Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Lenzuola appese ai balconi contro spaccio e moschea A Mestre palazzi di protesta
MESTRE Apre la porta seduta in salotto con i piedi immersi in una bacinella d’acqua: «Mi sto preparando, sto facendo un pediluvio. Devo riprendermi che stanotte sono stata in piedi fino alle 3 per mettere i cartelloni». Lei è Mara Ranucci, referente del comitato della zona. È solo uno dei volti che si mostrano dietro i campanelli e dentro gli appartamenti di via Fogazzaro. Cittadini esasperati e arrabbiati, pronti a tutto. Nella notte di martedì hanno prodotto la loro opera e oggi svetta sopra la moschea: lunghe lenzuola appesi ai poggioli con diverse scritte «Vogliamo rispetto ora», «Sindaco no parole ma fatti», «Legalità = civiltà», «Più sicurezza meno degrado». «Volevamo farci sentire – spiega Ranucci - dare un segnale, ha partecipato tutto il condominio e anche i vicini sono d’accordo. Vogliamo che la moschea venga chiusa. Vivere qui è diventato insostenibile. Ogni giorno ci svegliamo alle 5 con le preghiere, io ormai dormo in salotto sul divano. E domenica mattina si replica con la scuola di dottrina per bambini».
In via Fogazzaro, a Mestre, sembra di stare in un quartiere di un’altra città. Con la moschea sovraffollata e i bar che pullulano di etnie diverse. Ma anche dentro, nei palazzoni, dove la tensione e la rabbia trasformano i cittadini, l’aria che si respira è quella del o noi, o
voi. A guidare il comitato è Luigi Corò, ex assessore del Pdl a Mirano, che ieri ha consegnato l’ennesimo esposto in Procura contro la moschea. «Adesso basta – dice – tante città hanno chiuso le moschee perché illegali, perché da noi non succede? È stata data una proroga per metterla a norma ma così non è andata. Dall’illegalità non può nascere nulla di buono, adesso va chiusa».
Dal palazzone della moschee esce un’altra signora che preferisce rimanere anonima: «I miei figli mi impediscono di mostrare l’identità, hanno paura – dice –. Adesso poi che è venuto fuori che qui ci sono stati a pregare gli jihadisti, ancora di più». Giovedì, dopo gli arresti dei tre presunti terroristi pronti a far saltare in aria il ponte di Rialto, si è diffusa la voce che uno di loro andava a pregare proprio nella moschea mestrina. Apriti cielo. Il comitato è nuovamente sceso in strada. Ma i frequentatori della moschea frenano: «Facciamo una distinzione – dice Mamun, uno dei gestori – quando si parla di un problema di degrado della zona noi siamo d’accordo, qui spesso ci sono spacciatori e vogliamo che siano mandati via. Ma noi siamo altro, ci troviamo a pregare non facciamo nulla di male». Dal vicino Caf Uci (Unione coltivatori italiani) esce Hossein: «Siamo qui da anni e non ci sono mai stati problemi – dice – la moschea tiene sotto controllo i comportamenti di chi viene».
Ieri gli uffici tecnici del Comune si sono incontrati con la polizia municipale. Il faldone degli accertamenti sulla moschea è stato consegnato agli uffici di Edilizia privata e sarà questione di giorni per una decisione definitiva sull’eventuale chiusura. Il problema? La destinazione d’uso inadeguata. Alcuni adeguamenti degli spazi, ossia la realizzazione di un servizio igienico per i disabili, di vetrine non oscurate e la rimozione di due condizionatori, non sono stati fatti entro i 90 giorni. «Abbiamo tolto i condizionatori – spiega Kamrul Sayed, referente della comunità bengalese – e sono cominciati i lavori per il bagno per i disabili. Non ci servirebbe perché non ci sono credenti disabili che vengono qui, ma ci mettiamo in regola».
«La questione della moschea non è facile, ci vuole equilibrio tra integrazione e rispetto della diversità – ha detto ieri anche il prefetto di Venezia Carlo Boffi – di certo è che le regole vanno rispettate da tutti, da questo non si può prescindere».
Boffi Le diversità sono da rispettare, ma le regole vanno applicate