Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
I DUELLANTI ALESSIO BONI A TEATRO
Il testo di Conrad, nell’adattamento di Niccolini, va in scena a Schio e Padova L’attore è uno dei due protagonisti: «Parla di onore, una parola che un tempo aveva significato. La fiction ambientata a Bassano, una storia di emancipazione»
È un testo che ancora esercita un fascino potente I
duellanti di Joseph Conrad, anche se la sua tematica basata sul senso dell’onore sembra lontana dal nostro opportunistico mondo contemporaneo. Da quel romanzo breve, scritto in inglese dallo scrittore polacco agli inizi del Novecento, Ridley Scott trasse un film (era il 1977) entrato nella storia del cinema. Un interessante adattamento teatrale si deve ora a Francesco Niccolini, che con Alessio Boni, Marcello Prayer e Roberto Aldorasi firma anche la drammaturgia dello spettacolo diretto dallo stesso Boni e da Aldorasi. In programmazione stasera al Teatro Astra di Schio (ore 21) e da domani (ore 20.45) a domenica al Verdi di Padova. Nel ruolo di Armand D’Hubert e Gabriel Florian Feraud, ufficiali della Grande Armata napoleonica, che si sfidano ostinatamente a duello nel corso di vent’anni, ci sono Alessio Boni e Marcello Prayer, affiancati da Francesco Meoni. Boni, cosa l’ha spinta a
scegliere il racconto di Conrad?
«La nostalgia dei vecchi tempi, quando l’onore aveva ancora un significato e bastava una stretta di mano per suggellare un accordo. Oggi non ha valore nemmeno una carta scritta».
Formalmente «I duellanti» è un romanzo di cappa e spada.
«Ci sono diversi livelli di lettura: quello è il primo. Ma in realtà alla base c’è la dualità dell’uomo, il suo avere spesso dentro di sé il peggior nemico, quello da sconfiggere magari con l’aiuto di altri».
Nello spettacolo conta molto anche la fisicità.
«Sì, non è stato facile imparare a duellare, sia pure nella finzione scenica. Lo abbiamo
fatto d’armisotto la Renzo guida Musumecidel maestro Greco: un’esperienza coinvolgente». E epopeasullo sfondodi Napoleone.c’è la grande militari«Le vittoriosee infine la rovinosa campagne ritirata dalla Russia. Ne diamo una narrazione visionaria per stimolare l’immaginario del pubblico ed emozionarlo. Noi attori abbiamo bisogno della partecipazione degli spettatori: il teatro è uno scambio continuo tra scena e platea». A breve andrà in onda «Di padre in figlia», la fiction Rai che la vede protagonista.
«È una bella storia di emancipazione femminile ambientata a Bassano a partire dagli anni Cinquanta in avanti. La mia parte è quella di un padre padrone che alla fine deve arrendersi all’intraprendenza e alla determinazione della figlia (Cristiana Capotondi), alla quale passerà le redini della ditta di famiglia». Come si è trovato a Bassano?
«Veramente a mio agio. Siamo stati accolti con cordialità e ci hanno messo a disposizione case e giardini senza problema: erano tutti orgogliosi del progetto. È stato un soggiorno piacevole sotto molti aspetti, non ultimo quello gastronomico ed enologico.» Qual è il complimento più bello che ha ricevuto come attore? «Quello di una giovane ragazza non vedente che disse di apprezzarmi perché parlo con il cuore».