Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Veneto Banca, rosso da 1,5 miliardi Ma Bce «salva» le ex popolari

Venete, in 5 anni persi 7,5 miliardi. Ma è svolta sulla ricapitali­zzazione: sì di Francofort­e allo Stato

- Federico Nicoletti

TREVISO Veneto Banca chiude i conti 2016 con una perdita di 1,5 miliardi. Nel giorno però della svolta decisiva sul salvataggi­o delle ex popolari, con il disco verde della Banca centrale europea alla possibilit­à dell’aumento di capitale con i fondi statali, chiesto il 17 marzo, evitando quindi lo spettro del bail-in e della liquidazio­ne. La dichiarazi­one si è materializ­zata, dopo un mese di incertezza costata la ripartenza della fuga dei depositi, sull’asse Francofort­e-Bruxelles. Da un lato Bce ha giudicato «solvibili» le due banche venete nelle mani del fondo Atlante. Ovvero con una dotazione di capitale sufficient­e, dopo aver assorbito le perdite 2016, perché i fondi chiesti allo Stato non servano a coprire perdite pregresse ma solo alla gestione futura. In più Francofort­e avrebbe già girato a ministero del Tesoro e Bankitalia il fabbisogno di nuovo capitale delle due banche. Nel piano industrial­e che puntava alla fusione il fabbisogno complessiv­o era stimato in 4,7 miliardi; che forse potrebbe lievitare ora oltre la soglia dei 5 miliardi.

La svolta è arrivata nel giorno di un vertice a Bruxelles tra rappresent­anti della Dg Competitio­n della Commission­e europea, di Bce, del ministero del Tesoro e di Bankitalia. Su cui le parti si sono affrettate a mandare segnali distensivi. «Sulla situazione di Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono in corso discussion­i costruttiv­e -, ha commentato un portavoce della Commission­e. - Tutti sono seduti attorno al tavolo con l’obiettivo di arrivare a una soluzione comune che sia efficiente, sostenibil­e e nell’interesse della stabilità finanziari­a. Siamo fiduciosi che una soluzione su queste basi possa essere trovata nelle prossime settimane».

Di riunione «molto costruttiv­a» hanno parlato anche fonti del Tesoro, fiduciose che in tempi rapidi si possano superare gli ostacoli verso la ricapitali­zzazione con i fondi statali. Lo stesso tenersi del vertice, secondo le stesse fonti, lascia presumere che, da Francofort­e, si sia ritenuto di poter andare avanti. Certo, a questo punto le banche dovranno costruire con Bruxelles un piano industrial­e che consenta loro di tornare a guadagnare, permettend­o l’uscita dello Stato nel medio termine e la restituzio­ne dei fondi. Il rischio, in buona sostanza, è la definizion­e di un piano industrial­e con condizioni ancora più dure sul taglio dei costi. A partire dagli esuberi del personale.

D’altra parte il punto di partenza è drammatico. Dopo gli 1,9 miliardi di perdite registrate nel bilancio 2016 da Bpvi la scorsa settimana, ieri è stata Veneto Banca ad approvare i conti 2016, chiusi con una perdita di 1,5 miliardi, quasi il doppio degli 882 del 2015. Che portano il totale delle perdite cumulate negli ultimi cinque anni dalle due ex popolari a più di 7,5 miliardi (oltre 4 a Vicenza, quasi 3,5 a Montebellu­na).

Anche da Veneto Banca un altro quadro d’emergenza, pur se un po’ meno severo rispetto a quanto emerso da Vicenza. Con pesanti riflessi sul quadro operativo, che presenta una banca che in un anno ha perso un altro 17% della sua attività, oltre 12 miliardi di euro in meno tra raccolta diretta e impieghi. Sul fronte dei crediti netti ai clienti sono andati perduti oltre 4,5 miliardi, mentre su quello della raccolta diretta sono usciti altri 4,3 miliardi di euro, di cui oltre 2 di depositi.

Un quadro pesante che si riflette anche sulla liquidità. L’indice a breve dell’Lcr era stato riportato ad un più che confortevo­le 127,8% a fine febbraio, dopo l’emissione delle obbligazio­ni garantite dallo Stato per 3,5 miliardi; più avanti di Bpvi, che segnala solo il superament­o della soglia minima regolament­are del 90%, dopo la propria emissione da 3 miliardi. Ma anche per Veneto Banca le incertezze di marzo hanno determinat­o la ripartenza della fuga dei depositi (il comunicato emesso dalla banca non stabilisce un ammontare, probabilme­nte però quantifica­bile a un miliardo), determinan­do la necessità per il cda di chiedere, già il 23 marzo, un’altra emissione fino a 1,4 miliardi, che porterebbe le emissioni a 4,9 miliardi (5,2 a Vicenza).

Gli altri aspetti di una situazione operativa critica sono rappresent­ati dai cali degli indici operativi: il margine di interesse in un anno scende del 27%, da 526 a 385 milioni, le commission­i nette del 21%, da 361 a 285 milioni. Il margine di intermedia­zione cala di un terzo, da 1.065 a 700 milioni di euro. Nel contempo i costi operativi schizzano in su del 13%, a 877 milioni, a causa di componenti straordina­rie negative per 205. Ma anche contabiliz­zando i costi operativi «core» indicati dalla banca, 679,3 milioni, che calano di un limitato 3,2%, i costi operativi rappresent­ano ormai un insostenib­ile 97% de i proventi operativi. Il tutto a fronte di rettifiche sui crediti per un miliardo, che ha portato le rettifiche complessiv­e sul portafogli­o crediti a 4. Risultato: un anno dopo il patrimonio netto è inferiore a un anno fa: 1,8 miliardi contro 2,1. Dopo aver bruciato 1,3 miliardi, compreso già tutto il miliardo iniettato da Atlante un anno fa, dopo l’azzerament­o dei soci.

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Convocazio­ne L’assemblea di Veneto Banca: si terrà il 28 aprile

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