Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Soldi stranieri e controllo italiano, Save chiarisca i rapporti tra le parti»
Il sottosegretario Baretta: «Cordate estere e nazionali cooperino»
VENEZIA Soldi stranieri ma controllo italiano, l’operazione FinintSave del presidente Enrico Marchi ha il placet di massima del governo. Però restano un paio di cose da chiarire. «L’ingresso di fondi stranieri non è di per sé negativo, anzi è un bene la capacità di attrarre capitale dall’estero – premette il sottosegretario al ministero dell’Economia Pier Paolo Baretta – Ma va esplicitato come funziona il fatto che i fondi prendano il 60% e la governance resta in mani italiane».
Sottosegretario, qualche giorno fa aveva chiesto a Marchi di riferire al governo sull’operazione che, grazie all’ingresso dei fondi Deutsche Asset Management e Infravia, francese, ha permesso di liquidare 120 milioni all’ex socio Andrea De Vido per il suo 50% in Finint. Sono stati forniti i chiarimenti?
«Avevo espresso alcune iniziali e legittime preoccupazioni che sembrano in parte chiarite, visto che il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio ha dichiarato sabato a Vicenza che l’importante è che le condizioni di governance siano rispettose dei soci italiani e che gli investimenti a Venezia si stiano facendo».
Resta qualche aspetto da capire in dettaglio?
«Innanzitutto, conta che l’investimento finanziario sia collegato allo sviluppo del piano industriale, che non sia solo una mera sostituzione che consente di risolvere problema che Marchi aveva col socio: auspico sia una operazione finanziaria che permetta lo sviluppo del piano industriale degli aeroporti di Venezia, Treviso e Verona, una delle infrastrutture più importanti del Veneto. In questo quadro, ogni mossa ha un significato e una valenza strategica».
Insomma è stato bravo il presidente di Save a trovare la quadratura del cerchio, soldi stranieri e gestione italiana?
«Entra capitale straniero, e ben venga. Insomma, ha fatto bene a risolvere i problemi salvando l’azienda, l’arrivo di capitale straniero non è in sé negativo ma tutto ciò deve volgere ad un piano di crescita e sviluppo. E va definitivamente chiarito come funziona il fatto che i fondi prendono il 60% e la gestione resta in mani italiani, nelle mani di Marchi, per meglio dire».
L’assessore alle Infrastrutture del Friuli Venezia Giulia, Mariagrazia Santoro ha dichiarato che la giunta è stata lungimirante perché non ha ceduto a Save nella gestione dell’aeroporto di Ronchi dei Legionari. «Il tempo è stato buon giudice – ha detto - come dimostra il passaggio in mani franco-tedesche del controllo della società Save».
«Sarà sempre troppo tardi quando finiranno le polemiche tra Veneto e Friuli. Bisognerebbe invece dare fondo ad un’unica strategia infrastrutturale. Una strategia unitaria a Nord Est è l’unico modo per essere competitivi su un piano globale. Vale per porti, aeroporti ma anche per le municipalizzate: o guardiamo in grande, oppure non siamo competitivi».
Fabio Cerchiai di Atlantia, che è in Save col 22%, dice di aver dato disponibilità a Marchi per risolvere la questione Finint. A differenza di Deutsche AM e Infravia, Atlantia non è un fondo di mera remunerazione ma punta alla gestione e infatti gestisce Ciampino, Fiumicino e Nizza. Pur di non cedere un pezzo di governance di Save ai Benetton, Marchi ha scelto gli stranieri?
«Non so, si tratta di scelte di merito che attengono all’autonomia imprenditoriale. Guai a mettere in contrasto cordate straniere e cordate e italiane. Identico discorso vale per le banche: il fatto che manchino l’imprenditoria e la finanza veneta è un peccato ed è un errore. Vedrei positivamente che accanto ai fondi stranieri ci fossero anche fondi italiani in un’ottica di consorzio».