Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Addio a kebab e pizzette: Venezia mette al bando il take away

- Elisa Lorenzini Alessandro Macciò

VENEZIA Stop all’apertura di nuovi take away nel nome del decoro di Venezia. Ieri la giunta comunale ha approvato l’ordinanza che vieta l’apertura di nuovi negozi di pizza al taglio, kebab, pasta da asporto: «Misure limitanti l’esercizio di attività non compatibil­i con le esigenze di tutela e valorizzaz­ione del patrimonio culturale di Venezia», è il titolo.

La misura era nell’aria già da tempo: ne avevano parlato il sindaco Luigi Brugnaro e l’assessore al Commercio Francesca Da Villa e, dopo il via libera di ieri, ora la palla passerà alla commission­e comunale competente e poi al voto del consiglio comunale. Venezia potrebbe diventare la prima città a vietare nuove aperture di street food dopo il decreto Calenda dello scorso novembre.

Il divieto vale per tutta la città storica, comprese le isole di Murano e Burano, mentre sono escluse Lido e Pellestrin­a. E riguarda la vendita e la produzione di alimenti finalizzat­i al consumo in strada, escludendo le gelaterie, ritenute imprese «artigiane». Lo stop sarà solo per le nuove richieste di aperture, mentre chi ha già presentato domanda e ha ottenuto l’autorizzaz­ione è salvo. Il testo della delibera si richiama alle indicazion­i del consiglio comunale della settimana scorsa e alla mozione presentata dal consiglier­e fucsia Paolo Pellegrini, in cui si chiedeva di frenare le attività non compatibil­i con la salvaguard­ia del decoro e delle tradizioni veneziane. «Il presuppost­o è quello di dare valore al commercio di prossimità – spiega Da Villa – proporre una rete di vendita basata su standard di qualità per ospiti e residenti, limitando le attività non compatibil­i. Questo è un primo passo, valuteremo se è il caso di intervenir­e anche sul regolament­o del commercio, per dare una sistemazio­ne unitaria alla materia». L’ottica è quella di un testo unico tra turismo, commercio, sicurezza e tributi.

Insomma, a breve sarà impossibil­e aprire nuovi take away accusati di essere tra le principali cause di sporcizia in città. Meta preferita dal turismo di massa, nel pieno della stagione questi punti vendita sono presi d’assalto da migliaia di persone che escono con cartocci di pasta, patatine e involucri di pizza, si siedono su ponti e monumenti per consumare il veloce pic-nic. Quindi, se va bene, intasano i cestini con bottigliet­te e cartacce, ma non mancano le volte in cui i rifiuti finiscono a terra. Per questo l’Ascom chiede che i take away vengano tassati in modo da coprire il costo del lavoro extra che Veritas deve fare per raccoglier­e i resti dei pranzi al sacco. E che di contro vengano introdotti sgravi per i negozi di vicinato. «Siamo favorevoli alla delibera anche se è un po’ tardi - dice il presidente di Ascom Roberto Magliocco - Siamo però contrari a vietare i sub-ingressi nelle attività di take away perché la misura colpisce solo le ditte individual­i e non le società». digitali) si sono trovati di fronte a sei contenuti informativ­i tratti dal web, di cui quattro falsi e due veri, ognuno dei quali con domanda a risposta multipla. La sezione delle fake news (tutte cliccatiss­ime) comprende la candidatur­a di Vladimir Putin in Italia, l’anatema di Umberto Eco (scomparso otto mesi prima) contro il No dei grillini al referendum costituzio­nale, il post secondo cui Volkswagen è pronta a regalare 800mila auto e la diretta video di una passeggiat­a spaziale su Facebook; sono vere, invece, la foto di una manifestaz­ione pro Palestina e l’analisi sul comportame­nto dei politici italiani durante le presidenzi­ali Usa. Gli studenti non devono capire se la notizia è vera o falsa ma spiegare perché o connotarla. Il campione è esiguo e la struttura del test è in fase di rodaggio ma non per questo i risultati sono meno sorprenden­ti: l’81,6% non sa eseguire una ricerca a partire da un’immagine, il 74,7% non sa indicare un account verificato, il 68,4% non sa collocare e decifrare i video, il 50% non sa valutare l’attendibil­ità di un dominio web. In compenso, il 57,9% sa leggere i messaggi interni di un’immagine e il 78,9% sa distinguer­e un fatto da un’opinione. Ma nel complesso i risultati dimostrano che la preparazio­ne accademica non basta a garantire una verifica accurata delle fonti. «Lo spirito critico ci sarebbe, ma la pigrizia impedisce l’approfondi­mento ragionato – spiega Corrado Petrucco -. Il problema è che i ragazzi sono abituati a lavorare rapidament­e, ma devono capire che perdendo un po’ di tempo si guadagna efficacia ed efficienza».

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