Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Ex Popolari, Carrus attacca la politica E tra Cattolica e Bpvi ormai è rottura
La compagnia divorzia da Vicenza nella joint assicurativa presentando un conto da 194 milioni. L’istituto di credito vende il 6% della società scaligera,Cariverona in gioco
VENEZIA «Politica assente? Diciamo che ha fatto ben poco per essere presente». Cristiano Carrus, amministratore delegato di Veneto Banca, incontrando ieri, a Silea nel Trevigiano, i vertici locali e nazionali di First Cisl, ha misurato le sillabe, ma solo fino ad un certo punto. All’indomani della diffusione dei risultati di bilancio 2016, con una perdita di 1,5 miliardi legata all’ennesimo accantonamento a copertura dei crediti, quello che l’ad ha voluto sottolineare come la vera prova dell’«esistenza di vita sulla terra» è stato il risultato dell’Offerta pubblica di transazione (Opt). Un 67,6% che non sarà l’80% della clausola posta all’inizio della campagna di conciliazione - e sulla quale si esprimerà il Cda del prossimo 11 aprile (il 13 a Vicenza) - ma che, ha detto, «è stato un successo di comprensione da parte della gente. La dimostrazione che i risparmiatori, pur arrabbiati e addolorati, hanno conservato una quota di fiducia che non va persa».
A deludere, invece, la politica. Carrus non dice se nazionale o locale, ma è facile intuirlo, quando evidenzia come «per il futuro della Banca si riveli ora fondamentale il supporto sinergico di politica e territorio. Durante la Opt avremmo voluto che i nomi della politica ne avessero parlato un po’ di più, magari dicendo di noi ‘questi non sono più delinquenti’. Invece c’è stato un grande silenzio».
Replica Pier Paolo Baretta, sottosegretario all’Economia: «Presumo che Carrus non si riferisse al governo, visto che la sua parte l’ha fatta. Io stesso ho detto chiaramente e più volte che l’adesione all’Opt era importante, necessaria a dare garanzie all’Europa sulla solvibilichi, tà. E ho ribadito a più riprese che queste banche sono solvibili».
Il top manager di Montebelluna, tornando a temi più squisitamente bancari, di fronte ai leader della First si è poi detto certo di tre cose e incerto su una quarta. Le prime sono la responsabilità degli Npl (crediti deteriorati) e il loro costo, con accantonamenti da 1,3 miliardi come una «tassa sul macinato imposta non dall’Europa ma da prima, affidava denaro sulla base di amicizie», quindi l’ineluttabilità della fusione («Vicenza per forza, altri con cui aggregarci non ce ne sono») e la necessità di una «cura dimagrante decisa, ma non annichilente per arrivare vivi alla fine della traversata del deserto».
L’ultima, l’incognita, riguarda invece a che punto della strada si sia arrivati. La risalita delle quotazioni delle obbligazioni (fra i 7 e gli 8 punti per entrambe le ex Popolari), seguite alle espressioni di Bruxelles di due giorni fa, comunque, lasciano spazio all’ottimismo.
«La presenza al fianco delle nostre famiglie e imprese di queste due banche risanate - ha detto sempre ieri il presidente della Regione, Luca Zaia - significa riacquisire stabilità e fiducia dopo tanto buio». Al netto delle incognite delle «litigation», ma questo è un capitolo successivo. Un’attenzione «innovativa» ai crediti deteriorati è arrivata da Giulio Romani, segretario nazionale dei bancari Cisl, secondo il quale col criterio della cessione rapida degli Npl a soggetti finanziari aggressivi di fatto li si svende. La proposta è quella di creare una «bad bank» partecipata dagli stessi lavoratori, oltre che da imprenditori, Fondazioni e banche «sane», a cui affidare le sofferenze per una loro gestione paziente. «La bad bank - ha spiegato Romani - conferirebbe la gestione degli Npl alla stessa banca cedente la quale, avendone un’ottima conoscenza, garantirebbe un miglior recupero. Le sofferenze sarebbero cedute a valore di libro e ciò consentirebbe alla banca di tornare sul mercato e ripartire come sana».
Intanto ieri Veneto Banca ha reso noto il contenuto di due lettere del Mef (ministero dell’Economia e Finanze) a proposito della «ricapitalizzazione precauzionale» in vista della richiesta da parte della Bce di aumento di capitale da 3,1 miliardi di euro (quasi lo stesso per Bpvi). Al di là dei tecnicismi, nelle missive Veneto Banca è stata dichiarata solvibile.
Si infiamma, intanto, sull’asse Vicenza-Verona, la schermaglia fra Bpvi e Cattolica che porta al limite la tensione cresciuta da tempo fra i due partner. Cattolica, detenuta al 15% da Bpvi e che il 4 agosto aveva esercitato il recesso data la trasformazione della banca in Spa, con un mese di anticipo rispetto alla data ultima ha ieri deciso di esercitare il diritto di vendita alla ex Popolare delle partecipazioni di Berica Vita, Cattolica Life e Abc Assicura. Una «put» che vale 186 milioni di euro e aggrava la già pesante situazione finanziaria della banca, la quale continua a sostenere che, se è diventata Spa, è stata per obbligo e non per scelta propria. Rimane il fatto che, «stante la grave incertezza del quadro emerso dal bilancio 2016» di Bpvi la compagnia di Paolo Bedoni ha attivato l’azione, incassando, un’ora dopo, la stoccata di risposta.
La ex Popolare ha deciso di collocare il 6% delle azioni nella società scaligera per recuperare parte delle svalutazioni affrontate a causa di Cattolica (poco meno di 400 milioni da settembre ad oggi) cioè 10,5 milioni di azioni a un prezzo tra 7,15 e 7,25 euro l’una. Il collocamento, curato da Equita Sim e riservato a investitori istituzionali, si chiuderà oggi ma Cattolica - che sostiene di non aver ricevuto comunicazioni - ricorda che esiste una convenzione-quadro, rinnovata nel 2012, che pone a Bpvi un obbligo preciso: non poter vendere più del 3% senza affidare a Cattolica la scelta del compratore alle condizioni poste da Vicenza.
Cosa accadrà è tutto da chiarire. Nei giorni scorsi era girata voce di un interessamento alla partita anche di Fondazione Cariverona che ieri non ha confermato né smentito. Ma tutto lascia pensare che sia interessata almeno a una parte della vendita del 6% di Cattolica. E oggi se ne saprà di più.
L’ad di Veneto Banca Carrus Partiti e amministratori pubblici assenti, le transazioni sarebbero andate meglio se avessero detto al pubblico che non siamo più delinquenti