Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Lo ha denunciato per stupro ora gli scrive lettere d’amore
Durante il processo la donna ha ritirato la querela
VICENZA Aveva denunciato il convivente, il padre di sua figlia, per 5 anni d’inferno e per essere stata stuprata dallo stesso tunisino, che puntandole contro un coltello, legandole i polsi, scaraventandola a terra e infierendo con schiaffi, pugni e calci, l’aveva violentata. Ma la vicentina di 40 anni, ormai agli sgoccioli del processo a carico del suo ex - al quale invia in carcere lettere affettuose - ha ritirato la querela. Depositando uno scritto in cui ridimensiona l’episodio del presunto stupro del 19 marzo 2016, quando era andata in ospedale con due costole rotte (30 giorni la prognosi) e aveva denunciato A.A. di 7 anni più giovane, con cui conviveva dal 2011. La donna, presente ieri davanti al collegio di giudici, non ha negato i maltrattamenti di cui aveva riferito ai carabinieri, le minacce e gli insulti come «Ti rovino il viso con l’acido», «piuttosto che lasciarti la bambina e farla crescere fra i cristiani la uccido», e ancora «Sei una cristiana di m…». Però ha spiegato come il compagno, dopo un litigio, fosse solito cercare un approccio sessuale per riappacificarsi. E così, stando alla più recente versione, avrebbe fatto anche il 19 marzo. Ma il ritiro della querela non farà venire meno l’accusa di violenza sessuale contestata con le lesioni aggravate e i maltrattamenti in famiglia al 33enne, in carcere da ottobre, dopo che aveva violato più volte il divieto di avvicinarsi all’ex. Che l’uomo, difeso dall’avvocato Anna Sambugaro, intende risarcire.
Altro caso quella di una moglie che sarebbe stata maltrattata, minacciata di morte e stalkizzata da marito e suoceri, convinti che fosse un’adultera. Ieri la donna, che con l’avvocato avvocato Agron Xhanaj si è costituita parte civile chiedendo 60mila euro, è stata interrogata per 4 ore dal pm e dal suo legale. Raccontando del bimbo in grembo perso per i pestaggi, del figlio che compagno e suoceri le avevano impedito di vedere, delle minacce di portarla in Albania, dove l’avrebbero «tagliata a pezzi e buttata in fiume». Il controesame da parte della difesa nella prossima udienza: «Nella testimonianza c’erano lacune e contraddizioni, mi auguro emerga la realtà dei fatti» dichiara l’avvocato Chiara Bellini.