Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
CASO SAVE LA VERITÀ E LE DOMANDE
Ve lo ricordate quando si incensavano i nuovi salotti sull’asse TrevisoVicenza-Venezia, quando si parlava di noccioli o nocciolini duri, di sfide a Mediobanca e perfino di scalate alle Generali? Bei tempi, cancellati da un mondo che non esiste più: la finanza rampante del Nordest è stata spazzata via e chissà se mai tornerà. Ce ne siamo accorti certamente con le due ex Popolari, e ce ne stiamo accorgendo adesso con la Save, nuova puntata del racconto di un Veneto che si scopre fragile, dopo aver preteso per un paio di decenni (a volte giustamente) di dar lezioni a tutti.
Ma che c’entra una società aeroportuale, dai conti ben in ordine, con il romanzone della crisi e del declino? C’entra, c’entra. Basti vedere cosa ha originato il riassetto di cui di tutti ci siamo occupati in questi giorni: investimenti finiti in malora da parte di uno dei due soci fondatori della controllante Finint, Andrea De Vido, con bond subordinati, ingenti finanziamenti di Veneto Banca, eccetera. Tutta roba finita nel grande tritacarne dei default bancari e restituita sotto forma di macerie. La rivoluzione in Save è figlia, innanzitutto, delle nuove debolezze di questa regione. Industriali prima, finanziarie adesso.
Ma il riassetto parla di molto altro, e pone una serie di domande. La prima è terra terra: ma la società quotata che gestisce gli aeroporti di Venezia, Treviso e ormai anche Verona ha quindi cambiato padrone, batte bandiera francotedesca?