare la prima città a vietare nuove aperture di street food dopo il decreto Calenda dello scorso novembre.
Il divieto vale per tutta la città storica, comprese le isole di Murano e Burano, mentre sono escluse Lido e Pellestrina. E riguarda la vendita e la produzione di alimenti finalizzati al consumo in strada, escludendo le gelaterie, ritenute imprese «artigiane». Lo stop sarà solo per le nuove richieste di aperture, mentre chi ha già presentato domanda e ha ottenuto l’autorizzazione è salvo. Il testo della delibera si richiama alle indicazioni del consiglio comunale della settimana scorsa e alla mozione presentata dal consigliere fucsia Paolo Pellegrini, in cui si chiedeva di frenare le attività non compatibili con la salvaguardia del decoro e delle tradizioni veneziane. «Il presupposto è quello di dare valore al commercio di prossimità – spiega Da Villa – proporre una rete di vendita basata su standard di qualità per ospiti e residenti, limitando le attività non compatibili. Questo è un primo passo, valuteremo se è il caso di intervenire anche sul regolamento del commercio, per dare una sistemazione unitaria alla materia». L’ottica è quella di un testo unico tra turismo, commercio, sicurezza e tributi.
Insomma, a breve sarà impossibile aprire nuovi take away accusati di essere tra le principali cause di sporcizia in città. Meta preferita dal turismo di massa, nel pieno della stagione questi punti vendita sono presi d’assalto da migliaia di persone che escono con cartocci di pasta, patatine e involucri di pizza, si siedono su ponti e monumenti per consumare il veloce pic-nic. Quindi, se va bene, intasano i cestini con bottigliette e cartacce, ma non mancano le volte in cui i rifiuti finiscono a terra. Per questo l’Ascom chiede che i take away vengano tassati in modo da coprire il costo del lavoro extra che Veritas deve fare per raccogliere i resti dei pranzi al sacco. E che di contro vengano introdotti sgravi per i negozi di vicinato. «Siamo favorevoli alla delibera anche se è un po’ tardi - dice il presidente di Ascom Roberto Magliocco - Siamo però contrari a vietare i sub-ingressi nelle attività di take away perché la misura colpisce solo le ditte individuali e non le società». digitali) si sono trovati di fronte a sei contenuti informativi tratti dal web, di cui quattro falsi e due veri, ognuno dei quali con domanda a risposta multipla. La sezione delle fake news (tutte cliccatissime) comprende la candidatura di Vladimir Putin in Italia, l’anatema di Umberto Eco (scomparso otto mesi prima) contro il No dei grillini al referendum costituzionale, il post secondo cui Volkswagen è pronta a regalare 800mila auto e la diretta video di una passeggiata spaziale su Facebook; sono vere, invece, la foto di una manifestazione pro Palestina e l’analisi sul comportamento dei politici italiani durante le presidenziali Usa. Gli studenti non devono capire se la notizia è vera o falsa ma spiegare perché o connotarla. Il campione è esiguo e la struttura del test è in fase di rodaggio ma non per questo i risultati sono meno sorprendenti: l’81,6% non sa eseguire una ricerca a partire da un’immagine, il 74,7% non sa indicare un account verificato, il 68,4% non sa collocare e decifrare i video, il 50% non sa valutare l’attendibilità di un dominio web. In compenso, il 57,9% sa leggere i messaggi interni di un’immagine e il 78,9% sa distinguere un fatto da un’opinione. Ma nel complesso i risultati dimostrano che la preparazione accademica non basta a garantire una verifica accurata delle fonti. «Lo spirito critico ci sarebbe, ma la pigrizia impedisce l’approfondimento ragionato – spiega Corrado Petrucco -. Il problema è che i ragazzi sono abituati a lavorare rapidamente, ma devono capire che perdendo un po’ di tempo si guadagna efficacia ed efficienza».