Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Veneto Banca, rosso da 1,5 miliardi Ma Bce «salva» le ex popolari
Venete, in 5 anni persi 7,5 miliardi. Ma è svolta sulla ricapitalizzazione: sì di Francoforte allo Stato
TREVISO Veneto Banca chiude i conti 2016 con una perdita di 1,5 miliardi. Nel giorno però della svolta decisiva sul salvataggio delle ex popolari, con il disco verde della Banca centrale europea alla possibilità dell’aumento di capitale con i fondi statali, chiesto il 17 marzo, evitando quindi lo spettro del bail-in e della liquidazione. La dichiarazione si è materializzata, dopo un mese di incertezza costata la ripartenza della fuga dei depositi, sull’asse Francoforte-Bruxelles. Da un lato Bce ha giudicato «solvibili» le due banche venete nelle mani del fondo Atlante. Ovvero con una dotazione di capitale sufficiente, dopo aver assorbito le perdite 2016, perché i fondi chiesti allo Stato non servano a coprire perdite pregresse ma solo alla gestione futura. In più Francoforte avrebbe già girato a ministero del Tesoro e Bankitalia il fabbisogno di nuovo capitale delle due banche. Nel piano industriale che puntava alla fusione il fabbisogno complessivo era stimato in 4,7 miliardi; che forse potrebbe lievitare ora oltre la soglia dei 5 miliardi.
La svolta è arrivata nel giorno di un vertice a Bruxelles tra rappresentanti della Dg Competition della Commissione europea, di Bce, del ministero del Tesoro e di Bankitalia. Su cui le parti si sono affrettate a mandare segnali distensivi. «Sulla situazione di Popolare di Vicenza e Veneto Banca sono in corso discussioni costruttive -, ha commentato un portavoce della Commissione. - Tutti sono seduti attorno al tavolo con l’obiettivo di arrivare a una soluzione comune che sia efficiente, sostenibile e nell’interesse della stabilità finanziaria. Siamo fiduciosi che una soluzione su queste basi possa essere trovata nelle prossime settimane».
Di riunione «molto costruttiva» hanno parlato anche fonti del Tesoro, fiduciose che in tempi rapidi si possano superare gli ostacoli verso la ricapitalizzazione con i fondi statali. Lo stesso tenersi del vertice, secondo le stesse fonti, lascia presumere che, da Francoforte, si sia ritenuto di poter andare avanti. Certo, a questo punto le banche dovranno costruire con Bruxelles un piano industriale che consenta loro di tornare a guadagnare, permettendo l’uscita dello Stato nel medio termine e la restituzione dei fondi. Il rischio, in buona sostanza, è la definizione di un piano industriale con condizioni ancora più dure sul taglio dei costi. A partire dagli esuberi del personale.
D’altra parte il punto di partenza è drammatico. Dopo gli 1,9 miliardi di perdite registrate nel bilancio 2016 da Bpvi la scorsa settimana, ieri è stata Veneto Banca ad approvare i conti 2016, chiusi con una perdita di 1,5 miliardi, quasi il doppio degli 882 del 2015. Che portano il totale delle perdite cumulate negli ultimi cinque anni dalle due ex popolari a più di 7,5 miliardi (oltre 4 a Vicenza, quasi 3,5 a Montebelluna).
Anche da Veneto Banca un altro quadro d’emergenza, pur se un po’ meno severo rispetto a quanto emerso da Vicenza. Con pesanti riflessi sul quadro operativo, che presenta una banca che in un anno ha perso un altro 17% della sua attività, oltre 12 miliardi di euro in meno tra raccolta diretta e impieghi. Sul fronte dei crediti netti ai clienti sono andati perduti oltre 4,5 miliardi, mentre su quello della raccolta diretta sono usciti altri 4,3 miliardi di euro, di cui oltre 2 di depositi.
Un quadro pesante che si riflette anche sulla liquidità. L’indice a breve dell’Lcr era stato riportato ad un più che confortevole 127,8% a fine febbraio, dopo l’emissione delle obbligazioni garantite dallo Stato per 3,5 miliardi; più avanti di Bpvi, che segnala solo il superamento della soglia minima regolamentare del 90%, dopo la propria emissione da 3 miliardi. Ma anche per Veneto Banca le incertezze di marzo hanno determinato la ripartenza della fuga dei depositi (il comunicato emesso dalla banca non stabilisce un ammontare, probabilmente però quantificabile a un miliardo), determinando la necessità per il cda di chiedere, già il 23 marzo, un’altra emissione fino a 1,4 miliardi, che porterebbe le emissioni a 4,9 miliardi (5,2 a Vicenza).
Gli altri aspetti di una situazione operativa critica sono rappresentati dai cali degli indici operativi: il margine di interesse in un anno scende del 27%, da 526 a 385 milioni, le commissioni nette del 21%, da 361 a 285 milioni. Il margine di intermediazione cala di un terzo, da 1.065 a 700 milioni di euro. Nel contempo i costi operativi schizzano in su del 13%, a 877 milioni, a causa di componenti straordinarie negative per 205. Ma anche contabilizzando i costi operativi «core» indicati dalla banca, 679,3 milioni, che calano di un limitato 3,2%, i costi operativi rappresentano ormai un insostenibile 97% de i proventi operativi. Il tutto a fronte di rettifiche sui crediti per un miliardo, che ha portato le rettifiche complessive sul portafoglio crediti a 4. Risultato: un anno dopo il patrimonio netto è inferiore a un anno fa: 1,8 miliardi contro 2,1. Dopo aver bruciato 1,3 miliardi, compreso già tutto il miliardo iniettato da Atlante un anno fa, dopo l’azzeramento dei soci.